PER RENZI SI APRE ADESSO LA PARTITA PIU’ DURA: DIVENTARE SEGRETARIO DEL PD E TENERE PER LE PALLE IL GOVERNICCHIO DI LETTA

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Maria Teresa Meli per "Corriere.it"

Per Matteo Renzi si apre adesso una nuova partita: dimostrare di essere l'azionista di riferimento di questo governo. Colui che può decidere se l'esecutivo va avanti o se è bene che si fermi. Già martedì c'è stata la prova generale di questo suo nuovo ruolo quando Enrico Letta lo ha chiamato per avere il suo «via libera» alla nuova operazione con Alfano (provocando il risentimento dell'altro candidato alla segreteria, Gianni Cuperlo, che poi è stato ricevuto anche lui per «par condicio»).

Il «via libera» c'è stato e non poteva essere altrimenti: raccontano che quello che ci teneva di più era il vicepremier. «Enrico - ha detto a un amico il sindaco di Firenze - ha siglato questo patto generazionale con Lupi e Alfano per emarginare Berlusconi, ora vediamo che cosa succederà». Ma che cosa accadrà invece a lui, a Matteo Renzi, che cosa cambierà adesso che, come sottolinea con una punta di malizia il bersaniano D'Attorre, «Letta ha dimostrato che il sindaco fa l'antiberlusconismo a chiacchiere mentre lui lo fa con i fatti»?

«Ora per me non cambia proprio niente - spiega il sindaco ai fedelissimi - per me quella alla segreteria è una sfida in cui mi impegnerò al 100 per cento. So che mi gioco tanto ed è quello il mio obiettivo». Però Renzi sa anche qualche altra cosa perché non gli sfuggono i movimenti di palazzo: «So che c'è chi tenta un'operazione neocentrista, so che si pensa a una legge proporzionale, ma quando sarò eletto alle primarie e avrò il mandato di milioni di elettori del centrosinistra porrò il problema come segretario del Pd: noi saremo per il bipolarismo senza se e senza ma, non vogliamo il ritorno all'antico e alla prima Repubblica, non vogliamo che un sistema elettorale che istituzionalizzi le larghe intese, e non ci sono ex democristiani che tengano».

E, incredibile ma vero, in questa battaglia Renzi ha dalla sua la «nemica» Rosy Bindi, la quale osserva: «Questa continua a essere una maggioranza anomala e io contrasterò ogni operazione neocentrista». Operazione, invece, a cui punta senza farne mistero Beppe Fioroni: «In questo modo asfaltiamo anche Renzi», sorride sornione. E aggiunge: «Il nostro campione sarà Letta e con lui saranno tutti gli ex democristiani di tutte le parti, magari troveremo anche un nostro candidato per il congresso». Ma il renziano Guerini gli fa pacatamente notare: «Guarda che in vista dei congressi locali tanti lettiani stanno già nelle nostre liste».

Il sindaco di Firenze, però, non sembra interessato a queste beghe e pensa già al futuro, come ha spiegato ad alcuni compagni di partito: «Io da segretario sosterrò lealmente il governo: l'ho già detto a Letta. Lo sosterrò ogni volta che farà delle cose utili al Paese, non perché deve andare avanti per dare il tempo ad Alfano, Lupi, Cicchitto di organizzarsi...

Comunque se il governo dovesse durare fino al 2015 perché sta facendo bene, per me la situazione non muta, vuol dire che avrò più tempo per cambiare il partito e per renderlo più forte. Con Enrico ho un rapporto franco e questo è importante. Se lui fa bene è meglio per il Pd e per il Paese. Ma è normale che io come segretario avanzi le nostre proposte al governo. E poi lo solleciterò quando riterrò che debba fare di più, perché c'è bisogno di cambiamento e su quel fronte non c'è ancora il coraggio sufficiente».

Parla e si muove già come il segretario del Pd, Matteo Renzi. Se ne è accorto anche Vendola che mercoledì è stato a pranzo con lui nella Capitale. Il succo del discorso tra il sindaco e il leader di Sel è stato questo: «Dobbiamo iniziare a lavorare insieme, anche attraverso forme di collaborazione tra i parlamentari, il fatto che siamo in posizioni diverse rispetto al governo non deve dividerci».

Un discorso che sembra dare ragione a chi scommette che alla fine anche tanti dirigenti ex Ds, preoccupati dell'intesa trasversale tra cattolici che sta nascendo al governo, si sposteranno su Renzi. Del resto, mercoledì, gli ex Ds erano gli unici a non avere l'aria troppo soddisfatta. Si sentono un po' emarginati: «Al banco del governo - osserva Ugo Sposetti - c'erano solo Dc. E tanti di noi quando torneranno al collegio avranno il problema di dare spiegazioni ai loro elettori. Io per fortuna stasera torno a Roma e non a Viterbo...».

 

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