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Giulio De Santis per il "Corriere della Sera - Roma"
Un giorno Angelo Cirri, dopo la condanna a tredici anni di carcere per quattro rapine che giurava di non aver mai commesso, si era arreso all'ingiustizia: aveva preso un lenzuolo e aveva pensato di suicidarsi in cella. Poi ha resistito allo scoraggiamento e, proprio perché innocente, ha scelto di tirare avanti e scontare la pena.
Adesso sono passati otto anni da quel momento buio e Cirri, arrestato nel 2004 per uno scambio di persona, ha visto la sua volontà premiata dall'arrivo del quinto figlio, dall'assoluzione e dal risarcimento danni di 400mila euro per ingiusta detenzione. E' la somma quantificata dalla Corte d'Appello di Perugia come indennizzo per i 3 anni e 4 mesi trascorsi in carcere.
«Una parentesi che non avrebbe mai dovuto essere aperta», osserva il difensore, Marco Cinquegrana. La prova dell'innocenza, infatti, salta fuori due mesi dopo l'arresto, avvenuto il 9 aprile del 2004. Il Dna ricavato dal mozzicone di sigaretta marca Sax fumata dal rapinatore non è di Cirri. Il codice genetico è di Antonio Di Pasquale, come si scoprirà quattro anni dopo.
Bisogna tornare a nove anni fa. Le forze dell'ordine sono impegnate da settimane a individuare chi ha realizzato dodici colpi nella zona di Roma Sud. La Procura indaga su Cirri ma non lo arresta: l'uomo all'epoca 33enne, disoccupato, incensurato, somiglia alle descrizioni fornite dai testimoni. Manca però la prova per inchiodarlo.
Quell'elemento sembra arrivare la notte del 9 aprile, quando viene compiuto l'ennesimo scippo. La vittima riconosce il volto di Cirri: subito scatta l'arresto mentre è in casa insieme alla moglie e ai quattro figli con indosso il pigiama.
Un particolare, però, non torna. Il rapinatore parla campano e Cirri è romano. Dettagli secondo gli investigatori: l'accento, obiettano, si può mascherare. Arriva la condanna a 13 anni di reclusione in primo grado per quattro rapine. Cirri si proclama innocente, creduto soltanto da Cinquegrana.
Il 6 novembre del 2006 l'appello riduce la pena a otto anni: Cirri esce per scadenza termini ma, poco dopo, la sentenza diventa definitiva. «Mi costituisco perché rispetto la legge», dice all'avvocato. Il 3 ottobre del 2008 le forze dell'ordine arrestano Di Pasquale, accusato delle morte di una guardia giurata. L'uomo, campano come l'autore delle rapine, ammette di averle commesse lui. E così finisce l'incubo di Cirri, che nel giro di pochi mesi ottiene la revisione del processo e viene assolto.
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