
DAGOREPORT - IL SABATO BESTIALE DI GIORGIA MELONI: IL SUO VELLEITARISMO GEOPOLITICO CON LA GIORNATA…
Alberto Mattioli per âLa Stampa'
Il giorno del giudizio è fissato per il 12 maggio, al Consiglio d'amministrazione della Scala. Giudice, il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Alla fine sarà lui a decidere se Alexander Pereira resterà o no sovrintendente designato della Scala. Da buon avvocato, Pisapia vuole vedere le carte, cioè la memoria difensiva di Pereira, che l'ha già anticipata a mezzo Stampa, e quelle in arrivo da Salisburgo.
Riassumendo per chi avesse perso qualche puntata del feuilleton: l'austriaco Pereira è sospettato di conflitto d'interessi per essersi impegnato, come sovrintendente entrante della Scala, a comprare degli allestimenti d'opera (lui dice quattro, altri sette e altri ancora dieci) dal Festival di Salisburgo di cui è il sovrintendente uscente. Una compravendita in cui la stessa persona è acquirente e venditore diventa subito sospetta, specie se fatta con soldi pubblici. Sostiene Pereira che invece non c'è nessun «affaire» ma solo un affare, e per la Scala, dato che gli spettacoli contestati sono a buon mercato. E di certo non ha alcuna intenzione di dimettersi.
Si era sparsa la voce che il CdA della Scala potesse essere anticipato. «Ma non c'è nessuna convocazione e probabilmente non ci sarà - spiega Marco Dragone, portavoce di Pisapia, in vacanza fuori Milano -. La linea è semplice: il sindaco è determinato a capire come sono andate le cose. Non c'è un pregiudizio contrario a Pereira e non è vero che è già stata presa la decisione di giubilarlo. Vogliamo solo fare chiarezza, poi si deciderà ». Però il vicepresidente piddino del Consiglio provinciale di Milano, Roberto Caputo, parla già di «posizione oggettivamente imbarazzante» di Pereira e chiede «una scelta dolorosa ma trasparente».
Dolori di Caputo a parte, c'è anche un fronte romano. Con insolita prontezza, si è svegliato il Ministero dei Beni culturali, che ha chiesto una relazione. Con le ultime novità legislative, il Ministero ha l'ultima parola sulla nomina del sovrintendente scaligero. Molti a Milano temono un tentativo di scippare alla Scala l'autonomia così faticosamente ottenuta, magari con uno dei soliti infausti commissariamenti. Però si sa anche che i rapporti fra Pisapia e il ministro Franceschini sono ottimi (e in ogni caso migliori di quelli con il suo predecessore Bray) e poi sia a Milano che a Roma comanda il centrosinistra, quindi la pratica potrebbe essere risolta in famiglia.
In tutto questo, i leghisti sono scatenati contro l'austriaco. Ieri il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, ha definito «moralmente non ineccepibile» il comportamento di Pereira: «Se non arriveranno giustificazioni o chiarimenti plausibili da parte sua, non penso potrà continuare a fare quello che fa», ha tuonato il governatore.
E il suo assessore alle Culture, tal Cristina Cappellini, spiega che al posto di Pereira bisogna mettere «una figura più virtuosa, possibilmente di casa nostra». Non è un mistero che per accelerare questa soluzione autarchica, all'ultimo CdA il rappresentante della Regione, Fiorenzo Tagliabue, abbia chiesto direttamente la testa di Pereira. Evidentemente i lumbard non hanno capito che così riconsegnano la Scala a Roma ladrona.
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