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PICCOLE CATALOGNE CRESCONO. IN FRANCIA – DALLA BRETAGNA ALL’ALSAZIA, DAI BASCHI ALLA CORSICA: VOGLIA DI AUTONOMIA DELLE REGIONI FRANCESI – LE RICHIESTE A PARIGI: DIFESA DELLA PROPRIA LINGUA, PIU’ COMPETENZE TERRITORIALI E MODERAZIONE FISCALE 

 

Mauro Zanon per “Libero quotidiano”

 

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Tutti i riflettori mediatici, ora, sono puntati verso la Catalogna, e ovviamente anche verso Bruxelles, dove l' ex presidente del governo catalano, Carles Puigdemont, si è rifugiato in attesa di sapere quale sarà la sua sorte. Ma non è soltanto la Spagna, o l' Italia, a ospitare nel suo territorio spinte autonomiste. Anche in Francia, infatti, sono numerosi i regionalismi e la tentazione di ispirarsi al referendum catalano è forte in molte zone del Paese. Il settimanale Le Point ha pubblicato sul suo sito una panoramica esaustiva della situazione francese.

 

La Bretagna

In Bretagna, Mona Bras, eletta nel consiglio regionale bretone ed ex membro dell' Union démocratique bretonne (Udb), è una delle figure di spicco della causa regionalista. «Chiediamo la riannessione della Loira-Atlantica e il riconoscimento della lingua bretone», dice la Bras. La Bretagna è stata indipendente fino al 1532, e ha perso la sua autonomia soltanto con la Rivoluzione francese. Per molti bretoni, e si è visto durante la rivolta dei «berretti rossi» contro l' ecotassa, nel 2013, lo Stato centrale è anzitutto sinonimo di gabelle, un mostro burocratico-amministrativo da combattere. Un sondaggio, pubblicato poco tempo fa, ha evidenziato che il 33% dei giovani con meno di 24 anni è favorevole all' indipendenza. Un altro, ancor più recente, che l' 86% dei bretoni ha un forte sentimento di appartenenza alla propria regione.

 

Vigneto gelato in Alsazia

Spostandoci verso l' est della Francia, troviamo l' Alsazia, dove gli ardori autonomisti, oggi, sono più forti di quanto si possa immaginare. «La Catalogna infastidisce soltanto gli Stati che vogliono ritrovare la loro grandeur perduta», afferma Jean-Georges Trouillet, segretario generale e fondatore del partito federalista alsaziano Unser Land. Come racconta Le Point, è la riforma territoriale approvata il 30 settembre 2016, con la creazione della regione Grand Est, che ha risvegliato nel suo feudo i sussulti autonomisti.

 

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«Siamo diventati la terza forza politica della regione davanti al Partito socialista dopo le elezioni regionali», dice orgoglioso Trouillet. Per ora non si parla di referendum, ma il segretario di Unser Land assicura che gli abitanti della regione sono visceralmente legati alla propria identità culturale, e in particolare alla propria lingua, «uno dei dialetti più parlati in Francia». Secondo l' Office pour la langue et culture d' Alsace, un terzo degli alsaziani parlerebbe la lingua regionale, ossia 600mila su 1,8 milioni.

 

Nei Paesi baschi, regione a cavallo tra Francia e Spagna, «tutti hanno seguìto con attenzione il referendum catalano», afferma Jakes Abeberry, fondatore del movimento nazionalista Abertzale. Un terzo degli abitanti, secondo Abeberry, sarebbe favorevole all' indipendenza. «Siamo troppo lontani da Bordeaux», dice, manifestando il suo desiderio di ottenere il riconoscimento dell' euskara, la lingua basca, e soprattutto uno statuto speciale per la regione, con competenze in campo economico, sul modello della Corsica.

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Quest' ultima, beneficiaria dal 1982 di uno statuto speciale, è la più vicina alla Catalogna. Dal 2015, i nazionalisti detengono la maggioranza relativa nel Parlamento corso, presieduto da Gilles Simeoni, del partito Femu a Corsica. «Per noi l' obiettivo non è l' indipendenza ma uno statuto d' autonomia», ha dichiarato Simeoni. Jean-Guy Talamoni, presidente del consiglio esecutivo della Corsica e membro di Corsica Libera, è, dal canto suo, apertamente indipendentista. «Abbiamo un accordo con Femu a Corsica per ottenere uno statuto di autonomia entro i prossimi tre anni», sostiene Talamoni.