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GENTILONI’S MOMENT – POLITO IN GLORIA DEL “MOVIOLA”: "PROFILO BASSO, RENDIMENTO ALTO. NON GLI RESTA CHE SISTEMARE LA LEGGE DI BILANCIO. E POI LA SUA MISSIONE PUO’ DIRSI COMPIUTA" – I DUE PRINCIPALI RISCHI PER LUI SONO LO IUS SOLI E IL DIBATTITO SULLA LEGGE ELETTORALE - A FUTURA MEMORIA: "QUELLO PRESIEDUTO DA GENTILONI E' LA COSA PIU' SOMIGLIANTE A UN GOVERNO DI LARGHE INTESE..."

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Antonio Polito per il Corriere della Sera

 GENTILONI E PAPA GENTILONI E PAPA

 

Profilo basso, rendimento alto. Paolo Gentiloni assomiglia a una di quelle auto prodotte nell' Est Europa, di scarso design e lunga durata, poco appariscenti e molto economiche. Il suo governo entra nell' autunno sull' onda di risultati che avrebbero ingolosito qualsiasi altro premier degli ultimi sei-sette anni. Calano gli sbarchi e cresce l' occupazione. Non è tutto merito suo.

 

Nelle democrazie ogni governo è debitore del precedente.

Solo che lui lo ammette, dando a Renzi ciò che è di Renzi, mentre il predecessore scaricò Letta e Monti, che pure gli avevano consegnato un' Italia stremata sì, ma tirata per i capelli fuori dal baratro.

 

GENTILONI RIMINI1GENTILONI RIMINI1

Gentiloni, insomma, porta bene. O lavora bene. Quale che sia il suo segreto, non gli resta che sistemare la legge di Bilancio. Dopo di che la sua missione si potrebbe dire compiuta.

La traccia l' ha già scritta con la manovrina di primavera, quando seppe resistere al canto delle cicale e scelse la via europea di Padoan. Così oggi, per realismo, anche Renzi fa sapere che il suo «ritorno a Maastricht», inteso come denuncia del Fiscal Compact (sfondamento unilaterale del deficit e procedura di infrazione sono ancora la soluzione sponsorizzata da Gutgeld) è rinviato a dopo le elezioni e al nuovo governo, se mai le elezioni ce ne daranno uno.

GENTILONI RIMINIGENTILONI RIMINI

 

Paradossalmente quest' uomo che più politico non si potrebbe, felpato, calcolatore, prudente, non a caso discendente dell' inventore di una delle più straordinarie trovate politiche, il Patto Gentiloni che riportò i cattolici nel Parlamento del Regno senza fare arrabbiare il Papa, capace a sua volta di chiudere le porte ai migranti ma con il consenso della Cei; ebbene questo «totus politicus» ha oggi solo la politica da temere.

 

E cioè un accendersi anzitempo del conflitto elettorale che gli lesioni la magmatica, fragilissima e al contempo stabile maggioranza del Senato; o che porti l' amico Renzi a dissotterrare l' ascia di guerra sepolta di recente al Quirinale, dove ha promesso di fare il bravo almeno fino a febbraio, per tenere il Paese al riparo da traumi e coltivare con cura il virgulto della ripresa economica. (Fare sgarbi a Mattarella, oggi come oggi, non avrebbe del resto senso per nessuno: sarà il presidente dell' intera prossima legislatura, e con i sistemi elettorali che corrono l' incarico, o gli incarichi, li darà più che mai lui).

 

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In ogni caso, per ben due volte la politica busserà inevitabilmente alla porte del governo di qui alla fine della legislatura. La prima è lo ius soli. È stato lo stesso Gentiloni a rilanciarlo, quando sembrava sepolto dagli eventi. Fa parte del gentlemen agreement con la Chiesa, stretto mentre il governo dava il via libera all' operazione Minniti sulle Ong (che Gentiloni ha sostenuto e promosso anche perché era ciò che gli chiedevano i libici, prima di accettare il nostro intervento navale). Il premier cura molto il suo eccellente rapporto con il mondo cattolico: ha parlato in Vaticano a marzo subito prima del Papa per l' anniversario dei Trattati, a maggio ha presentato il numero 400 di Civiltà Cattolica , è appena stato al Meeting di Cl e in ottobre chiuderà le settimane sociali della Chiesa a Cagliari.

GENTILONI SARRAJGENTILONI SARRAJ

 

Ma per non far cascare l' incandescente tema dei migranti nella santabarbara della legge di Bilancio, l' idea è di anticipare il nuovo tentativo il più possibile, per tenere a distanza le due cose. Per la stessa ragione, ma inversa, è importante che il nuovo giro sulla legge elettorale, l' altro inevitabile showdown con la politica, arrivi il più tardi possibile, dopo la conclusione della sessione di bilancio, e quindi tra dicembre e l' anno nuovo.

 

Un governo che deve temere solo la politica, dunque. Sarà per questo che lo slogan informale del Consiglio dei ministri, tra il serio e il faceto, è diventato: «Qui si governa e non si fa politica». E sarà per questo che Gentiloni è forse il primo premier della storia recente a non aver ancora dato un' intervista a un quotidiano.

 

RENZI E GENTILONIRENZI E GENTILONI

Una consuetudine che cominciò quasi per necessità, quando il governo nacque non si sapeva né cosa dire né quanto durava, e che si è trasformata in uno stile di governo e forse anche in una scaramanzia: l' esperienza recente insegna che è meglio tacere, piuttosto che vantare risultati prima del tempo.

 

Così quello presieduto da Gentiloni è oggi la cosa più somigliante che ci sia a un esecutivo di larghe intese, e forse ne precede uno vero e proprio. Intese non dichiarate, molto trasversali, fondate su uno stato di non belligeranza garantito proprio dal principio che il governo non fa politica ma risolve problemi per tutti, anche per quelli che verranno dopo. Dipenderà poi da Renzi, a fine legislatura, decidere se vuole spendere in politica questo rimarchevole capitale di affidabilità, varando un ticket elettorale con il premier, oggi decisamente più popolare di chiunque porti il marchio del giglio magico. A quel punto, forse, Gentiloni farà un' intervista. E scenderà in campo.

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