RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
«Senza fare nomi, importanti esponenti del Partito democratico mi hanno chiesto cosa penso della possibilità di cambiare il candidato presidenziale prima o dopo la Convention. Questa conversazione sta avvenendo, al massimo livello, e la maggior parte di loro vorrebbe Michelle Obama. I problemi però sono due: primo, per farlo serve il consenso di Joe Biden; secondo, l'ex First lady non ha alcuna intenzione di candidarsi». La confessione che ci fa il politologo della University of Virginia Larry Sabato apre uno squarcio sulle manovre in corso dietro le quinte delle presidenziali […]
Secondo il suo sito Crystal Ball, gli Stati decisivi di Pennsylvania, Wisconsin, Nevada e Arizona sono in pareggio, mentre Biden è avanti in Michigan. Non è troppo ottimista?
«[…] siamo lontani dal voto. La possibilità che alla fine Trump vinca tutto esiste […]».
joe biden michelle e barack obama
Che impatto ha avuto finora la sua condanna per Stormy Daniels?
«[…] un effetto, ma molto limitato. In un'elezione così contesa, però, anche una piccola oscillazione tra moderati e indipendenti può risultare decisiva. Se la pena sarà seria, avrà un impatto; se sarà leggera, verrà dimenticata presto».
[…] Un quarto dell'elettorato non vuole né Joe né Donald.
«Molti non andranno a votare, o sceglieranno candidati minori come Bob Kennedy e Cornel West. […]».
I democratici sono nel panico?
«[…] dovrebbero concentrarsi sul lavoro da fare. Se però dopo le Convention Trump avrà ancora il vantaggio attuale diventerà il grande favorito».
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Perciò i democratici pensano di cambiare il candidato in corsa?
«Il dibattito c'è, posso confermarlo personalmente. In teoria è possibile, se i leader del Partito andassero da Biden a chiedergli di farsi da parte, come con Nixon nel Watergate. Il problema è che ci vuole il suo consenso, perché ha vinto le primarie col 99% dei voti, e non credo lo darà, a meno di gravi problemi di salute».
Se accadesse, chi sarebbe il favorito?
«Si è parlato dei governatori della California Newsom, dell'Illinois Pritzker, e della Pennsylvania Shapiro. Gretchen Whitmer, del Michigan, avrebbe buone possibilità, perché si porterebbe da casa uno Stato decisivo, è forte nel confinante Wisconsin, è donna del Midwest e quindi può fare bene in Pennsylvania e gli altri Stati chiave».
Tutti però sognano Michelle Obama.
«Ovviamente otterrebbe la nomination in un attimo, ma credo anche che vincerebbe le elezioni, perché prenderebbe Trump in contropiede e sconvolgerebbe i piani della sua campagna. Il problema è che non vuole e penso che neanche il marito riuscirebbe a convincerla. […] l'ex presidente ha rivelato che la moglie ha convinto anche le figlie a non azzardarsi mai a fare politica».
Gli analisti dicono che la Casa Bianca si deciderà in 6 o 7 Stati, ma i democratici sostengono che a loro basta rivincere Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. Hanno ragione?
«Sì, a patto che riprendano anche il seggio del Nebraska che si assegna con un meccanismo diverso. Però vincerebbero di un pelo e così tutto può accadere. Questa situazione ricorda quella di Jimmy Carter. Fino a una settimana dal voto Reagan era avanti di un paio di punti. Poi è salito a dieci, a causa dell'Iran. Il collasso di un candidato […] è sempre possibile, per una cosa sbagliata che dice o qualche evento imprevisto».
Tipo Putin che fa un test atomico due giorni prima del voto.
«Esatto. Chi può saperlo, in un mondo confuso come questo?».
Sorprese di ottobre a parte, cosa serve a Biden per recuperare?
«Due cose. Primo, apparire più vigoroso, perché l'età lo danneggia, anche se forse sta meglio di Trump in salute. Secondo, smettere di puntare sui risultati della sua presidenza, anche se sono stati positivi. Deve convincere gli americani che Donald non ha il carattere per tornare alla Casa Bianca […]».
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