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PORTA IN FACCIA ALLA "COZZA DI FERRO" - THERESA MAY PROVA A FARE LA PARAGURA SULLA BREXIT CHIEDENDO DI LASCIARE IN VIGORE L’UNIONE DOGANALE CON LA UE - BRUXELLES RISPONDE CON UN SONO 'VAFFA' CHE OLTREPASSA LA MANICA: “PRIMA DISCUTIAMO DEI DIRITTI DEI CITTADINI E DI IRLANDA”
Giampaolo Cadalanu per “la Repubblica”
theresa may firma la richiesta secondo l articolo 50
La Brexit non potrà essere "morbida", come Theresa May voleva a tutti i costi. Il governo di Sua Maestà britannica aveva in mente un' uscita che lasciasse quasi inalterati i rapporti commerciali con i partner. E in questi giorni ha preparato un documento di base, il cui incipit sottolinea la volontà di costruire «una partnership nuova, profonda e speciale con l' Unione europea». Seguendo la precisa richiesta della premier, il documento propone infatti un accordo doganale «che faciliti il commercio più libero e privo di attriti possibile ».
Fra i punti fondamentali della proposta, l' avvio di una regolamentazione provvisoria, che durerebbe fino al 2022 e l' adozione di un approccio fondamentale da scegliere fra due possibilità: una continuazione di fatto dell' unione doganale, con controlli ridotti al minimo, oppure un sistema "a specchio", con regole simmetriche, la cui verifica in dogana potrebbe essere affidata a sistemi di alta tecnologia, così da evitare ritardi eccessivi.
Da Bruxelles però la risposta è stata molto dura. La valutazione più gentile del piano May è che sia «irrealistico». I giornali inglesi parlano di progetto «ridicolizzato» o riportano la definizione di Guy Verhofstadt, coordinatore dell' Europarlamento in tema di Brexit, che l' ha accolto come «mera fantasia». Il portavoce di Michel Barnier, capo-negoziatore dell' Unione europea, ha ricordato che «un commercio senza attriti non è possibile al di fuori del mercato unico e dell' unione doganale».
L' idea di Barnier è che, prima di parlare del commercio, si debba discutere sui diritti dei cittadini e sull' Irlanda. Per May è uno schiaffo forse atteso, ma sempre doloroso: l' immagine di camion in fila, in attesa delle verifiche doganali, è un problema economico enorme, ma anche una prospettiva intollerabile per un governo che si presenta come alfiere del libero mercato.
A complicare ancora le trattative, c' è il nodo della frontiera inter-irlandese. Quello fra la Repubblica d' Irlanda e le sei contee dell' Ulster appartenenti al Regno Unito sarà l' unico confine terrestre esistente dopo la Brexit. Per Londra l' ipotesi di un confine "reale", con sbarramenti e posti di controllo, è totalmente inaccettabile. Downing Street sembra volere un rapporto preferenziale con Dublino e ha già fatto capire che pensa ai vicini irlandesi per una nuova piccola Schengen.
Ma in realtà il governo britannico usa il nodo irlandese come elemento di pressione: senza un accordo doganale, quel confine diventerebbe una zona di contrabbando. A meno di un adeguato (ma sgradito) irrobustimento dei controlli da parte irlandese, di fatto nascerebbe un "ingresso posteriore" per merci non controllate destinate al mercato comunitario: basterebbe un accordo commerciale fra Washington e Londra per far arrivare i prodotti dell' agricoltura Usa, che sarebbero molto competitivi in Europa se falsamente proposti come prodotto irlandese.
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