DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giampiero Martinotti per "la Repubblica"
I Paperoni d'Europa fuggono, vogliono pagare meno tasse, scappano dal paese d'origine e approdano su rive più accomodanti. Vecchio fenomeno che sembra crescere con la crisi: pochi giorni fa, Gérard Depardieu ha abbandonato la Francia per stabilirsi in Belgio, ad appena un chilometro dalla frontiera. Ieri, si è saputo che anche Santiago Calatrava, uno degli architetti europei più affermati, ha trasferito la sua società in Svizzera, per l'esattezza nel cantone di Zurigo.
Una società che ha perso un po' di soldi negli ultimi esercizi, ma il cui portafoglio di investimenti sfiora i 32 milioni di euro. L'attore ha voluto pagare meno tasse, l'architetto, probabilmente, ha anche voluto proteggersi contro un eventuale default spagnolo. Entrambi seguono quella strada che i commercialisti chiamano «l'ottimizzazione fiscale» e che si può spiegare in pochissime parole: pagare il meno possibile di tasse.
Calatrava e Depardieu si sono attirati i fulmini di buona parte del mondo politico: la sinistra spagnola parla di slealtà da parte di un uomo che «ha vissuto fondamentalmente con il denaro pubblico», mentre il governo francese sbatte i pugni sul tavolo.
Il premier francese Jean-Marc Ayrault, solitamente pacato, alza la voce e bacchetta, pur senza citarlo, il più popolare attore francese per la sua scelta di andare in Belgio. Il caso Depardieu infiamma da due giorni il dibattito transalpino. La sinistra spara a zero contro un attore che negli anni â80 fu uno dei più ardenti sostenitori di François Mitterrand, per poi diventare un fan di Nicolas Sarkozy.
E che oggi è il simbolo di quella minoranza di straricchi che preferisce domiciliarsi all'estero per evitare patrimoniale, imposte sulle plusvalenze, supertasse come quella del 75 per cento introdotta da Hollande sull'Irpef di chi guadagna più di un milione all'anno. Un deputato socialista, sia pur isolato, si è spinto fino a proporre il ritiro della nazionalità a chi fugge verso lidi fiscalmente più clementi.
Interrogato dai giornalisti dopo aver partecipato a una conferenza sulla povertà , il primo ministro non ha nascosto la sua ira: «Quelli che scelgono l'esilio all'estero non hanno paura di diventar poveri. Vorrebbero diventare ancora più ricchi». Poi ha incalzato: «La povertà non sarà ridotta se chi possiede di più non accetta un po' di solidarietà e un po' di generosità . Per fortuna sono poco numerosi a volersene andare solo per esonerarsi dalla solidarietà con gli altri francesi». Ayrault ha difeso la sua politica: «Se si vogliono risolvere i problemi legati alla povertà e alle diseguaglianze sociali, bisogna fare delle scelte
politiche. Il che significa anche scegliere una politica fiscale. Noi chiediamo un sforzo ai più ricchi e alle imprese più grandi».
La vicenda Depardieu ha improvvisamente riportato in primo piano il problema degli «esiliati fiscali», che starebbero aumentando dopo l'arrivo di Hollande all'Eliseo. Fra loro ci sono nomi famosi: da Zinedine Zidane, rimasto a Madrid dopo il ritiro dall'attività agonistica, a Johnny Hallyday, residente in Svizzera come quasi tutti i tennisti, senza dimenticare personaggi come Alain Delon e Charles Aznavour.
Recentemente, Bernard Arnault, proprietario della Lvmh e quarta fortuna mondiale, ha chiesto la cittadinanza belga, anche se per il momento non ha lasciato la Francia. Tutti lamentano un fisco eccessivamente punitivo: patrimoniale, imposte di successione altissime, plusvalenze tassate più che altrove. Il fenomeno è vistoso per i nomi coinvolti, più che per i numeri: sui 200 mila francesi residenti in Belgio, solo 5 mila avrebbero traslocato per ragioni fiscali.
Pochi mesi fa, David Cameron aveva detto di voler srotolare «il tappeto rosso» per i francesi che vogliono abbandonare il loro Paese a causa del fisco.
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