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PRESIDENZIALI FATTE A MAGLIE - IL VANTAGGIO CLAMOROSO DELLA CLINTON DOPO IL ''PUSSY-GATE'' SI È GIÀ RIDOTTO E SECONDO IL ''LOS ANGELES TIMES'' I DUE SONO DI NUOVO TESTA A TESTA. L'EROE RIDICOLO DEL MOMENTO E’ L’AZZIMATO JOHN PODESTA, CAPO DELLO STAFF DI HILLARY, CHE NELLE EMAIL LA DEFINISCE INCAPACE DI RAPPORTI CON LA GENTE - IL PARTITO REPUBBLICANO È PRONTO ALL'IMPLOSIONE, MA I SUOI ELETTORI VOGLIONO DONALD

Maria Giovanna Maglie per Dagospia

 

Il vantaggio clamoroso tra i 7 e gli 11 punti toccato dalla candidata democratica grazie alla pubblicazione del famoso fuori onda sulle donne del suo avversario si è già ridotto a 4 punti secondo Rasmussen reports, testa a testa di nuovo secondo il Los Angeles Times. Quindi non è vero che Hillary Clinton abbia vinto il secondo dibattito di domenica scorsa oppure tra le stranezze di quest'anno c'è anche la novità che i dibattiti non servono a niente. Scegliete voi.

 

HILLARY CLINTON TRUMPHILLARY CLINTON TRUMP

Intanto tornano i tradizionali complicati calcoli degli esperti di sondaggio che non hanno il coraggio di ammettere che c'è un pezzo di elettorato che sfugge loro completamente anche perché quest'anno la gente non sta andando a votare in anticipo negli Stati in cui il voto anticipato è consentito e si tiene la decisione per l'ultimo momento;

 

l'ultimo complicato calcolo tirato fuori dal guru Nate Silver divide il paese tra uomini e donne, tanto perché se ne sentiva la mancanza, per decretare che se fosse un paese di sole donne Donald Trump sarebbe già in esilio, in tutto 80 voti elettorali, ma se fosse un paese di soli uomini ne prenderebbe 300 di voti elettorali e sarebbe il prossimo presidente degli Stati Uniti. Molta confusione sotto il cielo.

 

Sara anche vero quel che Hillary Clinton dice, ovvero che c'è solo lei a separare gli americani dell'Apocalisse, che poi sarebbe Donald Trump, ma una certa aria di apocalisse già circola, tra rapporti con la Russia di Putin al livello più basso mai raggiunto dalla fine della guerra fredda e dal crollo del comunismo, e le valanghe di scomode rivelazioni che emergono ogni ora dalle mail che Julian Assange e Wikileaks tirano fuori dai loro nascondigli.

 

il secondo confronto tv tra trump e hillary clinton 13il secondo confronto tv tra trump e hillary clinton 13

Siamo già sopra le mille e Assange ha detto di averne almeno 50.000, tutte trafugate ai notabili democratici i quali o parlano con Hillary Clinton o parlano di Hillary Clinton, e in ogni caso fanno delle gaffes pazzesche.

 

 L'eroe ridicolo degli ultimi due giorni e’ l’azzimato e puntuto John Podesta, capo dello staff, già storico collaboratore di Bill Clinton e poi di Obama. Podesta  si crede sempre il più figo del gruppo, ma non a vedere messe per iscritto le sue osservazioni su Hillary,  definita ormai incapace di rapporti con la gente, e che odia l'americano qualunque, oppure sulla figlia Chelsea che un collaboratore della Fondazione Clinton descrive come maleducata, viziata, infelice, insopportabile, o a leggere che lo stesso Podesta si intrattiene con noti giornalisti di famosi canali televisivi per concordare domande risposte e persino quando la candidata deve sorridere o ridere, che fa cancellare al New York Times domande e risposte che non gli piacciono di una intervista, che riceve dal Comitato nazionale democratico notizie che avrebbero dovuto essere riservate sull'altro candidato democratico Bernie Sanders, che si accorda con un altro giornalista che sarà il moderatore di un dibattito proprio con Sanders, e così via, imbrogliando clamorosamente sulla campagna di una candidata deve vincere per forza, fino ad accordi diretti sulla storia delle mail con la Casa Bianca e con Dipartimento di stato.

 

Ecco, giusto la compromissione, lo sputtanamento totale dei media che questa email e conversazioni dimostrano una volta di più, salvano il Partito Democratico dalla debacle.

 

Podestà non nega niente, come potrebbe, ma accusa Trump, Wikileaks e la Russia di tramare contro gli Stati Uniti per orientare i risultati delle elezioni. Magari è vero ma ci vogliono le prove prima di accusare un Paese straniero e il ministro degli esteri russo Lavrov, nel commentare quanto sia ridicolo quel che sta avvenendo in America, domanda di esibire prove e fatti.

chelsea e bill clintonchelsea e bill clinton

 

Magari è vero che ci sono manipolazioni superiori perfino al conosciuto in queste elezioni, ma le coincidenze curiose appartengono a tutti, non è che una registrazione di 11 anni fa di un fuori onda in cui il candidato repubblicano fa la figura del provolone maiale, venuta fuori 48 ore prima del secondo dibattito presidenziale e quando i due candidati sono testa a testa, suscita sospetti inferiori a quelli dei leaks di Julian Assange.

 

 Il quale ce l'ha a morte con i politici americani perché si ritiene ingiustamente costretto a vivere da quattro anni rinchiuso in un'ambasciata straniera, e fa il suo mestiere, perché ha trafugato mail esplicite e rivelatrici di comportamenti illeciti da server non protetti.

 

Invece Podesta insiste e tiene addirittura una conferenza stampa sull'aereo che lo porta da Miami a New York per lanciare fosche previsioni su elezioni che già non ne avrebbero bisogno, e denunciare l'interferenza russa e il loro tentativo di influenzare il voto dalla parte di mister Trump, cosa che dovrebbe essere la principale preoccupazione tutti gli americani.

JOHN PODESTA HILLARY CLINTONJOHN PODESTA HILLARY CLINTON

 

Poi precisa: non possiamo confermare l'accuratezza di queste indiscrezioni, sappiamo che i russi potrebbero aver passato dei documenti informati. Tradotto dal sussiegoso linguaggio di Podesta che si comporta come se fosse ancora un funzionario governativo e non il consigliere di un candidato alla presidenza, è tutto vero e prove per accusare i russi non ne hanno. Prove sarebbero necessarie in questo clima di tensione con la Russia come non si vedeva dal 1989, prima di formulare accuse gravi.

 

Che i giornalisti americani dovranno a lungo leccarsi le ferite dello sbrago offerto quest'anno quando una corporazione abituata a ricevere e farsi grandi complimenti e intitolarsi illustri premi per la propria obiettività, farà i  conti con la faziosità inutile di cui si è ricoperta, lo abbiamo detto molte volte. Chi te lo fa fare di telefonare all'uomo della Clinton per anticipargli le domande che gli farai  in un dibattito, quando basta farle una domanda facile. Queste scenette a cui siamo abituati in Europa non pensavamo di vederle anche qui.

hillary clinton chief of staff john podesta hillary clinton chief of staff john podesta

 

Ma il vero redde rationem sarà un altro e sarà quello tra la base repubblicana e la sua leadership, perché basta farsi un giro per qualche comizio in questi giorni per rendersi conto che la grande maggioranza dei repubblicani vuole Donald Trump come presidente, non un altro repubblicano, e che gliel'hanno detto in tutti i modi al partito ai salotti di Washington e agli intellettuali alla Kristol, coi sondaggi, coi comizi con l'afflusso alle primarie, con una quantità di piccole donazioni come non si era mai vista prima. Anche quelli che volevano Rubio e Cruz o Kasich ora vogliono lui.

 

E assistono furiosi allo spettacolo offerto dalle elites  del partito che invece preferisce che sia eletta Hillary Clinton, non per caso ma perché hanno molto più in comune con i Clinton che con la base del partito.

 

È una vecchia storia, è cominciata con la rivolta della base del cosiddetto Tea Party, e non è finita mai perché è la natura è l'identità del GOP ad essere in crisi, in discussione e sull’orlo di una rivoluzione. I boss del partito non hanno avuto il coraggio di affrontare il problema ma questa volta non lo potranno evitare perché l'ipocrisia è finita. Un Paul Ryan che ha sfogliato la margherita per un anno e ora ha praticamente mollato il candidato perché crede così di salvare la sua possibile poltrona di senatore, o un McCain che con tutta la sua storia gloriosa ha chiesto prima aiuto a Trump per vincere le primarie nel suo Stato e ora lo ha schifato, non se la caveranno facilmente.

hillary clinton e john podestahillary clinton e john podesta

 

Donald Trump efficacemente e brutalmente riassunto la situazione quando ieri ha detto “mi sono liberato delle manette”. Quando le elezioni saranno finite, la resa dei conti sarà inevitabile, e non a caso Marco Rubio, ex candidato prescelto, figlio di cubani, giovanissimo senatore, che un futuro lo vuole, ha esplicitamente dichiarato: io sto con Trump.