DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Andrea Carugati per “la Stampa”
«Chiedere unità dopo che hai delegittimato chi sta gestendo collegialmente questa fase, è come prendere in giro ancora una volta tutti noi». Il segretario reggente del Pd Maurizio Martina questa volta è davvero furioso: non è bastata l'intervista di Renzi domenica sera da Fazio, in cui ha fatto a brandelli l'ipotesi di governo col M5S. Ieri è spuntato pure un documento renziano con 120 firme - tra queste i capigruppo Delrio e Marcucci - per ribadire la linea dell'ex capo e aprire a un governo delle regole, «ma niente fiducia a esecutivi a guida Di Maio o Salvini».
Una conta in pieno stile, una «prova muscolare» alla vigilia della direzione di oggi. Martina per tutta la giornata di ieri è stato in contatto con i big dell'area «No Renzi», da Andrea Orlando a Dario Franceschini e Michele Emiliano. Passando per alcuni governatori di peso come Sergio Chiamparino e Nicola Zingaretti e altri ministri del governo Gentiloni (il premier continua a essere «arruolato» dentro quest' area, ma l' interessato tace).
La linea è chiedere un voto di fiducia sulla segreteria di Martina. Franceschini lancia la sfida a Renzi: «Condizione minima e indispensabile per l' unità del Pd. Sono certo che Matteo sarà il primo a dire sì al suo ex vice..». Così anche Cuperlo. Stavolta il mite Martina farà la voce grossa: «Non si può andare avanti con un segretario ombra». «Matteo invoca l' unità ma è il primo a spaccare il Pd».
Ed è pure «vittimista». «Ma lui nei panni della vittima davvero non è credibile», si ragiona nell'entourage del reggente. L'ordine del giorno - un possibile accordo col M5S - è stato spazzato via (ma Martina ribadirà l'attenzione del Pd alle indicazioni del Colle). Ora sul tavolo c'è un solo tema: chi comanda nel Pd, quando fare il congresso e chi guiderà fino alle primarie sempre più probabili a ottobre. Sottotesto, spiegato da un esponente di punta dell'area Orlando: «Sempre che al congresso il Pd ci arrivi ancora intero...».
Per il momento si combatte sui numeri: i renziani sventolano 120 voti in direzione su 209? Gli altri raccontano un film diverso, si combatte su chi tra ministri e dirigenti abbia diritto di voto. Non si contano le telefonate per accaparrarsi quadri in bilico, per lo più ex renziani delusi (attivissimo Francesco Boccia). «Matteo ha paura di non avere più i numeri», spiegano i ribelli. La scissione è il vero convitato di pietra. Renzi sfida i dissidenti, come aveva fatto con Bersani &C.: «Spero non cerchino pretesti per rompere».
La speranza di chi non lo sopporta più è che sia Matteo a fare i bagagli: «Si faccia il partito alla Macron e ci lasci in pace». Il sito «senzadime.it», che riprende l' hashtag renziano contro l' intesa col M5S, e con i nomi dei favorevoli e contrari al dialogo con Di Maio (poi cancellati) è diventato una miccia. «Quando in una comunità si arriva a questo, c'è qualcosa di profondo che non va», twitta Franceschini. «Ci sono dei limiti che non dovrebbero essere valicati», s'indigna Martina. Il suo fedelissimo Matteo Mauri parla di «liste di proscrizione dal sapore grillino».
Anche Gianni Cuperlo perde il solito aplomb: «Non si è mai vista una conta promossa dai capigruppo alla vigilia della direzione. Dovrebbero essere figure di garanzia per tutto il partito. E invece...». Il clima è irrespirabile. Andrea Orlando su Facebook svela uno dei timori più profondi della sinistra interna: che la proposta di Renzi di un governo per le regole celi la volontà di un appoggio del Pd al centrodestra. In cambio della rinuncia di Salvini a Palazzo Chigi.
«A scanso di equivoci, dico adesso che un governo di tutti è con tutti, non può essere in alcun modo, esplicito o implicito, una maniera di confondere i nostri voti con quelli di una destra sempre più a trazione leghista». Orlando avverte: «In direzione va fatta chiarezza, a partire dalle ragioni della sconfitta. No a tregue interne sulla base di formule vaghe».
ANDREA ORLANDO E LA CORRENTE DEMS
Tra i non renziani si fa strada l'ipotesi di accelerare l'assemblea nazionale. E verificare in quella sede se e come dare il via libera al congresso anticipato. In quel caso la candidatura più forte «per ricostruire il Pd e il centrosinistra» sarebbe quella di Nicola Zingaretti. Ma non si esclude anche l'ipotesi Matteo Richetti per rompere il fronte renziano. O una corsa di Martina ai gazebo. Ipotesi premature. «Prima bisogna capire se il Pd ci arriva intero...».
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