DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
chi voterebbero repubblicani a novembre aprile
Com’era la storiella circolante nel mondo intero che solo Cruz potrebbe battere Hillary a novembre, Trump mai? Com’era l’altra sul distacco incolmabile tra la medesima Hillary Clinton e l’avversario, l’anziano scapigliato socialista bergogliano, Bernie Sanders? Com’era infine quella per cui il primato delle primarie è tutto in mano agli elettori e i partiti possono poco per manipolarlo? Sveglia per tutti, ché fra Trump e la Clinton il margine è veramente minimo, che Sanders avanza, e impazzano gli imbrogli sulla scelta dei delegati in Colorado, dove le primarie le hanno proprio abolite.
chi voterebbero i democratici a novembre aprile
Ancora niente abbiamo visto, il risultato di New York martedì prossimo metterà l’acceleratore alla campagna più folle che si ricordi. E con un Gop così malridotto, pronto a consegnare a Hillary la vittoria mentre si scanna, proprio non ce la fa.
Il sondaggio è stato effettuato dal 4 al 10 aprile su un campione di 12.692 adulti, tutti registrati al voto. La sorpresa, per chi si voglia stupire, sta nel confronto tra i due possibili front runner alle elezioni generali di Novembre. Se fosse Clinton contro Cruz, 37 per cento a lei, 32 a lui, 19 a un misterioso candidato di un terzo partito, 10 a nessuno, attenzione a questo dato in giorni in cui si parla di candidatura indipendente di Trump in caso di convention farlocca a luglio.
chi voterebbero gli elettori americani
chi voterebbero gli elettori americani
Ma se fosse Clinton contro Trump, allora la percentuale nel sondaggio è 38 a lei, 36 a lui, 16 per cento a un terzo, 8 a nessuno. Il risultato scomposto delinea bene lo scontro nel partito repubblicano che si sta dilaniando, perché il 56 per cento dei seguaci di Trump voterebbe per Cruz se fosse lui il candidato, che già è poco, e il 25 per cento sceglierebbe un terzo; allo stesso modo solo il 53 per cento dei seguaci di Trump voterebbe per Cruz, il 28 per un terzo candidato. Secondo la Nbc il margine di errore del sondaggio è dell’1,3 per cento.
chi voterebbero i supporter di trump senza trump
chi voterebbero i supporter di cruz senza cruz
Quel che i sondaggi, anche i più scientifici come questo della Nbc, non possono calcolare, è il casino che combinano partiti e gruppi di pressione e finanziamento per sporcare un processo che, pur complicato e addirittura farraginoso in certi aspetti, sarebbe un grande processo elettorale, il gigantesco caucus che elegge il presidente.
Bene, a ogni tornata, i due partiti introducono elementi di controllo, dal numero enorme di superdelegati del vertice decisi dal Partito Democratico, ai regolamenti di assegnazione truffaldina dei delegati di cui sono campioni i repubblicani.
Trump ha il partito contro, ed è un neofita, in South Carolina ha vinto e si ritrova meno delegati di Cruz; in Colorado un decretino del vertice del partito dell’agosto scorso ha di fatto abolito le primarie trasformandole in assemblee di iscritti, non caucus, e così non un elettore ha potuto esprimere un voto, i 37 delegati tutti a Cruz, la grande rabbia espressa in certificati elettorali bruciati davanti alle telecamere, in editoriali infuocati del Denver Post, che ha scritto:
ted cruz con estensione peniena
”Immaginate quel che è successo: dei funzionari di partito avevano paura che una campagna interessante potesse indurre migliaia di cittadini in più a partecipare, dunque potesse ridurre il peso delle elite e degli insider. Una vergogna”. Che c’avesse da dichiarare vittoria Ted Cruz con tali presupposti non si sa, eppure lo ha fatto, le facce di tolla mica si trovano solo in Italia.
supporter di trump in florida aspettano il candidato
Le porcate i partiti non le fanno da soli, ma con l’aiuto dei grandi finanziatori, che quest’anno, nel tentativo di far fuori Trump, miliardario come loro, sono attivissimi, non solo soldi ma lavoro di comunicazione, campagne di fango, compravendita dei delegati. Il gruppo si chiama “the anti-Trump Our Principles PAC”, e vorrebbe evitare che si arrivi a luglio con una convention aperta, anche se si preparano per quella evenienza.
donald trump dichiara vittoria nella sua tenuta di mar a lago di palm beach in florida
Il miliardario che esce allo scoperto si chiama Steve Hubbard, e dichiara serenamente che “certo che cercheremo di influenzare le persone. Io chiamo un delegato e gli dico come la penso, compro spazi sui giornali e in tv, perché non dovrei”. Il metodo massicciamente usato in Florida non ha funzionato, a New York non sembra funzionare, in Wisconsin Cruz l’ha avuta vinta su Trump perché per lui si sono mossi i pastori in ogni chiesa dello Stato.
Ma un conto è provare a influenzare l’elettore, arrabbiato com’è quest’anno, altro, più facile, raggiungere il delegato di qui alla convention, che è una specie di suk arabo di trattative occulte quando i giochi non sono chiari.
Contro questo metodo Trump può poco, può però denunciarlo come scorretto, come un furto perpetuato alle spalle degli americani, e quindi alla fine si ripropone lo stesso dilemma, quello che tanti commentatori e più di qualche esponente del partito stanno cominciando a chiedersi apertamente.
Può il Gop condurre in porto una operazione del genere, imporre un candidato che non sia espressione della maggioranza dei voti delle primarie nella maggioranza degli Stati, esporsi al rischio di un terzo candidato indipendente, consegnare insomma la vittoria a un candidato democratico tanto pompato da Wall Street e grandi gruppi aziendali quanto poco popolare, e non rischiare di esplodere in una crisi senza prospettiva? Una cosa è certa, sarà la convention più seguita dal 1976, l’anno della guerra a Ronald Reagan.
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