DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Claudio Tito per “la Repubblica”
«Se ci sediamo in buona fede, come fatto in passato, possiamo arrivare a un accordo che rafforza la sicurezza di tutti». Alla fine del vertice dei ministri della Difesa della Nato, il Segretario generale Jens Stoltenberg descrive in questi termini la possibile via d'uscita dalla crisi ucraina.
Non si tratta solo di un buon auspicio. Nei colloqui informali a margine del summit, infatti, i riferimenti sono stati tutti rivolti ad un "faccia a faccia" tra Biden e Putin. Ad un summit che possa davvero risolvere la situazione. Una delle ancore di salvezza cui le diplomazie si stano attaccando. Nel complicatissimo puzzle delle trattative costellate da minacce, anche l'Italia sta giocando un ruolo.
Il presidente del consiglio, Mario Draghi, che ieri ha rapidamente partecipato al Consiglio europeo straordinario sulla crisi ucraina, si sta spendendo per organizzare una visita al Cremlino. «In tempi stretti ». Questione di pochi giorni, se non di ore. Anche perché il confine tra lo showdown e la pace si sta sempre più assottigliando.
Il probabile colloquio con Putin si svolgerebbe secondo binari ben precisi. Il premier italiano, infatti, prima di partire si consulterà con gli alleati europei e soprattutto con quello americano. In particolare potrebbe diventare il latore di una proposta formulata dalla Casa Bianca. Quella, appunto, di un nuovo summit tra Biden e Putin da tenere magari ancora una volta a Ginevra.
Della necessità di impostare rapidamente il viaggio di Draghi al Cremlino, del resto, hanno discusso ieri il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, e il "collega" Serghej Lavrov. Il governo di Roma, dunque, in questa fase si sta assumendo il compito di fare da "postino-mediatore" tra Mosca e Washington. Dietro il rapido ritorno del premier a Roma c'è anche questo. E solo in questo quadro si può giustificare la scelta del presidente del consiglio di volare a Mosca prima di ricevere un invito formale a Washington. Procedura inusuale per i governi del nostro Paese.
La prima mossa in questa direzione è comunque arrivata dal Segretario di Stato Usa, Antony Blinken che ieri ha inviato una lettera all'omologo russo avanzando l'idea di un incontro la prossima settimana in Europa. E in più ha rilanciato la possibilità, già suggerita il mese scorso, di una nuova riunione a Bruxelles del consiglio Nato-Russia e dell'Osce.
«Questi incontri - ha spiegato Blinken - possono aprire la strada ad un summit dei leader chiave nel contesto della de-escalation per raggiungere un'intesa sulle preoccupazioni reciproche di sicurezza ». Secondo le informazioni circolate al vertice Nato, inoltre, anche i russi sarebbero interessati a un nuovo "faccia a faccia". Per il Cremlino sarebbe il riconoscimento del loro ruolo internazionale, l'allontanamento di uno schema globale costruito esclusivamente sulla direttrice Washington-Pechino e la scusa plastica per evitare la guerra contro Kiev.
Il tempo però ormai stringe. L'eventuale missione italiana in Russia deve avvenire in tempi brevi. Nella consapevolezza che domenica prossima si concluderanno anche le Olimpiadi in Cina e quindi cesserà pure l'invito di Xi a schivare una precipitazione degli eventi durante i suoi Giochi. A quel punto il "freno" cinese sarà disattivato e Pechino potrebbe addirittura avere interesse a tenere alta la tensione in Europa per distogliere le forze americane dall'IndoPacifico. Perché la Cina resta comunque una spettatrice interessata. Anzi, proprio nelle due riunioni che si sono tenute ieri nella capitale belga (Nato e Consiglio europeo) in molti hanno avvertito come in questa vicenda la questione del gas e dell'approvvigionamento energetico si quella più delicata.
E che si potrebbe inserire un nuovo attore: i cinesi avrebbero fatto sapere che in caso di sanzioni economiche da parte dell'Occidente (misure effettivamente già predisposte dall'Ue), saranno pronti ad acquistare dalla Russia buona parte del gas destinato al Vecchio Continente. «Come guide delle diplomazie dei nostri Paesi - è infatti l'esortazione di Blinken - abbiamo la responsabilità di fare ogni sforzo perché la diplomazia abbia successo, non lasciare nulla di intentato».
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