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Carlo Tecce per Il Fatto
La comunicazione vaticana è silenziosa. Può sembrare un controsenso, ma è un gioco di ruoli e di gesti. E la prossima nomina a vescovo di padre Georg Gaenswein, segretario personale di Benedetto XVI, prima cardinale verso la pensione e poi successore di Giovanni Paolo II, va in questa direzione: non spiega nulla, ma significa tanto.
Vuol dire che il Papa teologo - prima versione accreditata in Santa Sede - ha deciso di insistere con il gruppo di collaboratori che indicò nei primi mesi di pontificato, ormai più di sette anni fa, e che soffrono le guerriglia interna. La divisione fra opposte fazioni è arrivata al punto di massima tensione con la pubblicazione di lettere e documenti riservati e la caccia ai colpevoli e ai mandanti, il capitolo Vatileaks. Seconda versione: il Papa fa Gaenswein vescovo per mostrargli una graduale via d'uscita.
Il 56enne ex vicario del Duomo di Friburgo, appassionato di calcetto e clarinetto, non vuole, però, abbandonare l'appartamento papale. Ne hanno discusso insieme di recente. Don Georg ha già rifiutato un'offerta per un incarico in Germania per restare accanto a Benedetto XVI, che quasi casualmente aveva affiancato nel 2003, quando l'ex assistente Josef Clemens venne promosso al Pontificio consiglio per i laici.
Padre Georg ha vissuto in prima persona la cattura di Paolo Gabriele, il maggiordomo ancora rinchiuso in Gendarmeria che sarà processato a settembre. Quando i libri e i giornali italiani riportavano la corrispondenza privata del pontefice, che passava il controllo proprio di Gaenswein, l'opposizione vaticana non è stata morbida con l'ex docente di Diritto canonico, molto familiare al sistema Opus Dei.
Fra la tempesta che rovinava i rapporti fra il cardinale Tarcisio Bertone e la squadra dei diplomatici che lo contestavano e ne chiedevano la rimozione, c'era la figura seriosa di don Georg: il filtro tra il Papa e l'esterno, colui che gestisce l'agenda, le telefonate, i colloqui. Chissà se Benedetto XVI ha ancora intenzione di avvicendare Bertone, il primo ministro vaticano, come gli suggeriva qualche anziano cardinale tornato in auge, ma l'investitura di padre Georg a vescovo può anticipare la conseguente nomina di Prefetto aggiunto della Casa pontificia.
Un rango inedito che spettò, per riconoscenza e amicizia, a don Stanislao Dziwisz, l'irrinunciabile consigliere di Karol Wojtyla. Ricevuta la coppia di onorificenze, vescovo e prefetto, don Georg diventerebbe necessario, ancora di più, per qualsiasi contatto con il Papa. Nonostante che dal '98 il Prefetto, il numero uno, sia James Michael Harvey, come ricorda Giacomo Galeazzi sul sito de La Stampa. L'arcivescovo statunitense è praticamente insostituibile perché, avendo allevato e raccomandato Paolo Gabriele, una sua eventuale cacciata sarebbe vista come una punizione.
E il Papa non vuole punire. Anzi, preferisce creare buone condizioni per il futuro. Non c'è bisogno di un sondaggio per sapere che don Georg ha tanti nemici, invidiosi per la sua vicinanza spirituale con il pontefice. Persino Josef Clemens, che spesso ospita a cena l'amico Ratzinger, potrebbe spendere qualche ragione contro il suo successore.
E finanche Bertone, quando non gradisce il comportamento di Ganswein, cioè molto di frequente. Ma il Papa non vuole premiare il segretario personale soltanto per affetto, ma soprattutto, a 85 anni compiuti, per evitare scontri di poltrone e potere. Don Georg è consapevole di aver un posto prenotato e ora in sospeso: la Congregazione per le cause dei santi. Quando vuole, può andarsene. Da vescovo.
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