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DAGOREPORT - PERCHE' LE PROSSIME ELEZIONI EUROPEE SARANNO LE PIU' IMPORTANTI DEGLI ULTIMI TRENT'ANNI? PERCHE' DIVENTERANNO UN REFERENDUM DEI 27 PAESI PRO O CONTRO LA RUSSIA - CON L'INCOGNITA DEL VOTO USA (SE VINCE TRUMP, L'EUROPA RESTA ABBANDONATA A SE STESSA), PER I LEADER DI BRUXELLES LA GEOPOLITICA SCALZERA' IL DUELLO DESTRA-SINISTRA - NON SOLO GRANDEUR FRANCESE, LE PAROLE DI MACRON SULL’INVIO DI SOLDATI IN UCRAINA SONO ANCHE UN TENTATIVO DI RISALIRE NEI SONDAGGI (15%) CONTRO MARINE LE PEN AL 30% 

- L'IMPRUDENZA DELLA MELONA ("MAI CON I SOCIALISTI'') COSTA CARA: SCHOLZ E COMPAGNI FIRMANO UN DOCUMENTO CHE IMPEGNA URSULA A NON ALLEARSI COI CONSERVATORI DI GIORGIA - MA PER LA DUCETTA C’È ANCORA UNA SPERANZA: PUÒ RIENTRARE IN PARTITA SE DOPO IL VOTO DEL 9 GIUGNO CI SARÀ LA CHIAMATA “ALLE ARMI” DI TUTTI I PARTITI ATLANTISTI DELL'UNIONE EUROPEA

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antony blinken arriva al g7 a capri 4

Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, è ottimista: non teme che per Zelensky & friends sia suonato il gong. Al G7 di Capri del 17-19 aprile si è spinto a profetizzare: “Non è troppo tardi, il nuovo pacchetto di aiuti americani consentirà all’Ucraina di reggere l’offensiva dei russi”.

 

Ma è davvero così? A due settimane di distanza dalle sue parole, l’esercito di Putin avanza, gli ucraini faticano a tenere le roccaforti e l’assenza di difese anti-aeree permette ai russi di scorrazzare nei cieli d’Ucraina bombardando a rotta di collo ovunque, non solo sulla linea del fronte.

 

emmanuel macron intervistato dall economist

In questo scenario, hanno destato preoccupazione le parole con cui Emmanuel Macron ha ipotizzato l’invio di soldati della Nato “boots on the ground”, mossa totalmente negata dagli americani, che non hanno alcuna intenzione di impelagarsi direttamente nel conflitto.

 

Biden e i suoi, non si sa più ormai con quale lungimiranza, sono convinti che le robuste forniture di armamenti siano sufficienti a ribaltare l’esito dei combattimenti e a contrastare l’esercito russo.

 

VIDEO DI MARINE LE PEN CONTRO GIORGIA MELONI

Il toyboy dell’Eliseo, con la sua chiamata alle armi, da un lato ha ceduto alla grandeur della Francia, che si percepisce ancora come grande potenza globale (anche in ragione della bomba atomica), dall’altro l’affondo gli è servito per darsi una mano in vista delle elezioni europee.

 

Il partito della sua "nemica" Marine Le Pen, il Rassemblement National, vola al 29,5%, percentuale molto vicina a quella incassata da Macron al primo turno delle ultime elezioni presidenziali, quando ottenne il 27,85%, mentre “Ensemble”, la formazione centrista del capo dell’Eliseo, è al 15,5%, minacciata anche dalla risalita del Partito socialista (14%), grazie alla nuova stellina, il 44enne Raphael Glucksmann.

 

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani atreju 1

Le parole del presidente francese hanno imbizzarrito il “Capitone” Salvini, che da giorni urla slogan come “Mai nessun soldato italiano andrà in Ucraina”, e oggi ha ribadito: “Mai con il guerrafondaio Macron quando ipotizza l'invio di truppe di terra. È pericoloso, va fermato”.

 

Nel gioco dei veti incrociati si è poi inserito Antonio Tajani, che è tornato a escludere un’alleanza del Ppe con Identità e Democrazia, gruppo della Lega: “noi siamo nel Ppe, la prima forza che c'è. Certamente non faremo mai alleanze con Alternative für Deutschland perché è alternativo al nostro modo di pensare".

 

E ha ricordato quando fu eletto presidente del Parlamento europeo: “Ho vinto con un'alleanza fra popolari, conservatori e liberali nel 2017, anche se poi la Lega non mi votò però abbiamo sconfitto la sinistra con questa coalizione".

ursula von der leyen giorgia meloni

 

Anche Giorgia Meloni ha posto il suo veto quando, da leader dei Conservatori europei, ha detto: “Mai con i socialisti”. Un passo falso, perché la “sòla Giorgia” ha sottovalutato la reazione cazzuta del Pse: in modalità uguale e contraria (anzi, peggiore), i socialisti, riuniti a Berlino, non solo hanno reso la pariglia escludendo un possibile accordo post-voto con Ecr, ma l’hanno messo nero su bianco con un documento che diventa vincolante per Ursula Von der Leyen.

 

Una minchiata, quella della Ducetta, che ha fatto felici Macron e Scholz, che non vedono l’ora di far sloggiare l'ex cocca della Merkel dalla presidenza della Commissione europea.

 

Certo, la premier della Garbatella, non è in una situazione facile: è stretta tra l’incudine dei suoi alleati (i polacchi del Pis e l’amato Abascal di Vox in Spagna), che le suggeriscono di restare fuori dalla maggioranza Ursula puntando alla riunificazione delle destre, e il martello delle sue ambizioni, che invece la spingono a flirtare con gli euro-poteri per contare qualcosa nella stanza dei bottoni di Bruxelles.

 

URSULA VON DER LEYEN - GIORGIA MELONI - OLAF SCHOLZ

Un pastrocchio imprevisto, che arriva proprio nel momento in cui la Melona era riuscita a stabilizzare la maggioranza in Italia per arrivare al voto europeo senza scossoni.

 

La premier ha sedato Salvini concedendogli il primo passaggio in Parlamento dell’autonomia differenziata, ha lanciato un bel biscottone a Forza Italia concedendo prima del voto del 9 giugno la separazione delle carriere dei magistrati in ricordo del compianto Silvio Berlusconi, e per sé la “madre di tutte le riforme”, il premierato.

 

Uno spiraglio, però, ancora c’è, per Giorgia, e lo ha mostrato il premier polacco, Donald Tusk, influente membro del Partito popolare europeo.

 

In un’intervista a “Repubblica”, il 29 marzo 2024, Tusk ha detto: “Conosco Meloni da troppo poco tempo per poter dare un giudizio. Ma da quello che sento dire dai suoi omologhi, non solo nel Ppe, anche dai socialisti o dai liberali, è che il ruolo positivo di Meloni a Bruxelles, nel Consiglio europeo, è ampiamente apprezzato. Sono rimasto colpito quando l’ho sentita parlare pubblicamente a sostegno dell’Ucraina. Ha difeso con passione le scelte filoucraine nel Parlamento italiano. A livello internazionale, le sento fare solo dichiarazioni europeiste”.

DONALD TUSK - URSULA VON DER LEYEN

 

Una dichiarazione che fissa il vero ambito su cui si giocheranno le prossime elezioni europee, le più importanti degli ultimi 30 anni.

 

Gli elettori non saranno chiamati a sostenere la sinistra, la destra o il centro, ma a dare una precisa e decisiva indicazione geopolitica per gli anni a venire: siete, o europei, a favore o contro la Russia?

 

La guerra scatenata da Putin sta imponendo a Bruxelles un ripensamento strategico totale, che va dalla difesa comune agli approvvigionamenti energetici, dal rapporto con la Cina a quello con gli Stati Uniti.

 

Un chiarimento deciso sulla relazione da avere con Mosca, dopo anni merkeliani di flirt commerciali e forniture di gas a basso costo, è reso necessario anche dalle elezioni presidenziali americane del prossimo novembre: se vince Donald Trump, per l’Ue so’ cazzi. Sarà esposta agli umori di un presidente svalvolato, che non ama né l’Europa né la Nato, che considera il Vecchio Continente il passato e ha occhi solo per il Pacifico, dove la Cina minaccia Taiwan, Giappone e Corea.

donald trump Jens Stoltenberg

 

Trump lascerebbe l'Europa in braghe di tela davanti all’espansionismo russo, che ha già messo nel mirino la Transnistria (in Moldavia) e non ha mai abbandonato il vecchio sogno di papparsi i Paesi Baltici e la Georgia.

 

Come si comporterebbe l’Ue se Putin ne “testasse” la reattività con azioni di disturbo o sabotaggi? È evidente che la baldanza del Cremlino impone all’Unione una capacità di risposta e di intervento che solo un esercito comune, non più soggetto agli umori altalenanti di Washington, può avere. Insomma: qui si fa l'Europa o si muore.

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emmanuel macron in copertina su the economist