DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
1- I VIDEO CHE DIMOSTRANO I BROGLI ELETTORALI NEI SEGGI...
http://www.youtube.com/watch?v=v2J-7OFxxgA
http://www.youtube.com/watch?v=G1_1klt0feg
http://www.youtube.com/watch?v=NQHVY1ulNXc
2- PUTIN, RISULTATI NON CAMBIANO MALGRADO PROTESTE E INCHIESTA...
(ASCA-AFP) - I risultati delle contestate elezioni in Russia non cambiano nonostante le massicce proteste di strada e un'indagine delle autorita' elettorali. Lo ha detto il portavoce del primo ministro Vladimir Putin, Dmitry Peskov, in un'intervista telefonica all'Afp. ''Anche se si sommano tutte le cosiddette prove, si parla dello 0,5% dei voti totali - sostiene Peskov -.
Cosi' anche se ipoteticamente in tribunale passono essere contestati non si pregiudicherebbero la legittimita' del voto o risultati elettorali''. Le dichiarazioni del portavoce di Putin seguono la disposizione per le autorita' elettorali del presidente Dmitry Medvedev di indagare sui presunti brogli dopo la vittoria del partito del premier Putin e le piu' grandi manifestazioni dagli anni '90.
3- PUTIN: RISPETTO LA PROTESTA - INSULTI A MEDVEDEV SUL WEB...
Anna Zafesova per "La Stampa"
Sabato sera, mentre decine di migliaia - secondo la polizia, 25 mila, secondo gli organizzatori, 80-90 mila - russi erano in piazza a Mosca a protestare, il portavoce del premier russo, Dmitry Peskov, faceva sapere che «il governo russo non ha ancora delineato la sua posizione». In effetti, non era facile: mai il governo russo era stato contestato in modo così massiccio e categorico da una coalizione così eterogenea di forze politiche.
Vladimir Putin - le cui dimissioni sono state chieste dalla piazza, anche in modi piuttosto espliciti - ci ha pensato fino al mattino dopo, prima di comunicare che «noi rispettiamo il punto di vista di chi protesta, ascoltiamo quello che hanno da dire e continueremo a farlo».
Il premier però non ha mancato di ribadire che le proteste «democratiche» di sabato (manifestazioni più o meno numerose si sono tenute ieri in almeno 50 città russe, senza contare le proteste dei russi all'estero in tutte le maggiori capitali del mondo) erano dettate dallo «scontento per i risultati ufficiali delle elezioni», come a dire che non ci saranno altri risultati se non quelli già pubblicati. Comunque ai russi viene riconfermato «il diritto a esprimere il loro punto di vista, di protesta o di sostegno».
Chi (pochi) si aspettava un'apertura al dialogo è rimasto deluso, ma mai come dal commento di Dmitry Medvedev. Il presidente russo ha scelto di affidare il suo pensiero a Facebook, dove ha informato i suoi seguaci di non condividere «né gli slogan, né le dichiarazioni» fatte dal palco della piazza Bolotnaya. Ha anche ricordato di aver «dato disposizione» di verificare tutte le segnalazioni di brogli, ma migliaia di utenti infuriati hanno riempito la bacheca dell'inquilino del Cremlino di insulti.
«Lei non convidive lo slogan "Per elezioni oneste"? Se ne vada», era il tipico post, alternato a insulti («ladri», «truffatori», «criminali»), ironie sferzanti e consigli piuttosto rudi sulle attività alle quali Medvedev dovrebbe dedicarsi immediatamente, appena lasciata la presidenza. Molti utenti hanno postato sulla bacheca del presidente link ai filmati con i brogli elettorali (che lui aveva detto di aver visionato senza trovarli troppo convincenti). E i più caustici hanno consolato il presidente: «Ci rendiamo conto che lei non può dire quello che pensa...».
Un'altra esplosione di scontento, mentre ieri nelle trasmissioni domenicali le tv nazionali sono tornate a parlare delle proteste, anche se in toni più freddi, dopo aver rotto sabato (si dice, su ordine di Medvedev) il veto della censura. Resta l'attesa per le prossime mosse dell'opposizione. Una nuova manifestazione è stata indetta per il 24 dicembre, in attesa che il Cremlino risponda alle richieste di nuove elezioni. Intanto sono cominciati i preparativi per le elezioni presidenziali di marzo.
Il primo candidato a farsi avanti è stato Vladimir Putin, che sta già mettendo in piedi una campagna elettorale che si annuncia ancora più aggressiva e populista del solito. Sabato il congresso di Russia Giusta - la formazione-sorpresa del voto di domenica 4 dicembre - ha candidato al Cremlino l'ex putiniano ed ex presidente del Senato Serghey Mironov. E ieri a raccogliere le firme per candidarsi è stato Eduard Limonov, il famoso scrittore tornato in patria dai salotti francesi per fare il rivoluzionario.
4- L'ENIGMA DI MEDVEDEV IL PRESIDENTE INESISTENTE CHE CONTRADDICE LO ZAR...
Anna Zafesova per "La Stampa"
Medvedev chi? Da qualche giorno sembra che la Russia non abbia più un Presidente. La piazza che sabato ha scandito «Putin in Cecenia» ha ricordato l'uomo che formalmente resta, fino a marzo, il capo di Stato, con qualche piccolo ironico cartello. Lo scontro è tra il premier e il suo popolo ribelle, è lui che accusa gli oppositori di essere al soldo di Washington, ed è la piazza con Internet a rispondergli «Vai via». I pochi commentatori che si sono ricordati dell'esistenza di un inquilino del Cremlino l'hanno liquidato con disprezzo: «Non ha le qualità né il carisma del leader», dice il giornalista liberale Leonid Radzikhovsky.
Sembra la conclusione, a soli 46 anni, di una carriera politica da controfigura: scelto nel 2007 come «delfino» da un Putin impedito dalla Costituzione a un terzo mandato consecutivo, ha passato quasi quattro anni al Cremlino accompagnato dalle barzellette sui fili da marionetta che spuntavano dalla sua giacca ed è stato rimesso nell'armadio quando, il 24 settembre scorso, il premier ha annunciato la sua candidatura alla presidenza nel 2012, regalando all'uomo che gli ha tenuto calda la poltrona la promessa di fargli guidare il governo.
Con un commento umiliante: «Abbiamo deciso tutto questo anni fa». Come a dire: chi aveva creduto che Medvedev fosse un Presidente vero, preso sul serio le sue piccole fronde - incontrare le ong, dare interviste a media d'opposizione, cercare di riformare la giustizia o di cacciare i falchi putiniani dai grandi consorzi statali - e addirittura sperato che avrebbe rotto con il suo patrono, era un ingenuo.
Circondato da questa sprezzante indifferenza, il Presidente russo però in questi giorni si è permesso una serie di ironie degne di un blogger liberale. Agli atterriti militanti di Russia Unita ha detto «complimenti, siete entrati nella Duma», e poi ha aggiunto con un'allegria che contrastava drammaticamente con la faccia da funerale di Putin al suo fianco: «Avete avuto quello che vi meritate, è la democrazia».
Il giorno dopo, mentre Putin insisteva a parlare di vittoria del suo partito, è tornato a gioire per un «Parlamento più divertente» con l'opposizione, meritandosi la sgridata del premier: «A forza di ridere si finirà per piangere». E all'ormai leggendario presidente della Commissione elettorale Vladimir Churov ha detto con un gentile sorriso: «Ma come ha fatto a indovinare i numeri dell'affluenza? Lei è proprio un mago».
Dare davanti alle telecamere del mago all'uomo che si è distinto, tra l'altro, per aver affermato che i video con le prove dei brogli erano stati girati in «seggi falsi allestiti apposta», è sicuramente una prova di senso dell'umorismo. Ma non solo. Nella notte elettorale i russi hanno visto uno spettacolo avvincente: il tabellone della Cec, sul quale i numeri di Russia Unita alla Duma oscillavano in continuazione: 49,99%, poi 50,02, poi di nuovo 49,98, poi 50,20, ancora sotto la soglia della metà .
La battaglia mozzafiato sui centesimi di percentuale, durata ore, è stata, probabilmente, il riflesso di un braccio di ferro che accadeva altrove, e che ha impedito al «mago» Churov di risolvere il problema della maggioranza alla Duma con i suoi metodi. E come ha scritto nel suo blog un anonimo funzionario del governo, «l'impressione è che qualcuno qui remi contro Russia Unita».
Secondo fonti di Gazeta.ru, ieri è stato proprio Medvedev a ordinare ai tg delle tv russe di aprire con i reportage dalla piazza, censurata per giorni, e a intimare alla polizia di essere «morbida». Il «tandem» non esiste più, il potere monolitico si è spaccato. I media, gli imprenditori, i politici, i burocrati più moderni hanno visto la possibilità , seppure esigua, di giocare sulle differenze, sempre più marcate con gli anni, tra lo zar Putin e il più moderato Medvedev, tra il kalashnikov e l'iPad, tra l'uomo dei servizi e il figlio dell'intellighenzia.
Per la borghesia liberale della capitale che ieri è scesa in piazza come per il ceto medio e i dipendenti pubblici della provincia che hanno votato contro Russia Unita, Medvedev non era un eroe, ma era una speranza. La sua liquidazione sbrigativa ha innescato l'inizio della fine di Putin. Ma il giovane Presidente - e, non ultimo, comandante in capo - è ancora al suo posto fino a marzo, e finora non ha detto nulla che lo potesse compromettere.
Anzi, è stato il «poliziotto buono». E gli rimane un'arma mortale: con la quasi monarchica Costituzione russa, può licenziare il premier, quando vuole, senza giustificazioni. Con un premier superpopolare come Putin non era possibile. Ma con un premier di cui mezzo Paese chiede le dimissioni, cosa mai vista, potrebbe diventare un'opzione.
PUTIN MEDVEDEV BADMINTONPUTIN E MEDVEDEV PUTIN E MEDVEDEVputin suo delfino medvedevARRESTI DURANTE LE PROTESTE CONTRO PUTIN IN RUSSIALE FEMMINISTE DI FEMEN PROTESTANO CONTRO PUTIN Protesta in Russia contro PutinSergey MironovProtesta in Russia contro PutinLE FEMMINISTE DI FEMEN PROTESTANO CONTRO PUTIN Eduard Limonov
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