DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
Lucia Sgueglia per “La Stampa”
navalny in piazza viola gli arresti domiciliari
Discende a testa bassa la via Tverskaya puntando al Cremlino Alexey Navalny, intorno i moscoviti distratti si affrettano agli ultimi acquisti prima del Capodanno. Negli occhi la rabbia per la condanna a sorpresa del fratello minore Oleg, estraneo alla politica, a 3 anni e sei mesi di colonia penale nel processo dove i due erano coimputati per truffa ai danni della società Yves Roches East per circa 400 mila euro.
navalny arrestato dopo aver violato gli arresti domiciliari
Colpevole anche Alexey, ma per lui niente carcere, «solo» una pena sospesa: una «sentenza vile» che «tortura» usando come «ostaggi» i parenti degli oppositori, grida in aula sotto choc, le lacrime agli occhi mentre i secondini mettono le manette a Oleg: «Non vi vergognate? Lo fate per punire me?». Un verdetto che spiazza gli oppositori, anticipato dal 15 gennaio a ieri, prima del lungo ponte che durerà fino al 12 gennaio, e pare pensato per evitare di fare del blogger un martire tenendolo però al guinzaglio.
LA SFIDA CON IL TELEFONINO
Ma il richiamo della piazza è irresistibile per il carismatico condottiero anti-Putin, agli arresti domiciliari da febbraio scorso dopo l’ultima condanna a 5 anni (poi tramutata in condizionale), il 18 luglio 2013 nel caso Kirovles: sparito dalla circolazione e costretto al silenzio stampa. È lui stesso a convocarla: «Tutto dimostra che questo potere va distrutto», poi decide di violare la legge: «Non posso non esserci, ho troppa voglia di stare con voi» scrive twittando un «selfie» di sé seduto in metropolitana, verso la piazza del Maneggio, sotto le Mura del Cremlino. La sua marcia finisce davanti all’Hotel Ritz: trascinato sul cellulare della polizia, poi riaccompagnato a casa.
navalny in piazza viola gli arresti domiciliari
In piazza alitando al gelo dentro un cordone massiccio di polizia lo aspetta la sua gente, sotto un’enorme pallina natalizia luccicante. Poche migliaia. Molti tengono in mano dischi rossi col suo nome: gli adesivi della campagna elettorale a sindaco di Mosca in cui il blogger anti-corruzione strappò il 27%, ultima sua uscita pubblica. Gridano vecchi slogan come «Non potete arrestarci tutti!», ma anche «Siamo tutti fratelli di Navalny», «No a Putin e no alla guerra!», «La Crimea non è nostra!», e «Gloria agli Eroi!», il motto di Maidan.
«COME IN UCRAINA»
Sono i reduci della «primavera bianca», le proteste di massa contro Putin scatenate nel 2011 dall’indignazione politica per elezioni alla Duma ritenute truccate. Dopo le condanne al carcere di diversi militanti si erano rintanati in casa, depressi, impauriti, disillusi. Oggi il corto circuito potrebbe scoccare dalla crisi economica, sanzioni e crollo del rublo che colpiscono per prima la classe media urbana che sostiene il blogger. Ma un anno dopo, in Russia è cambiato tutto: ogni dissenso annichilito dalla propaganda patriottica e il consenso di Putin alle stelle.
L’APPOGGIO DELLE PUSSY RIOT
Per incitare alla protesta, sono scese in campo anche le due Pussy Riot con un videoclip in cui in mise da «streghe glamour» spazzano la neve sul luogo dell’appuntamento. Proprio loro un anno fa sotto Capodanno furono «graziate» dal Cremlino con Khodorkovsky. Almeno 250 i fermati. Alcuni a tarda sera continuano a percorrere il viale dello shopping agitando bandierine russe: «È festa, che volete? Stiamo passeggiando» replica una signora ai poliziotti.
Tra i pochi volti noti il deputato Gennadi Gudkov, altro reduce dell’onda bianca: «La sentenza di oggi dimostra che il Potere è insicuro». Dall’altro lato i «patrioti» di Putin, nastrini nero-arancio sulle giacche, li insultano e proiettano una frase al neon sui palazzi: «No a Maidan!».
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