DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
1. SANZIONI, FONDI, ARMI: ORA L’EUROPA TEME INCERTEZZE E OSTACOLI DI UN’ALTRA UNGHERIA
Estratto dell’articolo di Francesca Basso per il “Corriere della Sera”
Le parole dell’ex premier slovacco Robert Fico contro l’assistenza militare all’Ucraina, pronunciate in campagna elettorale e di fatto confermate anche se non ripetute all’indomani della vittoria del suo partito Smer, aprono uno scenario di incertezza sulle decisioni che l’Unione europea dovrà prendere all’unanimità, ma non dovrebbero avere un impatto sugli aiuti concreti che fornirà la Slovacchia.
Bratislava ha infatti già svuotato il proprio arsenale bellico in favore di Kiev. È stata tra i primi Paesi, a pochi mesi dal conflitto scatenato dalla Russia, a fornire all’Ucraina caccia da combattimento, i MiG-29 di epoca sovietica, e un sistema di difesa aerea S-300. Ha anche inviato cinque elicotteri, varie armi leggere, 30 veicoli da combattimento e munizioni.
[…] Diverso sarà l’atteggiamento di Bratislava quando si tratterà di decidere il rifinanziamento della European Peace Facility — lo strumento fuori dal bilancio Ue usato per ripagare gli Stati per il sostegno militare a Kiev — che richiede l’unanimità. Anche nel caso dell’approvazione di nuove sanzioni contro Mosca, tutti i 27 Paesi Ue devono essere d’accordo. Così come per le misure di sostegno finanziario.
Vale anche per l’allargamento e a dicembre il Consiglio europeo dovrà decidere se avviare l’iter con Ucraina e Moldavia. L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, da Kiev dove oggi si terrà in via eccezionale un consiglio Affari esteri, è stato cauto nel rispondere alla domanda se la vittoria di Robert Fico avrà un impatto sul sostegno dell’Ue: «Vediamo […], finora l’Unione ha mostrato un’incredibile unità e velocità nelle decisioni, siamo riusciti ad approvare molti pacchetti di sanzioni e questo grazie all’unanimità di tutti, benché ci siano stati Paesi membri anche molto riluttanti, in particolare uno».
Josep Borrell e Volodymyr Zelensky
Il riferimento è all’Ungheria di Viktor Orbán, che in alcuni casi ha rallentato le decisioni minacciando il veto per trarne un vantaggio. Il via libera poi è sempre arrivato e l’Ue è riuscita ad approvare undici pacchetti di sanzioni contro la Russia. Di certo cambiano gli equilibri all’interno del Gruppo di Visegrád e sarà rilevante la posizione che la Slovacchia terrà sulla migrazione […]. Ora Bruxelles sembra più preoccupata da Washington, dopo lo stop degli aiuti a Kiev deciso per evitare lo shutdown e voluto dai repubblicani. «È una scelta che rimpiangeremo», ha detto Borrell esprimendo «sorpresa».
2. TERREMOTO FICO
Estratto dell’articolo di Emanuele Bonini per “la Stampa”
JOE BIDEN E VOLODYMYR ZELENSKY AL VERTICE NATO DI VILNIUS
[…] Robert Fico […] avrà bisogno di una coalizione. Dispone di 42 seggi e per raggiungere quota 76, il minimo per la maggioranza in Parlamento, la scelta potrebbe ricadere sui nazionalisti euro-scettici di Sns (5,6% dei voti, per 10 deputati sicuri) già alleati in passato e soprattutto su Hlas, altro partito socialdemocratico guidato da Peter Pellegrini, ex vice di Fico uscito dal partito Smer per divergenze interne e terza forza con 27 seggi, ora ago della bilancia. Una siffatta coalizione a tre garantirebbe la nascita di un terzo governo a guida Fico, che non gioverebbe all'Ue in termini di agenda, azione e unità. A iniziare dal delicato dossier ucraino.
Il vincitore della contesa elettorale chiude a ogni aiuto militare a Kiev. Assicura che è pronto a fornire «sostegno umanitario» e, come Paese, a essere «pronti per la ricostruzione». Ma sugli aiuti militari chiude, e smorza sul nascere ogni domanda della stampa.
«La nostra opinione su armare l'Ucraina la conoscete». Nessun aiuto a Kiev, e al contrario sponde a Mosca. L'obiettivo è la pace. Perché «altre morti non saranno d'aiuto a nessuno» e perché «gli slovacchi hanno problemi più grandi a cui pensare». Una linea che rompe il fronte intransigente avuto e tenuto dai Ventisette, che rischiano di sparpagliarsi.
L'Ungheria di Viktor Orban sin qui non ha impedito l'approvazione delle sanzioni contro la Russia, ma ha iniziato a insistere sulla necessità di intavolare trattative di pace e smetterla con misure restrittive che penalizzano anche le economie europee. Ora il fronte pro-russo rischia di crescere. La Slovacchia, con Fico in sella, può contribuire a fiaccare la risposta Ue all'aggressiva politica russa.
joe biden a kiev con zelensky 7
Perché Fico frena anche sull'adesione dell'Ucraina all'Ue, ufficialmente per questioni tecnico-pratiche legate a promesse basate su tempistiche rapide, e frena anche su un eventuale ingresso dell'Ucraina alla Nato. E poi, il Kosovo. Mentre la Commissione europea ha il suo bel da fare per facilitare un dialogo difficile con la Serbia, Fico il Kosovo non l'ha mai riconosciuto e non intende farlo, facendo gioco e interessi della Serbia, Paese storicamente amico della Russia. […]
3. GLI AMICI DI PUTIN NELL’EUROPA DELL’EST L’EFFETTO STANCHEZZA RIACCENDE LA RUSSIA
Estratto dell’articolo di Roberto Fabbri per “il Giornale”
Si brinda al Cremlino per la vittoria nelle elezioni in Slovacchia del populista filorusso Robert Fico. […] Nella recente campagna elettorale, Fico […] ha definito «fascista» il governo ucraino e promesso che con lui primo ministro “nemmeno un proiettile sarà più inviato a Kiev”.
Musica per le orecchie di Vladimir Putin, lietissimo di vedere Fico affiancarsi all’altro filorusso ungherese Viktor Orbán nel ruolo di suo cavallo di Troia all’interno dell’Ue e della Nato.
E questo non solo per rendere meno coeso il fronte occidentale che sostiene la resistenza ucraina, ma anche per poter affermare che non tutti gli europei sono allineati con Bruxelles e schierati contro Mosca.
[…] Conta il futuro, e con un esecutivo filorusso a Bratislava affiancato a quello di Budapest […]sarà meno roseo sia per Bruxelles sia per Kiev. Anche se le motivazioni che hanno spinto tanti elettori slovacchi a votare per un vecchio amico di Putin sono soprattutto economiche, questo risultato contribuisce a diffondere la sensazione che una parte crescente delle opinioni pubbliche europee dimostri stanchezza verso la politica di sostegno all’Ucraina, con il suo costo doloroso in termini di inflazione che i cittadini sono chiamati a pagare.
Gli occhi degli osservatori sono adesso puntati sulle imminenti elezioni polacche del 15 ottobre: anche qui le ricadute della guerra pesano, come ha dimostrato la scelta del governo nazionalista di Varsavia (peraltro uno dei più convinti e generosi sostenitori di Kiev) di bloccare l’importazione di cereali dall’Ucraina per non danneggiare i produttori locali.
Il premier Morawiecki, di fronte alle proteste veementi di Zelensky, aveva perfino annunciato uno stop alla fornitura di armi polacche a Kiev, poi rientrato. Tutto questo per intercettare un diffuso malumore di un elettorato impoverito disposto a votare l’estrema destra pur di veder dare la priorità ai propri interessi. […]
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