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Carlo Panella per “Libero Quotidiano”
militari russi posano con foto di putin e assad
Ieri ricognitori francesi si sono levati in volo sulla Siria per rilevare gli obiettivi dei bombardamenti aerei decisi da François Hollande. Decisione priva di senso, priva di strategia (a ragione Matteo Renzi l’ha criticate e non si è accodato) solo utile - forse - a fare aumentare di qualche punto la popolarità di un presidente francese ansioso di cavalcare l’onda di popolarità di Angela Merkel, facendo finta di vendicare la morte sulla spiaggia di Kos del piccolo Aylan Kurdi, bombardando i miliziani dell’Isis della sua Kobane, in cui è ritornato in una bara.
Decisione però perfettamente in sintonia con l’ignavia dell’Occidente che non ascolta le sagge parole dell’adolescente in fuga in Germania: «Volete far cessare l’arrivo di noi profughi? Semplice: fate finire la guerra in Siria!». Ma con i bombardamenti aerei di Obama e ora di Hollande non solo la guerra in Siria non finisce, ma si incancrenisce.
La prova è sotto gli occhi di tutti: da quando sono iniziati i bombardamenti aerei Usa sulla Siria (e sull’Iraq), il Califfato e i suoi concorrenti di al Nusra (al Qaeda siriana) hanno raddoppiato i territori da loro controllati. Il dramma è che Obama sulla Siria che si sta scomponendo, in cui la guerra civile voluta da Assad per restare al potere ha fatto 250.000 morti e manda centinaia di migliaia di profughi in Europa, ha solo una idea: non dare fastidio, non irritare l’Iran che considera Assad un suo alleato indispensabile, tanto che lo difende con migliaia di Pasdaran e Hezbollah.
Per questo si limita a bombardamenti aerei inefficaci e non prende di fatto posizione né pro, né contro Assad (che attacca solo a parole). Ma Obama e Hollande devono ora prendere atto di una conseguenza drammatica di questa scelta.
L’inerzia degli Usa e dell’Europa ha regalato alla Russia di Putin una clamorosa possibilità di diventare determinante in Siria e quindi in Medioriente. L’invio in Siria di migliaia di soldati e ufficiali russi, di sei Mig e della flotta russa attraccata a Tartous ha infatti un fine evidente. Assad ha ormai perso il 70% del territorio siriano, controlla solo il corpo centrale di Damasco (ma è assediato dalle periferie) e la striscia di territorio che la collega a Latakia e a Tartous, nel nord ovest.
Qui, Putin, sta impiantando un forte sistema di difesa (incluse profonde trincee) che gli permetta di garantire ad Assad, anche se Damasco cadrà (e può avvenire) un formidabile «ridotto», un mini Stato governato da Assad e satellite politico e militare di una Russia che così presidia le sue uniche basi navali nel Mediterraneo (Tartous e Latakia, appunto).
SIRIA - UN COMBATTENTE DELL'ISIS
È questo uno sviluppo prevedibile e da molti previsto e ora Obama e l’Europa si trovano di fronte un Putin che non solo ha trionfato in Crimea e in Ucraina,ma che impianta addirittura un suo nuovo Stato satellite sulle sponde del Mediterraneo, peraltro presidio per la lotta all’Isis.
SIRIA - I MILIZIANI ISIS TAGLIANO LA MANO A UN LADRO
Per questo il Washington Post (democratico) e il Wall Street Journal (repubblicano) ormai dileggiano la politica «non interventista» di Obama che porta a questi risultati disastrosi: non contrasta un’Isis sempre più forte, lascia che muoiano centinaia di migliaia di siriani, permette che si crei una biblica ondata di profughi siriani che invadono l’Europa e infine permette a Putin di impiantare la potenza militare della Russia sulle sponde del Mediterraneo. Mai l’Occidente ha dato prova di un tale, abissale, vuoto strategico, le cui conseguenze diventeranno epocali quando divamperà la battaglia per Damasco e la Siria, come nazione, scomparirà dalla faccia della terra.
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