SOCHI CIORNIE - LO ZAR VLAD NON VUOLE FARE UNA FIGURACCIA ALLE PROSSIME OLIMPIADI INVERNALI: ABOLITO NATALE E CAPODANNO PER I 95 MILA GLI OPERAI A LAVORO SUI CANTIERI - SPIATI I CITTADINI DI SOCHI

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Nicola Lombardozzi per "La Repubblica"

Mentre il mondo celebra il suo personale momento magico e il nuovo ruolo strategico della Russia, Vladimir Putin ha una sola vera preoccupazione. Un'ossessione, quasi. È la data del 7 febbraio quando quella torcia olimpica, che continua ad accendersi e spegnersi per la facile ironia della stampa internazionale e degli oppositori interni, compirà il suo fantasmagorico percorso tra orbite spaziali, ghiacci polari e abissi marini, per entrare trionfalmente allo stadio Fisht di Sochi e dare il via alle Olimpiadi Invernali 2014. Sono sei anni che questa data tormenta il Presidente. Ora ha paura di non farcela. Controlla personalmente il lavoro di un popolo di 95 mila operai destinati a difendere l'onore del Paese.

Per loro, intanto, ha deciso di abolire Natale e Capodanno: «Le vostre feste cominceranno solo il 16 marzo, dopo la cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi». I dati dicono che il rischio di una brutta figura è ancora forte. Centinaia di cavi sotterranei sono ancora da sistemare, interi tratti di strada da completare, black out spaventosi dell'energia elettrica paralizzano alberghi e strutture ancora da piastrellare, arredare, collegare a internet o anche alle semplici reti telefoniche. E i giornali stranieri cominciano a divertirsi aumentando l'irritazione del Capo.

Gli americani, in particolare sono spietati. Dal Wall Street Journal che parla di cantieri infiniti, al New York Times che ci mette pure titoli inquietanti sul «pericolo valanghe». Hai voglia di dire che è «la solita propaganda anti russa». Oppure che «Obama vuol vendicarsi della beffa sul caso Snowden, del clamoroso sbugiardamento sulla crisi siriana, o sul colpaccio dell'Ucraina strappata in extremis alla Ue», come fanno capire tra le righe gli uomini del Cremlino.

La colossale macchina costata la cifra spropositata di quasi 30 miliardi di euro sta arrancando davvero. Licenziamenti, minacce, rinforzi dell'ultimo momento, si susseguono freneticamente. Alla fine, probabilmente, l'impresa andrà in porto ma Vladimir Putin si prepara alle Olimpiadi come se scendesse in pista personalmente in una gara che sente di non poter sbagliare.

Sa bene di aver preteso troppo quando ha deciso di volere a tutti i costi portare i Giochi Invernali in una delle poche città russe dove nevica poco e raramente; nel cuore dell'area a più forte concentrazione terroristica del mondo, e in luogo totalmente vergine e mai sfruttato se non da pochi ardimentosi sciatori dilettanti. Una scelta politica innanzitutto. Per dimostrare che quella zona, a un passo dal confine georgiano e dal Caucaso integralista e ribelle, è sotto il pieno controllo di Mosca.

E questo ha portato a uno spiegamento di forze di sicurezza che non è possibile censire ufficialmente. La leggenda popolare parla di un agente per ogni due o tre operai e non è forse molto lontano dal vero. I disagi li soffrono già i cittadini di Sochi che cominciano a lamentarsi dei controlli, delle irruzioni continue nella loro vita privata.

Lo vedranno, e ne parleranno con inevitabile indignazione, i giornalisti, gli addetti ai lavori, gli atleti e anche i semplici tifosi. Per mettere le cose in chiaro sono stati tutti informati che mail, telefonate, sms ed effetti personali saranno controllati senza ulteriori preavvisi.

Ma il problema più grande è quello logistico. Sochi, località balneare strappata alle paludi a fine Ottocento, trasformata da Stalin in attrazione balneare per la nomenklatura è una piccola città d'altri tempi sulle rive del Mar Nero. In febbraio non è difficile vedere qualche turista russo nuotare costeggiando la lunga spiaggia della Majak, adesso dominata dai cantieri di incongrui alberghi e centri commerciali in stile Miami.

A Krasnaja Poljana, la spianata tra le montagne che farà da scenario dei Giochi, può capitare anche per più di un inverno consecutivo di non vedere un solo fiocco di neve. Per questo giganteschi silos costati mesi di sperimentazioni e fiumi di denaro custodiscono come un tesoro la neve accumulata negli ultimi due anni, pronta per essere sparata sulle piste da un sistema di "cannoni" che non ha precedenti.

Anche le valanghe sono un problema, al di là dei compiacimenti americani che fanno arrabbiare il Cremlino. Il rischio c'è in una località che non ha mai vissuto un tale concentrato di costruzioni e di folla. Le barriere realizzate in gran fretta dovrebbero funzionare. Ma l'ansia resta. Putin continua a pretendere «relazioni aggiornate», corregge i piani, taglia dettagli estetici da sacrificare pur di fare in tempo. Ha già indossato idealmente il pettorale e si prepara alla grande sfida.

 

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