DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Alessandro Di Matteo per www.lastampa.it
Si è rotto qualcosa nella maggioranza di governo, la seconda ondata del Coronavirus sta avendo l’effetto opposto della prima, che rinsaldò il premier in affanno per le offensive di Matteo Renzi. Le cose, stavolta, vanno in tutt’altro modo, ed è stato il vice-segretario Pd Andrea Orlando, all’ultima direzione Pd, a descrivere in maniera esplicita il timore che sta facendo fibrillare i democratici, ma anche Matteo Renzi: «Il governo ha costruito la sua forza e la sua credibilità con l'opinione pubblica su due punti: la gestione dell'emergenza e il rapporto con l'Europa.
Adesso su questi due punti rischiamo di andare in crisi». Fa paura la rabbia che monta nelle piazze, il rischio della rottura della pace sociale in un momento drammatico per la vita del Paese, e cresce la convinzione che non si possa andare avanti con la politica dei piccoli passi e dell’attendismo del premier Giuseppe Conte. Tanto Zingaretti quanto Renzi, anche se con strategie e obiettivi diversi, sono ormai certi che l’attuale assetto di maggioranza non basti più a fronteggiare una situazione sempre più esplosiva.
La paralisi della maggioranza
«La seconda ondata certo non si poteva fermare - ragiona un parlamentare Pd - ma è chiaro che scoppia la rabbia delle persone se per mesi dici che in autunno i contagi risaliranno e poi però non garantisci la possibilità di fare tamponi senza ore di coda, non aumenti i posti negli ospedali in maniera adeguata, lasci che la gente si accalchi negli autobus e nelle metro». Il Mes, dicono ora Pd e Iv, sarebbe servito, ma non è stato possibile usarlo per il no dei 5 stelle e per il timore di Conte di finire sotto in Parlamento. «Eppure - continua il parlamentare democratico - con quei soldi avremmo potuto fare qualcosa per tamponi e ospedali...».
dario franceschini e nicola zingaretti alla finestra dell'abbazia di contigliano 5
Ma anche dentro M5s monta l’insofferenza, i 5 stelle ce l’hanno per esempio con la ministra Pd ai Trasporti Paola De Micheli. Dopo l’ultimo Dpcm che ha chiuso i ristoranti i senatori M5s in commissione Trasporti hanno attaccato: «Purtroppo ci tocca constatare che il nostro paese è costretto a nuove restrizioni anche per via di alcuni settori dove si e' lavorato poco. La ministra De Micheli da giorni minimizza, ma quello del trasporto pubblico rimane un problema da affrontare».
Su tutte le ultime norme, di fatto, nella maggioranza è stato scontro: i ministri Roberto Speranza e Dario Franceschini erano per la linea “rigorista”, chiudere il più possibile. Iv - ma anche buona parte di M5s - non voleva chiudere i ristoranti e nemmeno le palestre. Il ministro Roberto Spadafora si è battuto per tenere aperte le attività sportive. Ma soprattutto, appunto, preoccupa la rottura della pace sociale. Le manifestazioni, le proteste degli operatori economici, gli incidenti in piazza.
La voglia di unità nazionale
PAOLA DE MICHELI ROBERTO SPERANZA
Per questo Zingaretti da giorni ha cominciato a chiedere a Conte di «coinvolgere l’opposizione». Il leader Pd è convinto che il premier finora non abbia davvero cercato un dialogo, ma pensa anche che a questo punto sia necessario farlo se si vuole tenere insieme il paese. «Non mettiamo in discussione Conte», assicura un esponente del vertice Pd. Ma è una rassicurazione che non convince molti. Osvaldo Napoli, Fi, la vede così: «L'appello di Zingaretti alle opposizioni per una collaborazione costruttiva nella gestione della pandemia, ha più il sapore di un ultimatum al premier Giuseppe Conte...».
Anche la pressione di Franceschini e del Pd in generale per un lockdown subito, secondo molti, è un modo per mettere il premier di fronte a un bivio. Persino Renzi è arrivato a dire a Repubblica che è «meglio un lockdown serio e spiegato bene come a fatto Macron che non procedere con decreti continui come fosse una telenovela». Di fatto, sia Iv che i democratici stanno creando le condizioni per far ricadere sulle spalle del premier la responsabilità della nuova emergenza.
LUCIA AZZOLINA GIUSEPPE CONTE PAOLA DE MICHELI
Il Pd, come dice Renzi, prova probabilmente a coinvolgere il centrodestra senza - per ora - arrivare ad un cambio di governo e ad un vero e proprio esecutivo di unità nazionale. Un’operazione che anche il Quirinale, raccontano, vedrebbe con forte scetticismo, per usare un’eufemismo: non è consigliabile aprire una crisi nel pieno di una emergenza sanitaria e nel mezzo di una complicata trattativa europea sui fondi europei. Per questo, al momento, i vertici dem assicurano che l’obiettivo è creare un «Comitato di unità nazionale in Parlamento, qualcosa che renda effettivo il coinvolgimento delle opposizioni».
Ma Silvio Berlusconi manda messaggi che vanno ben oltre questo e un parlamentare di Fi spiega: «Per un governo di unità nazionale noi ci saremmo. Non con Conte, ma ci saremmo». Il resto del centrodestra per ora non vuole saperne, al vertice di martedì scorso sia Matteo Salvini che Giorgia Meloni hanno chiarito che non intendono dare aiuti alla maggioranza proprio nel momento in cui si sta incrinando il rapporto tra governo e opinione pubblica. Anche per questo, raccontano, Berlusconi avrebbe detto «mai con Conte». Salvini e Meloni scommettono sulla mancanza di alternative al momento e, quindi, sulla tenuta di un Conte sempre più logorato sul piano del consenso. «E a primavera le elezioni nei comuni potrebbero andare al contrario delle ultime regionali», ragionano nel centrodestra.
salvini e zingaretti alla demolizione della villa dei casamonica 3
Ma la situazione è chiaramente in evoluzione e molto dipenderà dall’andamento dell’epidemia. Se il contagio andasse fuori controllo e la situazione precipitasse la spinta verso una gestione “di tutti” della situazione potrebbe diventare inarrestabile: «Noi diciamo a Conte di coinvolgere l’opposizione proprio per mantenere il timone in mano - dice un dirigente Pd - se le cose precipitassero potrebbe diventare impossibile andare avanti così».
Il rimpasto
Intanto il capogruppo al Senato del Pd, Andrea Marcucci chiede di aprire una verifica per rilanciare l’azione di governo, ma dal Pd arriva un coro di no: sarebbe lunare oggi pensare a un rimpasto
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