DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
Marcello Sorgi per "la Stampa"
No, non deve impressionare più di tanto il gran da fare sul ritorno al proporzionale che si stanno dando i partiti usciti malconci dalla corsa per il Quirinale. Non è la prima volta, anzi negli ultimi anni è già accaduto.
Quando il livello di rapporti tra alleati nel centrosinistra e nel centrodestra si deteriora, al punto da considerare impossibile proseguire con coalizioni nate ormai quasi trent' anni fa, i leader delle diverse formazioni cominciano, o riprendono a parlare del sistema elettorale in voga ai tempi della Prima Repubblica: votare per i partiti, e non per gli schieramenti, e lasciare che i governi si formino in Parlamento, non che siano scelti dagli elettori.
Il paradosso di questo recupero già annunciato - e finora mai realizzato - è che i leader che ne parlano, escluso Berlusconi, appartengono a una generazione che non ha mai sperimentato il proporzionale. Erano ragazzi, o addirittura bambini, nel '93, quando fu archiviato dal referendum di Segni che introdusse il maggioritario. E tuttavia, pur di non dover più passare le loro giornate a trattare con gli alleati, non vedono l'ora di presentarsi singolarmente davanti agli elettori.
I quali, almeno in una prima fase, si ritroverebbero a votare con il proporzionale per le elezioni politiche, tornando al maggioritario per le amministrative e le regionali. Un bel pasticcio. Motivato anche dalla diffidenza lasciata dalla lunga e sterile trattativa sulle candidature per il Colle. Esempi: Conte che tradisce Letta e cerca di recuperare l'asse gialloverde con Salvini. Berlusconi che si vendica dell'accantonamento del proprio nome e si rende disponibile per il nuovo agglomerato centrista aperto anche a Renzi e favorito, appunto, dal ritorno al proporzionale.
Ma l'obiettivo vero della cancellazione delle coalizioni è spingere Meloni, già sola o quasi sola all'opposizione, a restarci, anche se emarginarla, come s' è visto, costa molto in termini di voti. Resta ancora da capire quale sarebbe la maggioranza parlamentare destinata a reintrodurre il proporzionale in un Parlamento in cui - ed è l'altra lezione dell'avventurosa settimana quirinalizia - le maggioranze non esistono più. Si comincia a capire che toccherebbe al governo occuparsene, ponendo la fiducia. Chissà se Draghi ne ha voglia.
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