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Fabio Cavalera per "Il Corriere della Sera"
Non devono essere dossier di poco conto quelli sul caso Litvinenko che ancora sono custoditi negli archivi del servizio segreto. La vedova della spia eliminata dai russi col polonio vorrebbe che finalmente la verità venisse fuori una volta per tutte e ha chiesto al governo, tramite il suo legale, di declassificarli e renderli di dominio pubblico.
Sarebbe un bel passo avanti per andare a ficcare il naso nella rete di complicità , di ricatti, di favori fra le diverse agenzie dell'intelligence immischiate nel caso di avvelenamento dell'ex 007 al servizio prima di Mosca poi di Madrid e di Londra.
Siamo a un passaggio determinante nella lunga inchiesta per alzare il velo sulla identità dei mandanti e dei killer del quarantatreenne Alexander Litvinenko. Ci sono alcuni documenti che portano diritti alla soluzione e sono conservati nei computer del quartier generale dell'«MI6», il fortino di James Bond lungo il Tamigi.
Ma il ministero degli Esteri, nella persona di William Hague, non intende al momento cancellare quella etichetta che vieta la consegna del materiale ai magistrati: una «P» e due «II», ovvero «PII», Public Interest Immunity. In altre parole si tratta di carte che, nelle intenzioni dell'esecutivo, hanno e conservano una immunità speciale. Se infatti il loro contenuto dovesse per qualsiasi ragione essere rivelato, e lo ha ammesso in una nota scritta proprio il Foreign Office, ne risulterebbe «un danno serio all'interesse collettivo».
Quale segreto custodisce il dossier Litvinenko? E per quale ragione Londra copre le trame degli agenti russi che hanno ucciso l'ex ufficiale che, già alle dipendenze di Mosca, era poi passato al doppio gioco a favore degli spagnoli e degli inglesi? Ben Emmerson, il legale che assiste la vedova di Litvinenko, non ha dubbi: «Il governo britannico, al pari del governo russo, tiene coperta la storia perché vi sono enormi interessi commerciali fra i due Paesi che non possono essere messi in discussione».
In pratica, David Cameron sarebbe «sotto ricatto» di Putin: il silenzio sulla morte di Litvinenko in cambio di contratti industriali. «à una macchia sulla giustizia del nostro Paese», denuncia l'avvocato. E al suo fianco si schierano la Bbc e i maggiori quotidiani che si oppongono al Foreign Office e chiedono la massima trasparenza: no alle collusioni e ai silenzi.
Spetta al coroner Robert Owen decidere se imporre al ministero degli Esteri, che ha la gestione politica dell'intelligence, di aprire i cassetti con i dossier sulla morte di Litvinenko. Ed è certamente una fase critica dell'intera trama: «Lì c'è probabilmente la prova che lo Stato russo è direttamente implicato nell'avvelenamento col polonio del suo ex agente», insiste Ben Emmerson. Se davvero quella etichetta di «PII», Public Interest Immunity, cadesse si aprirebbero le porte per una nuova e ben più imbarazzante inchiesta.
Un tassello alla volta il mosaico della spy-story si sta ricomponendo. Pareva quasi impossibile scoprire chi e perché nel novembre del 2006 in un locale pubblico londinese, il Pine Bar del Millennium Hotel in Grosvenor Square, avesse tolto di mezzo con l'isotopo radioattivo polonio-210 l'ex soldato semplice dell'Armata rossa arruolato dal terzo direttorato del Kgb e dell'Fsb (il successore del Kgb). Alexander Litvinenko, lo si è saputo da poche settimane, stava passando all'intelligence spagnola e britannica, attraverso un contatto di nome «Martin», i segreti del Cremlino e la mappa degli intrighi organizzati a Mosca. Fu per questo che gli 007 di Putin lo attirarono in una imboscata e lo avvelenarono.
Da chi partì l'ordine? I dossier top secret del Foreign Office offrono la risposta definitiva. Ma la «Realpolitik» di Londra e quei profumati e ricchi contratti commerciali con Mosca suggeriscono di tacere. La vedova, il legale, la Bbc e i giornali contro il governo: riusciranno ad aprire la breccia?
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