QUIRICO IN MANO AI PREDONI SIRIANI - BONINO: “I RIBELLI SONO IN LOTTA TRA LORO, MA I CANALI SI SONO RIAPERTI”

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1. QUIRICO IN MANO A PREDONI - CON DALL'OGLIO NESSUN CONTATTO
G.Ca. per "Il Corriere della Sera"

Domenico Quirico sarebbe in mano a una banda di predoni siriani con cui già da tempo è in corso la trattativa per la sua liberazione. Dunque l'inviato del quotidiano La Stampa, secondo quanto ha riferito ieri al Copasir il direttore del dipartimento Informazioni e Sicurezza (Dis) Giampiero Massolo, non è prigioniero dei terroristi islamici di Al Qaeda, ma sarebbe stato catturato dalla criminalità ordinaria, comunque vicina ai qaedisti, che però non avrebbe interesse a far precipitare la situazione.

Perciò, secondo il rapporto del numero uno dell'intelligence italiana al Comitato per la Sicurezza della Repubblica, presieduto ieri a Palazzo San Macuto dal vice presidente Giuseppe Esposito, può esserci un «cauto ottimismo» sul sequestro del giornalista scomparso il 9 aprile scorso, dopo essere arrivato dal Libano.

Il silenzio sulla sua sorte finora è stato interrotto soltanto da una telefonata alla moglie. Ma i contatti sarebbero stati avviati da parecchio. «Si sa chi ce l'ha in mano e che ci sono margini per portarlo via, ma la Siria non è un posto facile» spiega una fonte dei servizi segreti all'agenzia Reuters. «C'è bisogno di serenità per lavorare». Pochi giorni fa anche il ministro degli Esteri Emma Bonino si era detta speranzosa sulla sorte di Quirico.

Più complessa la situazione dell'altro italiano sequestrato nella Siria sconvolta dalla guerra civile, padre Paolo Dall'Oglio, di cui non si hanno più notizie dal 27 luglio. L'ultima traccia è stata una email alla famiglia spedita dalla città di Raqqa, nel nord del paese. Secondo la ricostruzione dei nostri servizi di intelligence, il rapimento del gesuita sarebbe avvenuto tra la domenica e il lunedì, durante il viaggio verso una località sconosciuta lungo il fiume Eufrate.

C'è quasi la certezza che il sacerdote sia in mano ad una filiale locale di Al Qaeda chiamata «Emirato di Tal al Abiad» e il suo sequestro sarebbe legato all'attività che stava svolgendo in Siria. Al momento si sta dunque lavorando, anche con servizi alleati e con gli 007 siriani, per stabilire un contatto diretto con il gruppo.

Secondo alcuni attivisti che lo hanno accompagnato dalla Turchia, Dall'Oglio avrebbe dovuto incontrare Abu Bakr Al Baghdadi, capo dello stato islamico in Iraq e nel Levante, per negoziare il rilascio di alcuni ostaggi e una tregua tra jihadisti e milizie curde. «Se non avete mie notizie entro 72 ore preoccupatevi», avrebbe lasciato detto il padre gesuita.
È stato un Ramadan di sangue quello che si è concluso ieri in Siria.

Secondo l'ong Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) le persone uccise nei combattimenti durante il mese sacro sono state 4.420, di cui oltre 300 bambini. E nessun accordo sembra in grado di fermare la carneficina.


2. BONINO: "RIALLACCIATI I CONTATTI - CAUTO OTTIMISMO PER QUIRICO"
Mario Calabresi per "La Stampa"

Esattamente quattro mesi fa si perdevano i contatti con Domenico Quirico, entrato in Siria dal confine libanese per raccontare il fronte più avanzato della guerra civile. Per otto settimane non abbiamo avuto nessuna notizia del nostro inviato, scomparso nell'area di Homs, una delle più terribili del conflitto siriano, un silenzio angoscioso rotto finalmente il 6 giugno con una telefonata di Domenico alla moglie Giulietta dalla quale abbiamo saputo che era stato rapito.

Da quel momento abbiamo sperato che ogni giornata fosse quella buona per riabbracciarlo, ma il destino è stato faticoso e complicato: i contatti che sembravano portare a una soluzione positiva ad un certo punto si sono spenti e siamo ripiombati nel silenzio e nell'attesa. Qui a «La Stampa», insieme alla famiglia, abbiamo scommesso con fiducia sul lavoro delle nostre autorità, coordinato dall'Unità di crisi della Farnesina e abbiamo accettato la linea del silenzio e del riserbo perché ci è sembrata la più indicata per provare ad avere risultati.

Oggi i contatti sono stati riallacciati e come ci racconta il ministro degli Esteri Emma Bonino, in sintonia con il direttore del Dis Giampiero Massolo, il sentimento prevalente è di «cauto ottimismo». Questa intervista nasce proprio per dare un segnale e fare il punto dopo una lunga fase di riserbo e per far sapere ad amici e colleghi che l'impegno in favore di Domenico non si è mai allentato neppure un giorno.

Sono passati quattro mesi dal rapimento di Quirico, come vedete la situazione alla Farnesina?
«Ci troviamo in una fase molto delicata, e la mia non è una frase standard, perché ovviamente non sfugge a nessuno che tutto avviene non solo in una condizione di grande complessità ma anche in un'area in cui cambiano continuamente i soggetti che controllano il terreno. È appena finito il Ramadan e alcune situazioni, che potrebbero influire anche sulla situazione di Quirico, si stanno muovendo».

Ministro Bonino, ci può spiegare qual è la situazione sul terreno e cosa significa questo «movimento»?
«Alla complessità di una situazione di guerra in questi casi bisogna aggiungere un fenomeno marcato di scomposizione e ricomposizione delle alleanze, soprattutto all'interno del fronte anti-Assad, un fronte estremamente variegato e mobile. Ci sono da segnalare poi situazioni nuove, come l'apertura di uno scontro molto cruento tra ribelli curdi e ribelli islamisti. E le cose si stanno muovendo anche nella zona dove pensiamo sia tenuto Domenico Quirico e dove agisce il gruppo che riteniamo lo abbia in mano».

Ma siamo alle ipotesi o ci sono passi avanti?
«I canali che si erano chiusi ora si sono riaperti, sono reali ed estremamente attivi. In questi giorni il lavoro in corso, non trovo una parola più appropriata per definirlo, è febbrile e da questa fase potrebbero scaturire risultati promettenti».

Per questo avete parlato, sia voi alla Farnesina sia Massolo a nome dei servizi nella sua audizione in commissione, di «cauto ottimismo»?
«Sì, siamo speranzosi che dall'attività in corso vi siano esiti ma, attenzione, la fase è cruciale e non si possono fare errori di comunicazione che potrebbero pregiudicare un esito positivo».

Continuate ad essere molto cauti e ad invitare tutti i mezzi di comunicazione a rispettare il silenzio e il riserbo.
«Perché parlare troppo non crediamo porti alcun risultato, è il momento del lavoro silenzioso, da fare con cautela e sotto traccia e questo vale per Quirico come per padre Dall'Oglio. Così ritengo sia inutile strillare e urlare, e poi contro chi?»

Che informazioni abbiamo su quanto succede nella regione?

«L'area molto ampia dove dovrebbe trovarsi Quirico vede scontri armati continui e uno scenario molto instabile di controllo del territorio. Ne è testimonianza anche il caso Dall'Oglio che ha caratteristiche diverse ma ci conferma la pericolosità della situazione anche per una persona accreditata di contatti molto buoni con i gruppi che operano nella regione, gruppi che padre Dall'Oglio conosceva molto bene».

Ma in questo scenario di instabilità e movimento, esistono punti fermi sui quali fare affidamento?
«Bisogna notare un consolidamento della leadership dell'attuale presidente della Coalizione siriana anti Assad, si chiama Jabra ed è stato eletto da poco alla riunione di Istanbul, dopo settimane di trattative».

Di che area e influenza è espressione?
«Gode del sostegno dell'Arabia Saudita, diversamente dal predecessore Sabra che era espressione di orientamenti più vicino a Qatar e Turchia, che tra l'altro sono stati i due Paesi sostenitori della fratellanza musulmana in Egitto e Tunisia e questo ci porta naturalmente ad allargare il discorso all'instabilità regionale. Stiamo assistendo a uno scontro interno alla famiglia sunnita che vede in questo momento prevalere i sauditi e che, insieme ad altre ragioni, come lo scontento locale per ragioni sociali ed economiche, ha portato alla caduta di Morsi. Ora però c'è da augurarsi che regga la Tunisia».

Lei ha visto il ministro degli Esteri russo, avete parlato anche di Siria e dei casi dei rapiti italiani?
«Certamente, abbiamo condiviso le informazioni, quanto allo scenario futuro entrambi riteniamo che non ci sia una soluzione militare ma solo una faticosa ricerca di arrivare ad una Ginevra 2».

A metà luglio lei ha incontrato Giulietta Quirico e la figlia Metella e in quell'occasione ha ribadito loro tutto il vostro impegno, può aggiungere qualcosa oggi?
«Prima di tutto voglio esprimere alla famiglia di Domenico, a sua moglie e alle sue figlie la nostra vicinanza attiva, mia e di tutta la Farnesina, e ricordare loro che noi lavoriamo ogni giorno con pazienza, con testardaggine e con una buona dose di sano realismo, per questo coltiviamo la speranza».

 

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