DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
Mattia Feltri per “La Stampa”
Alessandro Di Battista e Stefano Rodota
Giovedì se Dio vuole si comincia: quindici giorni di attesa, il tempo necessario perché i consigli regionali procedano alla scelta dei grandi elettori, segnano i ritmi risorgimentali delle nostre regole democratiche. Le due settimane avrebbero anche lo scopo di consentire ai partiti le riflessioni e le intese adeguate all’individuazione del nuovo presidente della Repubblica, ma la sintesi fra l’aristocratica flemma presupposta in Costituzione e la bolgia frenetica della stagione di twitter non pare raggiunta.
Il dibattito si è spostato fino a un planetario vaniloquio prossimo alla cagnara, e la decina abbondante di candidati da noi suggeriti in questa pagina potrebbero essere il doppio, senza per questo consentirci una più credibile approssimazione.
GIANCARLO MAGALLI VERSIONE NAPOLEONE
Persino un piccolo tempio dell’autoproclamato rigore morale, la redazione del Fatto quotidiano, ha subito la blasfemia degli eredi digitali del mitologico popolo dei fax: nelle consultazioni online il conduttore televisivo Giancarlo Magalli viaggia con circa diecimila voti di vantaggio su Stefano Rodotà; e non è una goliardata, sembra più una terribile presa per i fondelli del piglio e del cipiglio, tanto che lo stesso Magalli ha rifiutato l’offerta del giornale: si è preso sul serio e non si ritira per restituire il primo posto a Rodotà.
renzi grasso napolitano boldrini
STATO DI GRAZIA
E perché non dovrebbero essere sacrileghi da casa, se nel frattempo in quell’altro tempio ma dell’immoralismo (mal mascherato e mai nobilitato) che è Forza Italia chiedono un uomo di alto profilo, autorevole, europeista, non divisivo: bell’elenco di inoppugnabili aggettivi buoni a definire chiunque, o più probabilmente nessuno. In realtà la condizione esplicita di Forza Italia è qualcuno disposto a restituire a Silvio Berlusconi agibilità politica: sostantivo+aggettivo = grazia.
Di alto profilo, autorevole eccetera, sono tutti d’accordo. Il più abile sembrerebbe Matteo Renzi che lancia fuggevoli e contraddittori identikit - non sarà del secolo scorso, non sarà prodotto di partito, sarà come Napolitano - per cui tutti gli girano attorno senza riuscire a intavolare un discorso.
Nel Pd, dunque, c’è diritto di cittadinanza per qualsiasi stramberia, e un giorno esce la notizia che il nuovo presidente non potrà essere un ex segretario, come Dario Franceschini o Walter Veltroni, quell’altro che non potrà essere un attuale ministro, come Pier Carlo Padoan o Graziano Delrio, e poi la minoranza della minoranza che suggerisce un NN, drammatico acronimo che un tempo stava per nescio nomen - non conosco il nome - attribuito ai trovatelli, e adesso significa Non Nazareno: in fondo un Grande Trovatello.
FIGLI DI NN
L’invito a sposare l’idea dell’NN ai cinque stelle pare ottimisticamente indirizzato, perché nel turbine dell’hellzapoppin’ i grillini hanno ruolo da protagonisti: rinunciano alle quirinarie di due anni fa, immaginano rose di nomi, chiedono altrettanto a Renzi, ricevono un invito nella sede democratica e a quel punto decidono di rispondere dal palco di una Notte dell’onestà che relega il resto del mondo alle tenebre del malaffare: e al demonio si stringe la mano e no?
E poi chi sarebbe questo NN? Si dice Romano Prodi, e dal Movimento hanno fatto un salto sulla sedia: «Dovremmo votare il responsabile principale di questo euro?». Ecco, serve altro, e si tratterebbe di ingolosire anche Matteo Salvini il quale, per non prendere parte al festival, o forse perché troppo impegnato nel tour televisivo, trascura platealmente la questione.
BANDIERA BIANCA
Si trascorrono i giorni tracciando ascisse e ordinate nella speranza di attribuire disciplina cartesiana a un’enorme riffa, nella quale rivestono legittimi ruoli di un quarto d’ora gli strateghi occulti, i luogotenenti, le seconde file, e dove ogni ipotesi raggiunge il livello di sufficiente plausibilità: Forza Italia avrà un candidato di bandiera, è Antonio Martino, anzi no, e il Pd voterà scheda bianca per tre turni, o per due, ma per niente.
L’ultimo ha ragione, e si tratta di resistere ancora pochi giorni, poi comincerà il rito spossante del catafalco, di mille e più elettori chiamati a passarci sotto per mettere la scheda nell’urna, la prima chiama e, per gli assenti alla prima, la seconda, la lettura delle schede una a una, ci sarà chi scriverà Rocco Siffredi per scherno, si riderà dandosi di gomito in attesa che la messa sia finita.
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