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Ugo Magri per "la Stampa"
Martedì la Camera finalmente voterà la legge elettorale. I deputati avranno 20 ore per pronunciarsi sui 225 emendamenti già ammessi (e sugli altri in arrivo di qui a lunedì). Nessuno si attende che il testo verrà stravolto. L'unica non lieve incognita riguarda il cosiddetto «emendamento Lauricella», dal nome del proponente, che mira a rinviare di mesi o addirittura di anni l'entrata in vigore della legge. Con quale argomento? Che prima bisogna fare la riforma del Senato, altrimenti correremmo il rischio di maggioranze opposte nei due rami del Parlamento.
L'emendamento sarà votato entro mercoledì mattina, non è dato sapere se a scrutinio segreto o palese (deciderà la presidenza della Camera). Un voto alla luce del sole costringerebbe Renzi a scoprire le carte. Per stare ai patti col Cavaliere, e mandare avanti le riforme insieme a lui, dovrebbe far bocciare l'emendamento; per non mancare alla parola con Alfano, invece, il premier sarebbe tenuto a un via libera... Silvio è sicuro che Matteo non oserà tradirlo, così perlomeno gli ha garantito l'«ambasciatore» Verdini a seguito di contatti anche recenti con il diretto interessato.
Stessa convinzione la nutre Angelino, il quale si era fatto dare precise garanzie dal non ancora premier in presenza di ben 4 testimoni. L'ideale a questo punto per Renzi sarebbe un bel voto segreto dove, comunque ne voglia pilotare l'esito, lui ne possa scaricare la colpa sui «franchi tiratori».
La novità delle ultime ore è che nel suo stesso partito poco si fidano. Tanto che a Palazzo Madama, dove approderà la legge, già si alzano i cavalli di Frisia. à di ieri un documento con le firme di 25 senatori Pd (ma si prevede che diventeranno 30, pari a un quarto dell'intero gruppo democratico) dove si chiede la precedenza per la riforma del Senato, proprio come vorrebbe l'emendamento Lauricella.
Promotore dell'iniziativa è il lettiano Russo, al quale si sono accompagnati senatori vicini a Franceschini, a Bersani, ai «giovani turchi»: uno schieramento trasversale che avverte Renzi di non esagerare con Berlusconi, e soprattutto di non tornare alle urne prima di 12 mesi, perché allora sì che scoppierebbe la rivolta. In sostanza, vogliono che sull'«Italicum» Renzi proceda, sì, ma «adelante» e «con juicio».
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