
DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È…
Giovanna Casadio per “la Repubblica”
Gli altolà di Bersani. La preoccupazione di Cuperlo, che è andato al Quirinale ad esprimerla a Mattarella. L’ironia di D’Alema. La sinistra dem è sulle barricate, contro una campagna per il Sì al referendum costituzionale di ottobre che rischia di provocare «una drammatica spaccatura nel campo democratico e costituzionale». Sono le parole dell’ex segretario del Pd. Bersani pone un ultimatum: abbassare i toni, ascoltare e rispettare le ragioni di chi è per il No alla riforma della Carta, cambiare l’Italicum.
Gianni Cuperloe bersani article
Ma Renzi va convintamente avanti sulla linea d’attacco. Dal Giappone, dove si trova per il G7, il premier rinvia ai mittenti l’accusa di deriva autoritaria e di svuotamento della democrazia (di cui ha parlato Gustavo Zagrebelsky su Repubblica): «Le riforme non toccano i poteri del governo e del presidente del Consiglio, ma aumentano i poteri dell’opposizione e dei cittadini». E incassa l’appoggio della Confindustria: «Le riforme sono la strada obbligata per liberare il paese soffocato dall’immobilismo e dai veti delle minoranze e dei particolarismi».
LIBERTA E GIUSTIZIA GUSTAVO ZAGREBELSKY jpeg
Dice Vincenzo Boccia, al suo esordio come presidente degli industriali. Ricorda Boccia che dal 2010 Confindustria è per superare il bicameralismo paritario e il titolo V, e «ora vediamo il traguardo a portata di mano». Quindi Sì alla riforma costituzionale e al referendum. Un appoggio che manda su tutte le furie le opposizioni, dalla Lega a Forza Italia: «Boccia è diventato portavoce di Renzi?».
Tuttavia è la nuova legge elettorale la mina vagante nella maggioranza di governo e nel Pd. «Se si alzano i toni, il Sì cosmico rischia di richiamare un No cosmico. Voglio solo sopire questa aggressività, perché mettere le dita negli occhi a chi ha obiezioni su questa scelta? Dice: mi dimetto. Ma cosa ti dimetti?! Non c’entra il governo. Non voglio un nuovo Senato sulle macerie della democrazia», avverte sempre Bersani.
Insiste anche Roberto Speranza, altro leader della sinistra del Pd: «Approvata la riforma si rimetta subito mano all’Italicum, io mi sono dimesso da capogruppo per bocciare la nuova legge elettorale in Parlamento». Sembra questo il punto di non ritorno: l’aut aut della sinistra dem, che se non c’è un impegno politico di Renzi sulla legge elettorale, potrebbe essere tentata dal No al referendum. Per ora non c’è nessuna apertura renziana. Il vice segretario del Pd, Lorenzo Guerini afferma: «L’Italicum non è all’ordine del giorno». Chiude la questione.
Il malumore cresce. Cuperlo ritiene la iper personalizzazione del referendum il vero congresso del Pd a cui Renzi ha dato inizio. Enrico Letta, l’ex premier dem scalzato da Renzi, e chiamato in causa di nuovo come possibile sfidante, precisa e si chiama fuori: «Faccio un lavoro che mi piace e che mi porta a un impegno internazionale...prendo posizione sulle vicende italiane ma non tiratemi in un dibattito pre congressuale del Pd». Sul referendum appunto, aveva criticato: «Sta diventando una corrida...». Interviene Massimo D’Alema, ex premier: «Se si va verso un sistema in cui la metà dei deputati saranno nominati dai capi dei partiti e i senatori saranno nominati dai consigli regionali, ai cittadini cosa resta da fare? Giocare a briscola?».
I bersaniani chiedono anche di mettere subito in cantiere in Parlamento la legge per l’elezione diretta dei futuri senatori: se il governo non si muove non rispettando l’intesa con la minoranza dem, allora siano i parlamentari a presentare un testo. Anche su questo i renziani fanno orecchie da mercante, ricordando che formalmente se ne può parlare solo a riforma costituzionale approvata. Renzi incamera anche un “liberi tutti” delle Associazioni combattenti (che include l’Anpi, schierata per il No e con cui ci sono state forti polemiche): «Lasciare libertà di voto ». Incontro Pd-Idv per il Sì.
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