DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Nel corso del 2014 il presidente Renzi e Silvio Berlusconi si sono già visti sette volte. E anche se l’incontro di oggi sarebbe l’ottavo, conoscendo un po’ i due soggetti nulla vieta di pensare che qualche appuntamento sia sfuggito alla pubblica opinione — il brivido clandestino essendo privilegio degli innamorati, come dice D’Alema.
Conviene comunque attenersi all’ufficialità. Per cui il primo abboccamento, conclusosi all’insegna della «profonda sintonia », avvenne il 18 gennaio al Nazareno con gran spolvero di dettagli, uno dei quali ambientava il colloquio fra le due ristrettissime delegazioni sotto un poster raffigurante Che Guevara che giocava a golf.
Ancorché misterioso nei suoi termini e nei suoi sviluppi, il patto sulla legge elettorale venne poi accompagnato da singolari apprezzamenti dei protagonisti, fra calcio e devozione. «Vi è piaciuto il cucchiaio?» s’inorgoglì dunque Renzi evocando i gol di Totti; mentre all’house-organ del berlusconismo, il settimanale « Chi », parve opportuno segnalare che l’auto del Cavaliere era entrata nella sede Pd dal lato di una chiesa, Santa Maria in Via, nota per detenere una sacra immagine della Vergine particolarmente miracolosa.
E adesso non è per mancare di rispetto alla pretesa Madonnina dell’Italicum, ma dopo il secondo incontro, 19 febbraio, alla Camera, l’elemento sacro decisamente cedeva al profano, e oltre, se è vero che per scaldare l’atmosfera — cosa per lui fondamentale — Berlusconi s’era messo a raccontare le sue rinomate conquiste femminili e giovanili, con nomi e cognomi, fino a scandalizzare Delrio.
Ragion per cui, conclusosi il colloquio pure in quel caso finalizzato alle più indecifrabili e soporifere articolazioni d’ingegneria elettoralistica, il giovane premier aveva potuto riconoscere a proposito del suo anziano interlocutore: «E’ ancora il numero uno, in gran forma, un cazzaro insuperabile».
Spesso e volentieri il potere vive (anche) di queste cose: otto incontri, e ben tre dalla fine dell’estate, dicono molto, ma nascondono quasi tutto. Per forza di cose e di orari — non se ne abbiano a male i retroscenisti — non di rado i contenuti di queste riunioni di vertice restano avvolti nel prevedibile e nel generico.
Matteo Renzi e Massimo D Alema
Sui quotidiani del giorno dopo lo schema grosso modo si ripete. Da fonte berlusconiana si intuisce che il Cavaliere, ai servizi sociali ma pur sempre uno statista, dà al premier consigli di politica estera, Ucraina, Siria, Libia, addirittura. Da parte renziana s’indovina regolarmente una gran fretta e un’immensa determinazione perché lui non vuole perdere tempo. Così sono sempre contenti entrambi, i due massimi comunicatori.
E però. La cosa incredibile, in una civiltà che come l’odierna è fondata sull’immagine, è che di tutti questi ripetuti e frequentissimi incontri non s’è mai vista una foto, che sia una. Non solo, ma al termine di una sommaria per quanto diligente indagine iconografica ci si sente autorizzati a concludere — cosa obiettivamente significativa nella sua bizzarria — che nella più diffusa abbondanza di archivi e immagini on line non esistono proprio foto di Berlusconi e Renzi insieme. Nemmeno in passato, né allo stadio, né in qualche cerimonia, a teatro, in Parlamento, fuori Italia, a messa, per strada, per sbaglio, niente.
Così s’è venuto a sapere che il 14 aprile Silvione s’è precipitato a Palazzo Chigi lasciando a bocca asciutta 200 imprenditori che avevano pagato mille bombi per mangiare con lui a villa Gernetto; che il 3 luglio Renzi l’ha accolto a colazione nel suo appartamento per ben due ore; che il 6 agosto gli ha fatto fare un bel giro per gli uffici dopo averlo preso sottobraccio come un buon figliolo; che il 17 settembre il Cavaliere ha rassicurato gli onorevoli renziani Guerini e Lotti, milanisti convinti, sul suo ruolo di presidente; e che invece il 5 novembre niente Milan, niente piccante auto-gossip e niente barzellette, che pure naturalmente le altre volte sono risuonate.
Frattanto l’Italicum tentenna, il Job act pencola, i conti non tornano, la corsa per il Quirinale è incerta. Ma in questa mancata, anzi negata trasparenza Berlusconi e Renzi sono veramente e soprattutto d’accordo. Si direbbe il patto dell’invisibile e del non-visto. Curioso, no?
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