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MINZO CHE TRAPPOLONE - RENZI INCAZZATO COI SENATORI PD PER AVER SALVATO L'EX DIRETTORE DEL TG1, UN GRAN REGALO PER I 5 STELLE - SILVIO TORNA ALL'ATTACCO: CAMBIARE LA LEGGE SEVERINO, TORNARE ELEGGIBILE E CONQUISTARE QUEL 5% DI VOTI CHE SECONDO I SUOI SONDAGGI VALE LA SUA RIABILITAZIONE

MINZOLINI FESTEGGIATO DOPO IL VOTO CHE HA EVITATO LA SUA DECADENZAMINZOLINI FESTEGGIATO DOPO IL VOTO CHE HA EVITATO LA SUA DECADENZA

 

1.

RENZI E IL VOTO SU MINZOLINI: NON È STATA UNA MIA SCELTA TIMORI DELL' EFFETTO BOOMERANG

Maria Teresa Meli per il ''Corriere della Sera''

 

Matteo Renzi non era stato consultato per decidere come avrebbe dovuto votare il gruppo del Pd al Senato sul «caso Minzolini». E fin qui tutto (quasi) normale. L' ex premier non è più il segretario del partito.

 

La linea

Ma la linea della libertà di voto non era stata concordata nemmeno con il «reggente» dei «Democrats», ovvero il presidente dell' Assemblea nazionale Matteo Orfini. Per farla breve, i vertici del Pd non erano stati avvisati prima del tempo. E la cosa ha fatto arrabbiare non poco Orfini, che l' altro ieri era su tutte le furie per la decisione presa dal gruppo. Più pacato nella sua reazione Renzi, che però, con alcuni parlamentari a lui molto vicini, non è riuscito a nascondere un certo disappunto: «Non è stata una mia scelta», ha spiegato loro l' ex segretario.

 

E ora i renziani temono l' effetto boomerang di quella scelta, soprattutto dopo la polemica pesante fatta dai Cinque Stelle per «screditare il Pd». I so-stenitori dell' ex segretario maliziosamente aggiungono: «Magari l' unico preavvertito è stato Berlusconi, visto che utilizzerà l' esito di quella votazione per perorare la sua causa a Strasburgo.

MINZOLINI FESTEGGIATO DOPO IL VOTO CHE HA EVITATO LA SUA DECADENZAMINZOLINI FESTEGGIATO DOPO IL VOTO CHE HA EVITATO LA SUA DECADENZA

Evidentemente anche nel Pd c' è chi farebbe di tutto per allungare la legislatura rabbonendo Forza Italia che al Senato è importante, visti i numeri».

 

Già, quel Senato che Renzi con i suoi abitualmente definisce la «palude», perché è soprattutto lì che si cercano i compromessi. Ma «palude», per l' ex segretario, è un po' tutto ormai.

 

E lui si sente - e vuole sentirsi - lontano anni luce dai «giochini della politica», come ha detto più volte. Agli amici in questi giorni la racconta così: «Vedo che mi attribuiscono tante scelte che non sono mie. Io mi sto occupando dei problemi concreti. Dei vaccini, degli incidenti stradali, della situazione di Amatrice dopo il terremoto, del viaggio che sto facendo per l' Italia per ascoltare quello che ha da dire la gente...».

 

Le confidenze

L' ex premier teme che anche la Commissione d' inchiesta sulle banche, a cui tiene molto, finirà per annegare lì nella «palude».

Sono confidenze che fa ai fedelissimi, ogni tanto, perché effettivamente in questo momento la sua mente è altrove. Al programma che Tommaso Nannicini sta scrivendo, alle primarie e al suo trolley, ovviamente, con il quale ha ripreso a girare il Paese dopo il Lingotto.

 

Ma ci sarà un momento, dopo il Congresso, in cui Renzi, se verrà eletto segretario, dovrà occuparsi nuovamente di problemi che adesso sembrano annoiarlo.

RENZI LOTTIRENZI LOTTI

Della legge elettorale, per esempio. Su quel terreno potrebbe avvenire la tacita intesa con FI, non su quello che i renziani definiscono «il fantomatico scambio Lotti-Minzolini, perché basta vedere i numeri della votazione sulla mozione di sfiducia per capire che quello scambio non aveva motivo di esserci».

 

L' attesa Della riforma ora non parla nessuno. Aspettano tutti l' esito del Congresso del Pd. Tutti aspettano e tutti non fanno altro che pensare a questo. Tempo fa Renzi aveva spiegato a più di un parlamentare del Pd che se Berlusconi ci avesse riflettuto bene avrebbe capito che la legge scaturita dalla Consulta andava benissimo anche a lui.

 

 

Non c' è bisogno di un Nazareno bis o di una telefonata per comprendere che gli interessi sono oggettivamente convergenti: non abbassare le soglie, per evitare il frazionamento del futuro Parlamento, che non conviene né a Forza Italia né al Pd, e non concedere il premio di coalizione che, nel centrodestra regalerebbe la golden share dell' alleanza alla Lega, e nel centrosinistra costringerebbe Renzi alla trattativa continua, come ai tempi dell' Unione.

 

 

2. BERLUSCONI E LA SEVERINO IN BILICO "CAMBIAMOLA, POI LARGHE INTESE"

Tommaso Ciriaco per 'la Repubblica'

 

GHEDINI IN CASSAZIONE FOTO LAPRESSE GHEDINI IN CASSAZIONE FOTO LAPRESSE

«Adesso tocca a loro - si esalta in privato Silvio Berlusconi -. Basta poco per cambiare questa legge assurda. Il mio ministro degli Esteri nel governo Gentiloni è già al lavoro...». Il "suo" ministro degli Esteri è naturalmente Fedele Confalonieri, vicinissimo all' attuale premier.

 

L' operazione che ha in mente il Cavaliere, in effetti, prevede un intervento mirato per ritoccare la legge Severino, che il caso Minzolini ha inaspettatamente indebolito. Pare ci creda veramente, stavolta. E avrebbe anche una contropartita da offrire: «Se permetteranno a Forza Italia di schierare il suo leader alle elezioni - giura solennemente - dopo il voto saremo responsabili ».

 

Le larghe intese del domani, insomma, passano da un patto con il Partito democratico sulla norma più odiata dalle parti di Arcore.

L' operazione è ai limiti del praticabile. Al di là del merito, i democratici conoscono bene i rischi di una campagna mediatica dei cinquestelle, che avrebbe un unico slogan: "Inciucio". Eppure, qualcosa si muove, anche se per adesso soltanto con prese di posizione individuali. L' ultima ieri, quando la berlusconiana Laura Ravetto ha stuzzicato in tv la dem Alessia Morani: «La Severino va ripensata ».

 

E la vicecapogruppo renziana col pallino della giustizia ha replicato: «Vogliamo correggerla? Io dico sì, mettiamoci le mani». L' altra ipotesi, quella a cui lavora da tempo l' avvocato Niccolò Ghedini, punta tutto sull' intervento della Corte di giustizia europea. La sentenza è attesa per l' autunno (si diceva così anche nel 2016, però), con la speranza che renda Berlusconi nuovamente candidabile. Il caso Minzolini, in questo senso, ha regalato fiducia.

alessia morani  alessia morani

 

Fosse di nuovo spendibile, cambierebbe lo scenario. Innanzitutto perché smonterebbe il "ricatto" leghista. Certo, pubblicamente il leader predica l' unità, ma ufficiosamente è di tutt' altro avviso: «Stavolta niente Salvini». Anche perché l' attuale legge elettorale sconsiglia listoni. Diverso sarebbe con il premio di caolizione: «In quel caso - sogna di tanto in tanto - potremmo rivincere. Come? Noi al 21%, come nel 1994 o nel 2013, la Lega al 15% e la Meloni al 5%: ecco il 40%».

 

Propaganda, al momento. Lo scenario più probabile è che resista proprio l' attuale sistema. E che nel 2018 vinca l' ingovernabilità. Non andrebbe poi così male, visto che nello scenario più estremo resterebbe in carica fino a nuove elezioni proprio Gentiloni, «un amico ». Oppure che da un patto tra Pd e Forza Italia spunti fuori Dario Franceschini, con il quale c' è feeling.

 

PAOLA SEVERINO GIANNI LETTA SILVIO BERLUSCONI PAOLA SEVERINO GIANNI LETTA SILVIO BERLUSCONI

Per adesso conta restare competitivi. E non ridursi a una forza-bonsai, spettro che comunque non c' entra nulla con la visita fatta ieri dal Cavaliere a un vivaio di Pistoia. Per mantenere in piedi la baracca, il leader ha deciso di sondare gli umori della gente. Per questo, giurano i suoi, viaggia in treno chiacchierando con i passeggeri, oppure visita McDonald' s. Oggi, comunque, andrà sul sicuro: ha in agenda un summit con duecento over 65 a villa Gernetto. «Almeno loro - ha scherzato alla vigilia - continuano a votarmi».