DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Ugo Magri per “la Stampa”
Per qualche ora la visita di Putin ha generato l’euforia tipica dell’alta quota, l’ingannevole visione di un’Italia protagonista mondiale. Ma tolti Renzi, Mattarella, il Papa e Berlusconi (sì, pure lui è riuscito a colloquiare con Zar Vladimir, sebbene quasi sulla pista di decollo), la nostra politica si è dedicata alla nuova tegola piovuta sugli alfaniani: la richiesta di arresto da Trani per il senatore Azzolini (Ap). Avrebbe partecipato al crac di una clinica pugliese, la Divina Provvidenza. Subito uno stuolo di avvoltoi si è alzato in volo, dal momento che a molti fa gola la sua poltrona di presidente della commissione Bilancio al Senato, con relativi benefit.
Dilemma renziano
Per essere coerente con se stesso, il Pd non potrebbe che votare l’arresto: così si è sempre regolato nelle ultime occasioni. Ma stavolta il premier correrebbe dei rischi. Perché Ncd compatta solidarizza con Azzollini, «venderemo cara la sua pelle» promettono i colleghi del senatore pugliese. Da quelle parti c’è grande malessere, la sensazione sgradevole dei vasi di coccio, il timore di non avere un futuro. L’arresto di Azzollini farebbe detonare un’area sempre più decisiva per gli equilibri di governo.
Ecco dunque spiegato come mai circolino in queste ore versioni rasserenanti sulle vere intenzioni di Renzi. Che da una parte annuncia a Milano la ferma volontà di velocizzare l’«operazione pulizia» a scapito dei corrotti, ma dall’altra ha già dato prova (nel caso del sottosegretario Castiglione) di non essere preda di furori giustizialisti, semmai il contrario. Su Azzollini risulta che il premier deciderà a tempo debito, senza seguire un codice prestabilito, ma in base alla valutazione politica del momento.
Frenata sui gay
Con i centristi «devoti» già tanto agitati, figurarsi se il Pd poteva metterci un carico da undici e dare via libera alle trascrizioni del matrimoni omosessuali celebrati all’estero. Nel dibattito alla Camera, inesorabilmente, sono state bocciate tutte le mozioni in tal senso (Vendola protesta: «Un cedimento ad Alfano»).
Azzurri, ma senza Verdini
L’ex braccio destro di Berlusconi è virtualmente fuori dal partito. Tre ore di faccia a faccia con Silvio non sono bastate ad avvicinare i due tranne, forse, che sul piano umano. A fine cena si sono lasciati senza reciproci «vaffa» (notevole passo avanti), ma con distanze politiche abissali. Berlusconi difende il suo «cerchio magico» che Denis avrebbe voluto asfaltare. E continua a pendere verso Salvini, anche perché ormai hanno un figlio insieme, nel senso che Toti governatore della Liguria è il frutto dell’alleanza con la Lega. Insomma, Verdini non ha strappato le condizioni minime per restare. La buona notizia per Renzi è che la pattuglia dissidente sarà pronta a votare le sue riforme, incominciando da quella scolastica.
angelino alfano e moglieVerdini Denis
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