DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
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La si può pensare come si vuole sulla questione di fiducia messa da Matteo Renzi sull’Italicum. Si può dire che è il degno erede di Benito Mussolini, che la usò per far passare la sua legge elettorale nel ’23. E si può dire che invece è il solo modo per “uscire dalla palude” del non decidere, come vuole la vulgata renziana. In ogni caso alcune cifre aiutano a capire lo stile di governo del nostro premier, atteso che utilizzare troppo la fiducia equivale a strozzare il dibattito in Parlamento e alla lunga limita e impoverisce la democrazia.
Romano Prodi, nel suo secondo governo (2006-2008) ha adoperato pochissimo l’arma della fiducia: solo 27 voti in 24 mesi. I maligni potranno dire che girava alla larga perché aveva numeri assai risicati al Senato e quindi evitava la conta, ma la sua media è la più bassa degli ultimi 10 anni e si fissa a quota 1,12 voti al mese.
Poi è arrivato Silvio Berlusconi, spesso accusato dalle opposizioni di avere un sovrano disprezzo per il Parlamento. Ebbene anche Berlusconi, che a differenza di Prodi aveva una solida maggioranza, ha usato la fiducia con parsimonia: 52 volte in 43 mesi, con una media di 1,20. E infatti mai nessuno ha protestato per come utilizzava lo strumento.
Alla caduta del Cavaliere è arrivato Mario Monti e qui le cose sono cambiate bruscamente. Il professore bocconiano, sostenuto dalle “larghe intese”, ha usato spesso il ricatto della fiducia in una situazione in cui sembravano mancare le alternative alla sua salvifica missione. Con Monti i voti di fiducia sono stati ben 51 in 18 mesi, con una media di 2,83 al mese, il doppio dei predecessori.
Quando lo scettro di Palazzo Chigi è passato nelle mani di Enrico Letta si è tornati a un uso soft del potere e alla fiducia si è ricorso soltanto 16 volte in 10 mesi (1,6 al mese). Ma le cose sono di nuovo bruscamente cambiate quando è arrivato #staisereno Matteo. L’attuale presidente del Consiglio ha iniziato subito a mettere la fiducia, perfino sui decreti delle missioni all’estero o per le carceri. Pur avendo un’ampia maggioranza, specie alla Camera, il premier spaccone con le votazioni sull’Italicum avrà messo la fiducia in 41 occasioni. Visto che è al governo da 14 mesi, fanno 2,93 al mese: ovvero più del doppio di Berlusconi e Prodi e di più perfino del recordman Monti.
Renzi, insomma, soffre nettamente di “fiducite”. Ma, forse a soffrirne più di tutti è la qualità della democrazia e del confronto politico. L’enormità di 41 voti di fiducia in meno di un anno e mezzo ci dicono che a Palazzo Chigi c’è un signore che ama governare con la pistola sul tavolo.
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