DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL…
Maria Teresa Meli per il Corriere della Sera
Matteo Renzi continua a ragionare sulle elezioni a giugno. Non prevede «un piano B», almeno al momento, e sta lavorando sulle consultazioni.
Anche su quelle comunali. E infatti sta già vagliando le candidature. Per Genova, una delle città più importanti chiamate al voto, è forte l' ipotesi di far scendere in campo Roberta Pinotti.
Al governo dagli inizi della legislatura (sottosegretaria con Letta, ministra della Difesa con Renzi e Gentiloni), in Parlamento dal 2001, è lei la carta che il Pd vorrebbe giocarsi.
Ovviamente, con ancora maggior impegno, il segretario riflette sulle elezioni politiche. «Dobbiamo organizzare il partito - ha spiegato ai suoi - perché tra qualche mese potremmo trovarci in campagna elettorale».
Per arrivare al risultato dell' 11 giugno, bisognerà sciogliere la legislatura intorno al 15-20 aprile. Ma per farlo occorre approvare la riforma elettorale, tenendo conto del fatto che la sentenza della Corte è prevista intorno al 10 febbraio e che «soprattutto da essa - sottolinea un renziano d' alto rango - dipenderà la possibilità di andare alle elezioni».
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Il segretario, che intanto si sta organizzando per la sua «nuova vita» e per questo ha preso degli uffici a Firenze e sta cercando un appartamento a Roma, nega di voler fare intese privilegiate con Forza Italia. «Nessun Nazareno bis, tratteremo con tutti», ha detto in questi giorni ai suoi interlocutori. Ma l' accordo con i 5 Stelle, gli appare «irrealistico», ha detto ai fedelissimi. E dei leghisti poco si fida. Quindi si torna a Berlusconi.
In realtà in quest' ultimo periodo gli ambasciatori del Pd Guerini e Zanda hanno avuto degli abboccamenti con i loro omologhi di FI Letta e Romani. La trattativa, che però entrerà nel vivo solo dopo la decisione della Corte, ruota attorno a un sistema a base proporzionale, con collegi uninominali molto grandi (simili a quelli che aveva il Senato prima dell' avvento del Mattarellum) o molto piccoli, alla spagnola. Così si eviteranno le preferenze (che non piacciono a Berlusconi, ma nemmeno al Pd). Le soglie di sbarramento per i partiti non coalizzati sarebbero molto alte (FI le vorrebbe al 5 per cento alla Camera e all' 8 al Senato).
È poi previsto un premio di maggioranza variabile. Il 55 per cento dei seggi per chi raggiunge il 40 per cento dei consensi e un premio inferiore se il risultato ottenuto dal vincitore è sotto quella soglia, a scalare a seconda della percentuale presa.
Dunque, un sistema a turno unico se, come pare, la Corte dovesse eliminare il ballottaggio. Ma come assicurarsi che Berlusconi non si sfili, accetti le elezioni a giugno e non preferisca trattare con D' Alema e Bersani che gli lanciano segnali? L' eventuale sentenza favorevole di Strasburgo dovrà essere recepita da un voto del Parlamento, altrimenti non potrà avere effetti giuridici, e se il Pd si mettesse di traverso, a Berlusconi resterebbe il marchio dell' incandidabilità.
Se invece la Corte mantenesse il ballottaggio ci sarebbe un' unica via: un limitato intervento legislativo per armonizzare Camera e Senato. E su questo difficilmente i grillini potrebbero non essere della partita.
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