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Paola Pica e Lorenzo Salvia per il Corriere della Sera
Si apre un nuovo capitolo nello scontro fra Matteo Renzi e i ministri tecnici del governo Gentiloni. E riguarda uno dei fronti più caldi, quello fra l' ex presidente del consiglio e il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Al centro una norma considerata dai renziani favorevole a Mediaset per resistere alla scalata dei francesi di Vivendi, che lo stesso Calenda avrebbe voluto inserire nella manovrina, il decreto legge approvato ieri in Consiglio dei ministri. Anche se il ministro respinge questa ricostruzione, che dal suo staff viene definita «destituita di ogni fondamento».
Il caso viene fuori verso sera quando le agenzie scrivono che Matteo Renzi, attraverso il presidente del Pd Matteo Orfini e il capogruppo alla Camera Ettore Rosato, avrebbe bloccato la cosiddetta norma anti-scorrerie. Di che cosa si tratta? La misura punta a bloccare le scalate ostili verso le aziende italiane stabilendo che, quando un gruppo straniero supera la soglia del 10% o del 25% nel pacchetto azionario di un' impresa italiana, deve diffondere una lettera di intenti.
Deve spiegare, in sostanza, quali sono i suoi piani per l' azienda che sta scalando. La norma era stata studiata per il disegno di legge sulla concorrenza, che però è fermo in Parlamento da oltre due anni. Di qui l' idea di accelerare e agganciarla alla manovrina, che come tutti i decreti legge ha una corsia preferenziale con tempi di approvazione molto più rapidi. È proprio qui che è nato il caso. La norma anti-scorrerie non è nemmeno entrata in Consiglio dei ministri.
Prima della riunione a Palazzo Chigi, Calenda ne ha parlato direttamente con il presidente del consiglio Paolo Gentiloni. Ed è stato lui a decidere di non procedere. Ufficialmente i motivi sono due. Il primo è che la misura non aveva i requisiti di necessità e di urgenza che sono richiesti per un decreto legge. Il secondo è che non era omogenea al resto di un provvedimento che riguarda invece le accise sui tabacchi, le misure di contrasto all' Iva e tutti gli altri interventi per riportare il deficit verso il livello richiesto da Bruxelles.
Al di là degli aspetti giuridici, però, il nodo è tutto politico. Quella norma favorirebbe oppure no Mediaset per resistere alla scalata dei francesi di Vivendi? Sembra di no, a leggere il dossier che accompagna la norma anti scorrerie, inizialmente preparata come un emendamento al disegno di legge sulla concorrenza. In quel testo si specifica che gli obblighi di comunicazione per il gruppo straniero che sta scalando un' azienda italiana «si applicano esclusivamente agli acquisti di partecipazione effettuati successivamente alla data di entrata in vigore».
La vicenda Mediaset-Vivendi, quindi, ne resterebbe fuori. In realtà si tratta di una precisazione superflua dal punto di vista tecnico perché è difficile immaginare che una norma del genere possa essere retroattiva. Ma la cautela era legata proprio al tentativo di accelerare, spostando la modifica nel decreto legge. «L' obiettivo della norma - viene ricordato dallo staff di Calenda -, mutuata dall' ordinamento francese, è quello di garantire trasparenza circa le intenzioni dell' investitore relativamente alle operazioni aventi a oggetto l' acquisto di almeno il 10% del capitale di una società quotata».
Al di là degli aspetti tecnici, però, il caso ha un colore politico. Pare che Calenda sia molto apprezzato da Silvio Berlusconi. E che quest' ultimo stia addirittura pensando di proporlo come candidato premier del centrodestra. Un' ipotesi che lo stesso Calenda ha smentito categoricamente.
Mentre prima del referendum costituzionale di dicembre, quello che ha portato alle dimissioni di Matteo Renzi, alcuni retroscena indicavano Calenda come un possibile leader per un' eventuale governo di transizione verso le elezioni politiche. Non è andata così. Ma sulla norma pro Mediaset, forse, hanno pesato il sospetto di un «aiutino» di Calenda a Berlusconi e lo scontro mai sopito tra Matteo Renzi e i ministri tecnici del governo.
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