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La prossima settimana, quando a Palazzo Chigi arriveranno dal Tesoro le prime bozze del Def, il documento di programmazione economica e finanziaria da presentare a Bruxelles il 10 aprile, c'è da sperare che sul fax ci siano le provvidenziali mani di Graziano Delrio.
Perché al momento a Palazzo ci sono giusto lui, ovvero il sottosegretario alla presidenza del Consiglio del quale Renzie si fida come di un fratello, e l'ex city manager di Reggio Emilia Mauro Bonaretti. E meno male che è in arrivo Lurch Cottarelli, il "commercialista" responsabile della spending review che lascia il Tesoro per passare a palazzo Chigi con quella che oggi i giornaloni presentano come una mezza "diminutio" e che invece è solo l'ennesimo successo del Fondo monetario internazionale, dal quale Mister Mani di forbice proviene.
Renzie gira, parla, promette, incontra, "sfida l'Europa", tratta e prova a far di conto. Ma chi in questi primi giorni, dal ministero di via XX Settembre o dal vasto mondo delle agenzie e degli enti di Stato, ha avuto bisogno di mettersi in contatto con la struttura di Palazzo Chigi si è spesso trovato, con sommo stupore, direttamente al telefono con Delrio e il suo vice.
A un mese esatto dal giuramento del governo Renzie, "per i corridoi di Palazzo Chigi si potrebbe tranquillamente girare in skate board", racconta chi ci è dovuto andare per provare a parlare "con qualcuno del governo". Insomma, se lanci un urlo, ti torna indietro l'eco. E se a questo si aggiunge che mancano ancora le deleghe a viceministri e sottosegretari, con battaglie durissime in corso allo Sviluppo economico e al Tesoro, si capisce quanto sia palpabile un certo imbarazzo degli stessi mandarini di Stato per il rischio paralisi.
Molti dipartimenti della Presidenza del Consiglio sono ancora senza una guida, a cominciare da quello economico e da quello che coordina le politiche europee. Pittibimbo ha preferito affrontare i suoi primi viaggi a Parigi, Berlino e Bruxelles con dossier sparsi confezionati da questo o quel personaggio di fiducia, oltre ai contributi spontanei di un preoccupatissimo Padoan.
Manca finora un vero staff economico che segua l'agenda e prepari i documenti scritti per il premier. Ed è stata di fatto smantellata, tanto per fare un esempio, anche la rete dei funzionari che Enrico Letta aveva voluto per seguire da vicino ogni singola Regione.
Certo, anche qui ad annunci non stiamo male. E così si dice che nel giro di qualche giorno Filippo Taddei s'insedierà alla guida del dipartimento per gli affari economici e potrebbe tornare con incarichi di prestigio anche Luigi Ferrara, vice segretario generale di Palazzo Chigi con Lettanipote.
Sta preparando le valige, dal Tesoro alla presidenza del Consiglio, anche Carlo Cottarelli, insieme alla sua pattuglia di "tagliatori di spese". Si racconta che non abbia un gran feeling con Renzie, ma il punto è un altro. Con le manovre sul deficit sempre più complicate, per via della ferma contrarietà di Bruxelles, la spending review sarà sempre più fondamentale per il mantenimento delle promesse sul taglio del cuneo fiscale. E avere un uomo del Fondo monetario internazionale installato nel cuore di Palazzo Chigi non sarà una passeggiata per Pittibimbo, che ha già dovuto subire la nomina del ministro del Tesoro.
I fax incustoditi, si diceva. I fax sono ancora importanti perché ora è il tempo degli impegni scritti su entrate e uscite dello Stato. Entro il 10 aprile dobbiamo presentare il Def anche all'Europa e già la prossima settimana gli uomini di Padoan sforneranno la prima bozza. Se la squadra di Palazzo Chigi sarà ancora una chimera, si rischiano pasticci epocali.
Si rischia che lo schema del documento di programmazione economica venga girato da Delrio a Renzie, che poi, tra una gita scolastica e una partita della Fiorentina, magari lo manda a qualche economista di cui si fida fuori dal governo (un Bini Smaghi, un Giavazzi, un Siniscalco) per farsi consigliare.
Saranno ottimi consiglieri, ma gli economisti di solito non sono abituati ai tempi della macchina di governo. E soprattutto non hanno presente i numeri veri del deficit e quanto questi si possono tirare in un senso o nell'altro, con qualche accortezza di quelle che si vedono solo a febbraio del prossimo anno, a babbo morto.
Per fare un esempio, sulla copertura dei famosi 10 miliardi di Irpef in meno nelle buste paga, toccherà raddoppiare (da 3 a 6 miliardi) l'impatto della spending review originariamente previsto da Cottarelli ai tempi di Lettanipote. La scommessa è che quei miliardi in più siano coperti entro fine anno grazie al miglioramento del ciclo economico o all'accordo con la Svizzera sui capitali. Si tratta appunto di una scommessa, da giocare aumentando temporaneamente il deficit facendo finta di non aumentarlo.
Un ostacolo a questa strategia, però c'è, ed è stato finora ampiamente sottovalutato. Si è raccontato a Renzie che il clima elettorale in Europa e il fatto che gli organismi che "ci controllano" siano tutti in scadenza ci offre un importante aiuto. Quasi un salvacondotto per allentare un po' la morsa dei vincoli di bilancio che abbiamo sottoscritto nel 2012 ai tempi di Monti con infinita leggerezza.
Nulla di più falso. Un certo vuoto di potere politico a Bruxelles non fa che rafforzare il potere degli uffici della Commissione. Uffici che sono ancora più duri e khomeinisti dei vari Olli Ren. Oltre a tutto, questi maledetti "burocrati" il nostro Rottam'attore li attacca tutti i giorni.
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