DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
1. DAGONOTA
INVECCHIAMENTO DI RENZI - CAPELLI NERI E POI GRIGI
Le colpe di Renzi. Non ha appoggiato Gentiloni a sindaco di Roma e ha gestito malissimo la questione Ignazio Marino. Ha regalato Roma ai 5Stelle con il debole Giachetti. Ha favorito la scissione degli ex ds con arroganza e cinismo. Ha inseguito un referendum insostenibile con quesiti scritti in un italiano incomprensibile. Ha nominato persone sbagliate ovunque, dall'INPS ai vertici delle aziende di stato (Ferrovie la più evidente) riempiendole di amici del Giglio Magico. Ha speso miliardi per tappare i buchi delle banche, ha aumentato il debito, ha mal sopportato il governo Gentiloni e ha ridotto il partito in deficit con funzionari e impiegati incerti sul futuro. Ha protetto e coccolato Maria Etruria Boschi fino alla sottomissione.
2. RENZI, UN LEADER CONTRO SE STESSO
Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
Ha conquistato la sinistra italiana, in tre mesi l’ha portata al massimo storico, in tre anni al minimo: solo al Bomba poteva riuscire. Di leader la sinistra ne ha bruciati tanti; ma nessuno come lui ha fatto tutto da sé, prima infiammandosi poi ustionandosi. Matteo Renzi ha rivelato qualità e difetti straordinari.
All’inizio è stato vissuto come un alieno, un estraneo, un usurpatore; ma è stato amato o almeno tollerato perché vinceva. Lui si è fidato troppo di se stesso, si è fatto troppi nemici, e ha potuto consentirselo fino a quando ha avuto il Paese dietro. Ma il renzismo non è finito stanotte; era finito il 4 dicembre 2016, con la sconfitta per 60 a 40 nel referendum.
«Matteo farebbe meglio a sparire. Andare in America. Farsi dimenticare. Lasciare che la sinistra vada a sbattere. Dopo lo richiameranno». Se avesse seguito il consiglio di un mentore della prima ora, Oscar Farinetti, non sarebbe finita così. Invece Renzi si è incaponito. L’energia mostrata nella conquista del partito e di Palazzo Chigi, nell’operazione 80 euro e nella riforma del lavoro, l’ha impiegata nell’autodistruzione.
Il suo agonismo si è ritorto contro se stesso. Renzi, come Berlusconi, è capace di grande empatia; ma a differenza di Berlusconi, che vorrebbe essere amico di tutti, Renzi si nutre del nemico, ne ha bisogno per trarne linfa e motivazione. L’ultima prova è stata la stesura delle liste. Qual è il compagno di gioventù di Gentiloni? Realacci? Bene, Realacci è fuori. Qual è l’uomo più vicino a Minniti? La Torre? Fuori pure La Torre. Come a dire: qui comando io, sino alla fine.
Non è la scissione di Liberi e uguali a sancire la sconfitta di Renzi. Che ci fosse spazio alla sua sinistra era nelle cose, e un po’ anche nei suoi schemi. Renzi però ha visto crollare i due veri cardini della sua strategia: ereditare una parte dei voti di Berlusconi; ed erodere il bacino antipolitico di Grillo.
Ha perso consensi nei ceti popolari e tra categorie scontente delle sue riforme, come gli insegnanti, senza conquistare il centro. E vede i grillini, che ha sempre considerato il vero avversario, al massimo storico. Le spiegazioni potrebbero essere infinite. Anche i partiti storici della sinistra europea, dall’Spd tedesca al Psoe spagnolo, sono precipitati al 20%; i socialisti francesi e quelli greci anche più giù.
Ma lo stress emotivo che nel bene e nel male Renzi ha imposto all’opinione pubblica italiana è tale, che la sconfitta di stasera diventa inevitabilmente sua. La stessa popolarità di Gentiloni, di cui in un anno di governo non si ricorderà un gesto o una parola, si spiega solo con il fatto di non essere Renzi. È un verdetto forse ingiusto, certo spietato; ma in democrazia è l’unico che conta.
RENZI E BOSCHIRENZI PICCONATOREsara varetto e matteo renzi MATTEO RENZI E MARIA ELENA BOSCHI VICINI VICINIRENZI CONTRO TUTTIRENZI RENZI SEMPRE PIU' SOLORENZI DUCETTOrenzi duceMARIA ELENA BOSCHI DA' IL CINQUE A MATTEO RENZI
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