“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Emiliano Fittipaldi per l'Espresso, in edicola domani
Luigi Bisignani non gira più sul suo taxi bianco, con cui fino a un anno fa si mimetizzava per le vie di Roma. Licenziato l'autista, ora sfreccia con una Smart nera decappottabile: il lobbista, alla sobrietà non rinuncia mai. Come non rinuncia a fare il lavoro che sa far meglio: il facilitatore e il consigliere dei potenti.
Certo, passare inosservato gli è molto più difficile di un tempo: se fino a qualche mese fa la sua faccia era sconosciuta a tutti, oggi i paparazzi non lo mollano un istante. Negli ultimi giorni lo hanno immortalato sul mega-gommone in compagnia della famiglia, mentre gioca a tennis al circolo Aniene o passeggia nelle strade vicino casa.
La sua faccia suo malgrado è ogni settimana su rotocalchi, siti Internet e giornali. Un incubo, per l'uomo che per tifare Lazio invece di andare in tribuna autorità preferiva mescolarsi alla folla dei distinti della Tevere.
Dopo aver patteggiato un anno e sette mesi per associazione a delinquere, favoreggiamento, rivelazione di segreto e corruzione, il capo della P4 è tornato in libertà . Si divide tra Roma e la sua villa in Toscana, vicino Porto Santo Stefano. Ha rifiutato tutte le richieste di intervista, ed è soddisfatto perché - tranne qualcuno - nessuno l'ha abbandonato: «Ho ricevuto decine di telefonate di solidarietà , da politici e imprenditori», ripete agli amici.
Il suo ufficio a Piazza Mignanelli funziona ancora, la segretaria Rita è sempre lì, ma Bisi presto cambierà sede: nessuno dei vecchi frequentatori ci metterebbe più piede. «Luigi? à tranquillo, soprattutto dopo che la Cassazione ha annullato ad Alfonso Papa l'imputazione di associazione a delinquere», spiega chi lo conosce bene, «aspetterà l'esito del processo a Papa, poi potrebbe chiedere la revisione della sua condanna. La storia non è finita qui, ha solo saltato un giro».
Non sappiamo se Bisignani finirà su una panchina, come gli augurano i nemici, o se riprenderà a tessere le fila della sua ragnatela. Di sicuro, però, la rete che ha faticosamente creato negli ultimi dieci anni è ancora in piedi. I suoi vecchi amici ancora seduti sulle poltrone che contano. Cesare Geronzi, è vero, è in declino verticale, e Massimo Ponzellini è indebolito a causa di qualche impiccio giudiziario (è indagato a Milano nell'inchiesta su Atlantis), ma gli altri - nonostante l'arrivo di Mario Monti - sono ancora lì, nei palazzi del potere.
Il sistema legato a lui e Gianni Letta, quello emerso dalle intercettazioni, quello che nella Capitale chiamavano "la ditta", incentrato sulle nomine nelle aziende pubbliche, sui legami con i grandi boiardi, la fedeltà dei dirigenti apicali dei ministeri e l'amicizia con esponenti dei servizi segreti e delle forze dell'ordine, è rimasto praticamente intatto. Qualcuno, mentre Bisi era ai domiciliari, ha fatto addirittura carriera.
Prendiamo l'ex presidente di Allianz Enrico Cucchiani, con cui Bisignani brigava per cacciare Alessandro Profumo da Unicredit: è stato chiamato a sostituire Corrado Passera alla guida di Intesa-SanPaolo. Anche il nuovo ministro dello Sviluppo Economico in passato ha fatto affari con le aziende guidate da Bisignani.
Nel gennaio del 2001, quando Passera era amministratore delegato di Poste, il colosso pubblico aveva creato con i fratelli Farina (storici soci di Bisi) la Printel, la società - come disse l'imprenditore Alessandro Bondanini ai pm di Napoli - che «stampa e spedisce tutte le bollette e le fatture che arrivano nelle case degli italiani». Le azioni erano divise a metà .
Poi, prima di andare a Banca Intesa a maggio del 2002, Passera e i suoi manager decidono di comprarsi le quote della Ilte, che continua a lavorare con Poste attraverso ricchi contratti. Contratti che oggi sono sotto la lente d'ingrandimento della procura di Roma. Vale la pena ricordare che nel 2004 la coppia Farina-Bisignani fa un grande affare pure con Intesa, comprando dalla banca un blocco di 1.100 immobili poi rivenduti - con profitti milionari - alla galassia Pirelli.
Andiamo avanti. Se Gianni Letta era a un passo dal diventare vicepremier, altri amici e sodà li di un tempo sono rimasti al loro posto. All'Eni, che Bisi definiva «l'ente più grosso amico mio», ci sono ancora tutti, da Paolo Scaroni, intercettato più volte mentre chiedeva al lobbista consigli su affari e strategie (in una telefonata Bisi gli suggeriva cosa dire a Berlusconi) a Stefano Lucchini, direttore delle relazioni istituzionali di cui Gigi è sempre stato grande sponsor, al direttore operativo Salvatore Sardo, che Bisignani tiene in forte simpatia. Anche il capo delle relazioni esterne dell'Enel Gianluca Comin, intercettato mentre commentava con Bisi le notizie dei giornali, è tuttora capo delle relazioni esterne dell'Enel.
Nella top ten dei contatti, secondo un'informativa della Guardia di Finanza che ha stilato una speciale classifica, c'è anche Salvatore Nastasi, uomo forte del ministero dei Beni culturali: non solo è rimasto capo di gabinetto con tre diversi ministri (Bondi, Galan, ora Ornaghi), ma ha pure la carica di direttore generale. Un altro miracolato è Roberto Sambuco, che conosce Bisignani da lustri: ex lobbista di Wind, è capo del dipartimento per le comunicazioni del ministero per lo Sviluppo, e dal 2009 è stato nominato Garante per la sorveglianza dei prezzi.
Anche il consigliere di Stato Antonello Colosimo, interlocutore assiduo di Gigi, il cui nome finì nei faldoni dell'inchiesta sulla "Cricca", è da poco diventato capo di gabinetto del nuovo ministro dell'Agricoltura. In Rai le sponde sono tante: se Mauro Masi - decine i consigli che l'ex direttore chiedeva al faccendiere - è stato spedito alla Consap, per la corsa vincente del direttore generale Lorenza Lei, secondo i bene informati, hanno lavorato anche gli uffici di piazza Mignanelli.
Ma a viale Mazzini Bisignani può contare anche buoni rapporti con il suo ex avvocato Salvatore Lo Giudice (è il legale Rai) e con Marco Simeon, il capo delle relazioni istituzionali con cui c'è sempre stata grande intesa. Nelle sue deposizioni al pm Bisignani aveva nominato, tra i tanti che avrebbero bussato alla sua porta, anche Mauro Moretti («Quando doveva diventare ad delle Ferrovie mi è venuto a trovare parecchie volte chiedendomi di aiutarlo») che oggi è sempre amministratore delegato delle Ferrovie.
Anche nel campo delle forze dell'ordine e dei servizi segreti tutto è rimasto immutato: Adriano Santini, che Bisi portò da Massimo D'Alema, è ancora al vertice dell'Aise («Mi chiese di parlare bene di lui con Letta») ed è stato pure decorato lo scorso 3 novembre al Quirinale con l'Ordine Militare d'Italia. Francesco La Motta, vicedirettore vicario dell'Aisi, era tra coloro che chiedevano ripetutamente un appuntamento con Bisignani: per parlare con Gigi usava lo pseudònimo "Imperia".
Anche Giuseppe Pecoraro, il prefetto di Roma finito nelle intercettazioni, è stato promosso: nonostante le telefonate su questioni delicate (come i lavori del Copasir) e più frivole (favolosa quella in cui Bisi chiede all'amico di fare qualcosa contri i cinghiali che infestano la scuola del figlio della Prestigiacomo) a settembre è stato nominato commissario straordinario ai rifiuti per l'emergenza di Malagrotta, la discarica romana che Renata Polverini vuole chiudere in pochi mesi.
Chissà se ora che ha patteggiato una condanna così pesante il suo mondo gli volterà le spalle. Di certo, se qualcuno gli chiederà qualche buon consiglio, Bisignani non si farà pregare.
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