ITALIA BABILONIA - TUTTI VOGLIONO LA TRASFORMAZIONE DEL SENATO MA OGNUNO A MODO SUO – FORZA ITALIA SPACCATA, ESPOSITO (PD) E IL POPOLARE MAURO PER L’ELEZIONE DEI SENATORI – TORNA IL FRONTE DEL FASCIO: GASPARRI-LA RUSSA DI NUOVO UNITI PER IL PRESIDENZIALISMO

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Mattia Feltri per ‘La Stampa'

Sulla trasformazione del Senato sono tutti d'accordo ma sono anche tutti in disaccordo. Questo per assolvere subito Beppe Grillo che oggi è allibito dalla facilità di modifica della Costituzione quando ieri era allibito dalla difficoltà di modifica della Costituzione («Non è un dogma né un totem», ottobre 2012: voleva inserirvi il referendum senza quorum). Perché la Carta, come la politica, è di gomma e si lascia tirare di qua e di là. E se si tratta di riforme, poiché chiunque le vuole e chiunque le vuole a sua immagine e somiglianza, cioè perfette come una sfera, le qualità elastiche del dibattito diventano competitive.

E così sulla trasformazione del Senato sono (quasi) tutti d'accordo ma anche (quasi) tutti in disaccordo perché, per esempio, Pierantonio Zanettin (FI) non vorrebbe un'assemblea che «così è un dopolavoro» e allora il Senato sarebbe meglio abolirlo del tutto, mentre Aldo Di Biagio (popolare ex finiano) vedrebbe bene l'inserimento di rappresentanti degli italiani nel mondo, intanto che il suo compagno di partito Mario Mauro è dei numerosi convinti che serva l'elezione dei senatori: «In questo Paese abbiamo ancora bisogno di uomini espressi direttamente dal popolo». Stefano Esposito, del partito democratico, amplia la considerazione: «Metterci dentro i sindaci non penso sia una buona idea». Quindi i sindaci no, gli eletti sì e pure gli italiani nel mondo.

Vi sembra il solito delirio? Siamo soltanto all'inizio. Ecco, il segretario della Lega, Matteo Salvini, che cambia strada: «La riforma è zoppa», si aboliscano le prefetture. E comunque, secondo il contributo del governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, «si doveva dimezzare anche la Camera». La qual cosa propone la storica alleanza fra Lega e Psi che, nella persona di Enrico Buemi, dettaglia la proposta: quattrocento deputati, duecento senatori e poi «differenziare le funzioni». Infatti, come dice quel vecchio osso della politica parlamentare di Pino Pisicchio (vicepresidente del Centro democratico, partito effettivamente esistente) «il sistema di pesi e contrappesi è fondamentale».

Dunque, secondo Pisicchio, riforma sì e dunque riforma no. Si riprenda in mano tutto perché, spiega Nichi Vendola (Sel), riforme sì ma «non ci piace la modalità ricattatoria». Posizione che scala le cime della temerarietà in Gabriella Giammanco (FI), una che parte dalla democrazia interna del suo partito: «Non accetteremo qualsiasi provvedimento calato dall'alto». L'approfondimento, sempre in Forza Italia, tocca a Maurizio Bianconi che riforme sì ma - «trogloditi, arroganti, giovinastri, impreparati» - si fanno in Parlamento. Traduce Francesco Russo (Pd): riforme sì ma «chiediamo di giocare questa partita da protagonisti».

Riforme sì, anzi riformissime con Maurizio Gasparri incrollabile nel convincimento che «il bicameralismo va superato» ma «rilanciamo l'elezione diretta del capo della Stato». In un soffio si ricompone la diaspora postfascista, e infatti ecco Ignazio La Russa (F.lli d'Italia): «Bene il superamento del bicameralismo perfetto, ma perché si fa finta di dimenticare l'elezione diretta del presidente della Repubblica?». In un soffio la diaspora si rifà, con Giorgia Meloni (presidente del suddetto F.lli d'Italia) che riforme sì ma «quando il governo e le altre forze politiche le affronteranno in modo serio».

Chissà se è sufficientemente seria la proposta di Lucio Malan (FI): «È ora di cambiare, ma il modello più sensato è quello del federalismo tedesco, nel quale la seconda camera, il Bundesrat, non è elettiva ma è formata da rappresentanti dei governi regionali». Bundesrat sì, dice Renato Brunetta, ma sia chiaro: «I ventuno senatori nominati dal Quirinale con noi non passeranno mai». Bundesrat sì, dice Gianluca Susta (Scelta civica) ma sia chiaro... (segue progetto troppo ambizioso e rivoluzionaria per il nostro povero spazio). Rimane giusto un angolino da dedicare a Lorenzo Cesa, dell'Udc: «La legge elettorale dovrà prevedere le preferenze». Che c'entra? Con Cesa c'entra sempre.

 

 

FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE Mario Mauro GRILLO A ROMAGabriella Giammanco fini gasparri larussa Matteo Salvini