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Maurizio Molinari per "La Stampa"
Richiesta di estradizione o cattura: è il bivio di fronte a cui si trova la Casa Bianca nell'affrontare la sfida di Edward Snowden, l'analista della Nsa autore delle rivelazioni sul sistema «Prism» che sorveglia elettronicamente milioni di cittadini americani.
A formulare la reazione ufficiale dell'amministrazione Obama è Shawn Turner, portavoce del direttore nazionale dell'intelligence, secondo cui «è in corso la valutazione del danno arrecato» alla sicurezza a causa della «violazione dell'obbligo legale di proteggere informazioni classificate».
Questo significa che il ministero della Giustizia di Eric Holder sta valutando l'incriminazione di Snowden per violazione delle leggi sullo spionaggio, puntando ad un condanna fino a 20 anni di carcere. à l'approccio che riassume Pete King, capo della commissione Intelligence alla Camera, affermando che «Snowden è un disertore e come tale va trattato».
Questa è la strada che può portare Holder a presentare una richiesta di estradizione a Hong Kong, sulla base di un trattato bilaterale con gli Stati Uniti che consente una proficua collaborazione con l'Fbi di Robert Muller, soprattutto per quanto riguarda la lotta al traffico della droga.
Ma l'estradizione da Hong Kong è una scelta che comporta numerose incognite. La prima ha a che vedere con il reato che verrà contestato all'analista della Nsa perché quando le autorità di Hong Kong hanno dei dubbi hanno dimostrato di saper resistere alle pressioni: la richiesta di estradizione per Cheng Chui Ping, coinvolta in un traffico illegale di cinesi verso gli Stati Uniti, venne presentata da Washington nel 1994 ed è stata accolta solo nel 2003.
L'altra e più seria incertezza è politica: concerne l'approccio di Pechino, che ha voce in capitolo sulle estradizioni da Hong Kong e non ha un proprio trattato di estradizione con gli Usa. Questo spiega perché Washington ha il timore che Snowden potrebbe chiede asilo in Cina - in cambio di segreti della Nsa - per evitare la consegna da parte di Hong Kong agli Stati Uniti.
à un reticolo internazionale sul quale «il presidente ha ricevuto un briefing approfondito» spiega il portavoce Jay Carney ma dopo una giornata di voci su una possibile dichiarazione di Barack Obama la scelta della Casa Bianca è stata il silenzio. La spiegazione viene non solo dalla delicata valutazione dei passi da compiere verso Hong Kong e Pechino ma anche dal fatto che il presidente ha altre opzioni.
A spiegare di cosa si tratta è Steve Clemons, il direttore del mensile «The Atlantic» che durante una sosta all'aeroporto di Washington Dulles racconta di aver ascoltato «quattro alti funzionari dell'intelligence discutere dell'ipotesi di far sparire Snowden».
Il termine «sparire» può implicare diversi scenari: dalla cattura con un blitz dell'intelligence, simile alle «rendition» adoperate dal 2001 per sequestrare presunti terroristi, all'eliminazione affidata a terzi, come lo stesso Edward Snowden ha fatto capire di temere nell'intervista-video pubblicata online dal «Guardian».
Ma non è tutto perché dietro il silenzio della Casa Bianca c'è anche la necessità del presidente di decidere cosa fare con James Clapper, il direttore nazionale dell'intelligence divenuto l'immagine delle bugie dell'amministrazione al popolo americano avendo dichiarato al Congresso, appena poche settimane fa, che «milioni di cittadini non sono controllati dalla National Security Agency» come invece adesso sappiamo che avviene grazie al sistema elettronico «Prism».
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