DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Andrea Bonanni per "La Repubblica"
Proprio mentre i sondaggi rivelano, alla vigilia delle elezioni, un diffuso sentimento anti- europeo, l'Europa si prepara a vivere un'autentica rivoluzione nel settore forse più delicato: la nomina dei vertici delle istituzioni. Per la prima volta infatti, grazie all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le massime cariche europee non saranno più decise all'unanimità dai capi di governo.
Inoltre il Parlamento europeo avrà un ruolo decisivo nella designazione del Presidente della Commissione, che dovrà essere scelto «tenendo in considerazione» i risultati
delle elezioni di maggio.
La fine della regola dell'unanimità cancella il diritto di veto di un singolo governo: uno strumento che i britannici hanno utilizzato due volte in passato per bocciare candidati troppo europeisti e imporre come presidenti della Commissione personalità deboli: nel â95 il lussemburghese Jacques Santer e nel 2004 il portoghese Josè Manuel Barroso. Ma le nuove norme rendono la partita che si giocherà a partire da giugno ancora più complessa, anche se certamente più trasparente e democratica.
Dopo le elezioni europee, i capi di governo dovranno decidere quattro poltrone importanti: il presidente della Commissione, in sostituzione di Barroso, il presidente del Consiglio europeo, in sostituzione di Van Rompuy, l'Alto rappresentante per la politica estera, in sostituzione di Catherine Ashton, e verosimilmente anche il presidente dell'Eurogruppo con una nomina permanente in sostituzione dell'attuale ministro olandese Jeroen Dijsselbloem.
Grazie al trattato di Lisbona, il Parlamento potrà proporre un proprio nome per la carica di presidente della Commissione, e dovrebbe indicare il candidato del partito che avrà preso più voti alle elezioni. I due favoriti, in un testa a testa serrato, sono il socialista tedesco Martin Schulz, attuale presidente del Parlamento europeo, e il democristiano lussemburghese Jean-Claude Juncker, già primo ministro del Granducato e presidente dell'Eurogruppo.
Naturalmente circolano molti altri nomi, dalla direttrice del Fmi Christine Lagarde, al premier irlandese Enda Kenny, alla presidente lituana Dalia Grybauskaite. Ma poiché il Parlamento dovrà poi votare la fiducia al presidente della Commissione scelto dai capi di governo, questi difficilmente potranno ignorare l'indicazione che arriverà dall'assemblea legislativa.
Se si arrivasse, come è probabile, a un accordo tra Pse e Ppe, e se non ci fosse una vittoria netta di uno dei due partiti politici, è dunque probabile che alla Commissione venga designato Schulz, mentre Juncker potrebbe essere nominato dai capi di governo a presiedere il Consiglio europeo.
Per la poltrona di presidente dell'Eurogruppo si sta facendo strada l'ipotesi di Luis de Guindos, popolare, attuale ministro dell'economia spagnolo. Sul suo nome ci sarebbe un'intesa franco- spagnola che prevede anche la successiva nomina dell'ex ministro dell'economia francese, Pierre Moscovici, socialista, come responsabile degli affari economici della Commissione, posto importantissimo oggi occupato dal finlandese Olli Rehn.
L'Italia, pur disponendo di personalità apprezzate in Europa, come Mario Monti ed Enrico Letta, in questa partita non può nutrire ambizioni troppo elevate perché già ha espresso Mario Draghi alla presidenza della Bce, la poltrona più importante di tutta l'Unione europea. Negli ultimi tempi si va rafforzando l'ipotesi di una designazione per Massimo D'Alema come commissario, magari con un incarico agli Interni o alla Giustizia. Il caso italiano è particolare perché il commissario uscente, Antonio Tajani, che è anche uno dei vicepresidenti della Commissione, si è candidato alle elezioni del Parlamento europeo, e dunque andrà sostituito già a giugno, mentre la designazione dei commissari normalmente avviene a settembre.
Tuttavia Renzi potrebbe avere una chance per guadagnare al nostro Paese l'importante poltrona di Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue. I candidati per quell'incarico sono molti, dallo svedese Carl Bildt al polacco Radoslav Sikorski. Ma, se nessuna donna andasse alla Commissione o al Consiglio, su quella nomina si aprirà sicuramente una questione di gen-der balancepoiché è inconcepibile che tutti i vertici europei siano occupati da maschi senza neppure una presenza femminile.
E in Europa, dopo la modestissima prova offerta da Catherine Ashton, sono poche le donne che possano vantare titoli credibili per aspirare al ruolo di ministro degli Esteri della Ue. Tra queste, la più conosciuta e rispettata è sicuramente Emma Bonino, già commissario europeo e ministro degli Esteri italiano nel governo Letta. Una sua candidatura, sostenuta con convinzione da Roma, potrebbe forse guadagnare all'Italia un secondo posto di vertice in Europa, dopo quello di Mario Draghi.
schulz martin official portrait martin Schulz Mario Monti and Jean Claude Juncker c il palazzo della commissione europea a bruxelles europarlamento-JOHN KERRY ABBRACCIA CATHERINE ASHTON DOPO LACCORDO USA IRAN RENZI VAN ROMPUY RENZI E BARROSO
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