DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Giovanna Casadio per "la Repubblica"
«Io non lascio il Pd, sarei pazzo. Ma noi non voteremo Marini ». La tentazione di Matteo Renzi - e dei renziani - di abbandonare il partito però è forte. Marini era il nome su cui il sindaco di Firenze aveva posto il veto. «à un uomo del 1999», si sfoga appena appresa la notizia. Appartiene cioè al secolo scorso, a una visione della politica superata. à stato "bocciato" in Abruzzo all'ultima tornata elettorale, e «ve lo immaginate parlare con Obama?».
Renzi è in viaggio verso Milano, per un'intervista tv a La7, quando le voci sulla candidatura al Colle di Franco Marini, l'ottantenne ex presidente del Senato, diventano certezza. I parlamentari renziani anticipano una riunione di corrente già convocata, e passano dalla rabbia allo sconcerto. Non ci credono fino all'ultimo, confermano che il loro "no" è "senza se e senza ma". Rincara Renzi: «Votarlo oggi è fare un dispetto al paese, perché si sceglie più per esigenze di addetti ai lavori che per quelle dell'Italia».
Ricorda che Marini lo voteranno La Russa, Gasparri, Cicchitto, il Pdl e la Lega. «Perché dovrei votarlo anch'io? à l'uomo che ha consegnato il Ppi a Buttiglione, bella operazione!».
Il "rottamatore" ci tiene a premettere una cosa, che si tratta di un dissenso a viso aperto: «Non facciamo i "franchi tiratori"», dal momento che il "no" è annunciato, dichiarato, alla luce del sole. E intanto propone che nell'assemblea dei gruppi democratici, convocata per ratificare la scelta, ci si esprima su Marini con voto segreto. à un tentativo per impallinare subito l'ex leader dei Popolari, che sta bene a molti cattolicodemocratici, però non piace alla sinistra del partito, ai vendoliani, ai prodiani.
La speranza è che il nome di Marini tramonti prima dell'alba. In realtà passa tra non partecipazione, 90 contrari e 21 astenuti. Il "rottamatore" crede in una possibile saldatura del fronte del dissenso attorno ad altri candidati: «Rodotà è meglio di Marini. Ma ce ne sono tanti altri di nomi, anche Emma Bonino, Prodi e Amato. Invece Bersani ha fatto scegliere il nome a Berlusconi».
Parte da qui l'offensiva contro il segretario, con cui da settimane è scontro. Renzi accusa il leader democratico di volere Marini avendo più che altro in mente la partita del governo: «Bersani in campagna elettorale diceva: prima l'Italia e poi io, oggi credo ci sia l'interesse di sistemare la partita di Palazzo Chigi per Bersani».
Nel caos Pd la posta in gioco è anche il futuro del partito. Per il sindaco «questa è l'ennesima dimostrazione che il Pd non è un partito per nativi digitali ma è il frutto di una miscela mai riuscita tra ex Dc ed ex Pci: così il nuovo partito non nasce mai. Io voglio dire che un nuovo Pd è possibile ». Renzi è un fiume in piena. Lontano dalle telecamere, confida: «Io voglio vincere e dire a quella signora che prepara i tortellini alle feste democratiche "ora governiamo noi"».
I renziani si tolgono molti sassolini dalle scarpe. Ivan Scalfarotto nella riunione di corrente si indigna: «Il segretario spacca il Pd pur di fare l'accordo con il Cavaliere». «à una provocazione nei nostri confronti», denunciano altri renziani. Il "rottamatore" su questo è più cauto: «So bene che la scelta di Marini non è contro di me. Magari qualcuno avrà pensato "così diamo pure uno schiaffo a Renzi", tuttavia l'obiettivo non sono io. Il punto è che Pierluigi ha privilegiato di tenere in piedi una maggioranza a scapito del partito.
Se pensava che era meglio D'Alema, allora doveva proporlo. Ripeto: io non lascio il Pd, anzi mi hanno aperto un'autostrada. Semmai me ne sto lontano da questa scelta, faccio il sindaco di Firenze. Questo è sempre il mio partito, mi domando se sia il loro».
Né, come aveva già spiegato in una lettera a Repubblica, lo convince la matrice cattolica del candidato al Colle, che invece entusiasma altri nel partito. «Non accetto che il Vangelo e il cristianesimo siano lo strumento attraverso il quale si chiedono voti», torna sulla questione, il "rottamatore". La frattura con la nomenclatura sembra ormai insanabile.
I renziani come Dario Nardella, Matteo Richetti, Simona Bonafè avevano spezzato una lancia per Prodi. Renzi aveva posto il veto anche ad Anna Finocchiaro con un pesante attacco al quale lei aveva risposto dandogli del "miserabile". «Se facessi una corrente, la chiamerei "I miserabili". Storia bellissima di peccato e resurrezione», ironizza il sindaco. E ammette che il suo obiettivo è quello di fare il premier, ma passando dalle elezioni, «non dagli inciuci».
Matteo Renzi e famigliamatteo renzi FRANCO MARINI E SIGNORA LARUSSA CHE ARAGOSTA!GIULIANO AMATO ROMANO PRODI FOTO LAPRESSE Gasparri
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