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SANREMO DIVENTA UN TALENT SHOW? LA SALA STAMPA RIBOLLE, SI SENTE DEFRAUDATA DEL POTERE DECISIONALE…
Malcom Pagani per "il Fatto quotidiano"
L'Africa in giardino nasconde sempre una buca in cui precipitare. Al Saadi Gheddafi, terzo figlio di Muammar, sapeva come trovarle sul campo verde ora trasformato in landa terrosa, futuro terrigno, indistinto latifondo marrone che segna il confine tra ieri, oggi e domani.
"La différence entre la gloire et la merde" passa attraverso la riconsegna coatta da parte del Niger del corpo (ancora vivo, ma già apparentemente assente fin dall'umiliante, brutale, nazistoide operazione di benvenuto, la rasatura) di Al Saadi, ex principe decaduto fuggito dalle fiamme nel 2011 e ora ricondotto con l'inganno e un mandato di cattura internazionale dell'Interpol al princìpio del proprio inferno.
Le pagherà tutte insieme, in un quel barbarificio che è la Libia odierna, l'erede che si divertiva con il pallone, toglieva la libertà agli arbitri e ai giornalisti e nel tempo rimanente, si deliziava con gli arbitrii. Le pagherà orrendamente e nessuno, dei tanti che buttando bombe dal cielo cianciavano di operazione libertà o lo lisciavano intravedendo nella sagoma il pozzo di petrolio ai tempi della sua prima esperienza italiana, verrà a tirarlo fuori dallo sprofondo della vendetta.
Passò come una meteora nel campionato di Serie A, bivaccò tra Perugia, Udine e Genova. Detenne azioni della Juventus e della Triestina. Conobbe gli Agnelli, Garrone e Gaucci, incensò il tecnico Cosmi: "Dopo Allah è lui che si occupa di me", esordì fugacemente in Serie A grazie allo stesso Serse, uomo del fiume capace di navigare anche tra gli obbligati aziendalismi che gli voleva bene: "Le qualità sono modeste ma è un ragazzo umile", collezionò qualche svogliata panchina, i lazzi dell'allenatore Giovanni Galeone: "Se lo faccio giocare contro il Cagliari? Se i sardi non fossero già salvi, Al Saadi si accomoderebbe in tribuna come sempre. In questo caso, visto che la gara non conta nulla, forse gli farò avere 5 minuti" e per non farsi mancare nulla, con le improbabili venature da finto biondo dai tratti mediorientali, fu anche trovato positivo al nandrolone, come i pallonari veri, con i quali, al di là del gusto per gli eccessi, condivideva poco altro.
Aveva giocato in Libia, era stato acclamato per ovvia mancanza di candidati capitano della Nazionale del suo paese, aveva indossato panni manageriali e grisaglie dirigenziali, si era speso nel decidere destini e parabole e aveva fatto spendere il resto al padre per tutti i vizi che ai miliardari sembrano normali.
Le feste, le macchine, i conti d'albergo, i voli privati. Le notti all'Adler come al Brufani di Perugia (per il cui saldo di un intero piano, visti i singhiozzi nei bonifici, venne vergata una fitta corrispondenza tra l'albergo e la diplomazia di stanza a Tripoli), le risse in discoteca, le guardie del corpo, persino le grottesche parate transnazionali tra Montecarlo e l'Australia con tanto di gioielli su misura per conquistare il cuore di Nicole Kidman, la donna che incontrò fugacemente e con cui avrebbe voluto osservare da un finestrino l'avvento di una grande Libia.
Tutto in polvere adesso, per Al Saadi che meriterebbe un tribunale vero e invece troverà una punizione senza appello. L'avevano dato per morto il figlio del Raìs e forse sarebbe stato meglio. La famiglia travolta dai lutti, lo scempio, il trapasso della condizione umana che tocca a chi ha amministrato con imperizia e violenza, ora tutto sulle sue spalle.
Un quadro diverso da quello che nell'agosto del 2003 vide mobilitato l'intero reparto di ostetricia di Perugia perché, come ha ricordato ieri Giuseppe Affronti, il responsabile, a Umbria 24, Al Saadi voleva che il figlio vedesse la luce in Italia: "Fu un'esperienza più unica che rara perché prima che la moglie di Gheddafi venisse ricoverata da noi ci fu un viavai di servizi segreti, Digos di Perugia e guardie del corpo.
Fu effettuato un sopralluogo e fu chiesto di conoscere personalmente tutte le figure professionali che sarebbero entrate in sala parto". Le cose cambiano. Si vive, si muore, si rimane sul filo. Ora che ad Al Saadi tocca la postfazione cupa di ogni biografia letteraria, l'ultima pagina deve essere ancora scritta.
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