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Marco Gasperetti per il "Corriere della Sera"
La cricca era una vera e propria associazione per delinquere. Concepita, fondata, organizzata e comandata da una sola mente: quella del coordinatore del Pdl, Denis Verdini. Sono durissime le conclusioni dell'inchiesta sul Credito Cooperativo Fiorentino (filone degli appalti del G8) dei pm fiorentini. Che accusano Verdini non solo di associazione per delinquere, reato che non era stato contestato nella prima fase delle indagini, ma anche di appropriazione indebita per 12 milioni di euro.
Per la Procura di Firenze, la banca sarebbe stata soltanto un feudo del suo potentissimo presidente, Verdini appunto, capace di comandare a suo piacimento consiglio di amministrazione e revisori dei conti ridotti «a meri esecutori» del grande capo. Verdini, assieme ai vertici della banca, deve rispondere anche di falso in bilancio e di finanziamento illecito (come esponente politico). Dalla ricostruzione dei pm Giuseppina Mione e Luca Turco, il coordinatore del Pdl avrebbe ricevuto 700 mila euro da un gruppo di imprenditori in cambio «di consulenze fittizie giustificate con false fatture».
Un teorema contestato dal ministro Saverio Romano: «Non vorremmo ci fosse una sorta di lista inquietante di proscrizione, con relativi provvedimenti e inchieste che sembrano arrivare "singolarmente" ad orologeria e colpire i più validi sostenitori di Berlusconi e le loro famiglie», ha commentato ieri sera. Mentre il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha telefonato a Verdini esprimendogli «partecipe sostegno nella convinzione che sarà presto fatta luce sui fatti presunti a lui contestati».
Tra i 55 indagati dell'indagine fiorentina sugli appalti spunta un altro nome eccellente: quello del senatore del Pdl Marcello Dell'Utri. I magistrati lo accusano di appropriazione indebita. Sarebbe lui il destinatario di uno dei 34 finanziamenti concessi, secondo la Procura, senza che ci fossero le giuste credenziali. In particolare gli investigatori ritengono un'appropriazione indebita quella presentata come un'operazione di «affidamento nella forma dello scoperto di conto corrente» per oltre 3 milioni di euro.
Indagati anche la moglie, il fratello e la nipote di Verdini: la prima per un'appropriazione indebita da 2,5 milioni e gli altri due per un finanziamento da 3 milioni concesso alla loro azienda. Nelle conclusioni delle indagini si fa anche riferimento a 27 (su 34 episodi contestati) finanziamenti (a volte indiretti, secondo i pm fiorentini) al gruppo edile Btp, presieduto all'epoca da Riccardo Fusi. Insomma, tra Verdini e Fusi ci sarebbero stati, come scrivono i magistrati, «interessi diretti e occulti».
«Assistiamo al deposito di atti che si fondano unicamente su un teorema, di cui evidentemente taluni pubblici ministeri sono innamorati al punto da darmi l'idea di una guerra personale», ha commentato, Denis Verdini. Incassando anche la solidarietà del ministro Gianfranco Rotondi: «Verdini saprà dimostrare la sua estraneità agli addebiti. A tutti può capitare di dover fornire chiarimenti alla magistratura e la correttezza professionale e politica di Verdini sarà solo confermata da questa vicenda, nella quale gli esprimo la mia solidarietà ».
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