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Alberto Mattioli per "la Stampa"
La stretta di mano più attesa arriva alle 11.14 esatte. Nicolas Sarkozy arriva all'Etoile, in anticipo come al solito, passa in rassegna i legionari in chepì bianco, gli allievi di Saint-Cyr in pantaloni rossi e quelli del Politecnico con il bicorno, poi si dirige sotto l'Arco di Trionfo, va verso François Hollande, gli stringe la mano e lo invita davanti al Milite Ignoto. Depongono insieme la corona e insieme ascoltano la Marsigliese cantata dal Coro dell'Armée. L'immagine della giornata è questa: il Presidente uscente e quello entrante, lo sconfitto e il vincitore, il vecchio e il nuovo, in piedi sull'attenti, immortalati per la Storia dietro la fiamma eterna e davanti alla prospettiva infinita degli Champs-Elysées.
Che messaggio, e che lezione: lo Stato è più grande di chi lo incarna, gli uomini passano, la Francia resta. Il verdetto c'è stato, si volta pagina. Ricordando però che ci sono una storia, dei valori e delle regole in comune, riconosciuti e accettati da tutti. C'è anche un po' d'ipocrisia? Forse sì. Forse è ipocrita festeggiare l'8 maggio, il giorno in cui il Terzo Reich si arrese senza condizioni, come se la Francia avesse vinto una guerra che in realtà ha perso.
E forse è anche ipocrita questo scambio di sorrisi e cortesie fra due uomini che non si amano e forse nemmeno si stimano, e che fino a venerdì scorso si sono scambiati molti colpi, alcuni anche bassi. Però le democrazie hanno non solo il diritto, ma anche il dovere di essere ipocrite e questi gesti fanno onore a quella francese. «Era un gesto che i nostri concittadini aspettavano, sia quelli di destra che quelli di sinistra», spiegherà poi il Président, quello nuovo.
Ironia della sorte, Hollande arriva mentre la banda suona la colonna sonora del «Gladiatore». La folla è formata soprattutto da sostenitori di Sarkozy venuti a dirgli addio, però di buuu! se ne sente uno solo, dal solito cretino che non ha capito nulla. Sarkò è accolto dai «Mer-ci Sar-ko-zy!» che hanno preso il posto dei «Ni-co-las Pré-sident!» della campagna.
I due protagonisti sono impeccabili: Sarkozy come padrone di casa, Hollande attento a stare sempre due passi indietro, perché il Presidente è ancora l'altro. Con il vento che gli trasforma il riporto in un ciuffo, Hollande sembra più giovane, Sarkozy, tirato, stanco, più vecchio: il potere è crudele. I tamburi battono «Aux morts», il Silenzio francese, i due Presidenti stringono la mano ai ministri, ai veterani, ai generali.
Poi Sarkò, che veramente in questi giorni di amarezza sta mostrando un fair play notevole e magari inaspettato, porta Hollande verso il Corpo diplomatico. Come dire al mondo: ecco, adesso la faccia della Francia è la sua. E pensare che nel 2007, quando era lui nella situazione di Hollande e Chirac nella sua, Sarkò rifiutò l'invito del suo predecessore.
I due si separano, chiaramente sollevati. Si rivedranno martedì, all'Eliseo, per il passaggio delle consegne e dei codici della bomba. Sarkozy si concede un bagno di folla, forse l'ultimo, ma non parla con i giornalisti. Del resto, sono tutti addosso a Hollande, di cui da domenica stanno seguendo ogni istante con un'attenzione maniacale, minuto per minuto: a Versailles doveva succedere lo stesso. Un quarto d'ora, ed è tutto finito. Ma per la République è stata una gran bella giornata.
SARKOZY E HOLLANDE GIOCANO A CALCIO
FRANCOIS HOLLANDE
NICOLAS SARKOZY VEDE ARRIVARE LA SCONFITTA
HOLLANDE E SARKOZY
Chirac
MAGGIO SARKOZY E FAMIGLIA DOPO LA VITTORIA TRASCORRONO TRE GIORNI DI VACANZA SULLO YACHT DELLAMICO BOLLORE
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