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Ospedali fantasma, case abbandonate, relitti di altri tempi. Letti sfatti, tavole imbandite lasciate a marcire, piscine evaporate ricoperte di polvere. Questo e poco altro, è ciò che resta della città a 3 km da Chrnobyl, Pripyat, la più vicina al disastro nucleare più terribile di sempre.
Un tempo Pripyat era un centro fiorente dell’Unione Sovietica, una casa per più di 50.000 abitanti, una città simbolo del futuro, dell’architettura moderna e della ricerca urbanistica.
A quasi 30 anni dal disastro, quanto resta di tale centro fiorente sono ricordi, fantasmi e niente più. Il tempo non spinge più avido verso il futuro, ma galleggia immobile e sospeso nell’eternità.
Dal momento del tragico disastro, le sue strade non furono più calpestate da alcuna forma di vita. Appena qualche drone spedito a osservare la lenta decadenza che colpiva la città tutta d’un pezzo. Fino a quando Roland Verant, un fotografo di Vienna alle prime armi, decide di infilarsi dentro la città fantasma e aprire al mondo una finestra sul suo presente.
“Ho seguito alcune regole, sono stato attento a non avvicinarmi alle zone rosse e mi sono dotato di contatori per misurare le radiazioni”. Le sue immagini incredibili rivelano l'entità del deterioramento dal momento del disastro e ci ricordano come la natura sia sempre pronta a prendere il sopravvento.
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