DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
M.Gu per “Il Corriere della Sera”
Prodi troppo vicino a Gheddafi? «Credo che Ban Ki-moon non la pensasse così...». Sulle prime aveva deciso di non replicare. Ma poi, alle nove di sera, Romano Prodi risponde al telefono e respinge con garbo e ironia l’attacco del premier. L’ex capo del governo e della Commissione europea ricorda le «tante lettere» piovute a Palazzo Chigi per chiedere che fosse affidato a lui il delicato incarico di mediatore in Libia e, per i dettagli, rimanda al libro intervista con Marco Damilano, «Missione incompiuta», appena uscito.
Renzi ha detto che le sue critiche (e quelle di Enrico Letta) arrivano ora perché ci sono «due libri in uscita» e Prodi risponde con l’ironia che gli è propria: «Nel libro c’è scritto quello che io penso... A vent’anni dall’anniversario dell’Ulivo le mie riflessioni sono state ponderate e pensate, punto. E mi chiedo, non è nemmeno lecito ricordare?». Ricordare o rimpiangere, professore? «Mi chiedo — riprende il filo il fondatore dell’Ulivo — se sia permesso, sottolineo permesso, ricordare». È arrabbiato con Renzi? «Io non me la prendo mai». Davvero pensa a un ticket con Letta? «Sono sette anni che mi sono autorottamato — ride Prodi — Non solo possono essere tranquilli gli altri, ma posso essere tranquillo anche io».
Rosy Bindi invece è furibonda, era in viaggio ma le hanno raccontato dell’ultimatum di Renzi, che ha posto sulla legge elettorale una fiducia di fatto. «È un ricatto, punto. E i ricatti non si accettano. Se cade lui si va a votare? Ma chi lo dice? Perché mai il governo dovrebbe cadere sulla legge elettorale?». Quanto all’affondo su Prodi e la Libia, la reazione della presidente dell’Antimafia è altrettanto severa: «Penso che Renzi non lo abbia messo in quel ruolo perché era la persona giusta al posto giusto».
Nel mirino del capo del governo è finito anche Letta, per gli strali lanciati contro Palazzo Chigi. Il deputato del Pd non ribatte alle punzecchiature di Renzi e dal suo staff fanno sapere che, mentre il premier parlava in tv, il predecessore interveniva alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa sulla necessità di rilanciare su scala europea la missione Mare Nostrum di soccorso ai migranti, che il governo ha sostituito con Triton.
La sfida aperta da Letta con la pubblicazione di «Andare insieme, andare lontano» ha innescato una polemica anche sulla legge elettorale. L’ex premier ha consigliato al governo di stare alla larga da un tema che è prerogativa del parlamento e i costituzionalisti Augusto Barbera, Stefano Ceccanti e Francesco Clementi sono scesi in campo in difesa del testo a cui Renzi ha legato le sorti del governo. «Caro Enrico — recita la missiva dei professori — L’Italicum è uguale al testo varato dal comitato dei Saggi voluto dal tuo governo. L’unica differenza è il destinatario del premio di maggioranza, alla lista e non alla coalizione».
La risposta di Letta (sul metodo e non sul merito) è arrivata a strettissimo giro: «Cari Augusto, Stefano e Francesco, esprimere dubbi sull’opportunità di approvare riforme elettorali e costituzionali a maggioranza risicata è una semplice questione di buon senso... Con immutata stima, Enrico». Ieri la controreplica dei prof, che comprendono le perplessità di Letta sul metodo, ma tengono il punto. Il lettiano Marco Meloni si appella al «senso di responsabilità» di Renzi: «Rinunciare a inutili impuntature e accettare che si apportino pochi e concordati miglioramenti all’Italicum».
M.Gu.
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