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Gianluca Abate per il “Corriere della Sera”
Renato Schifani, senatore, da ieri ormai ex capogruppo di Area popolare (Ncd-Udc): perché ha deciso di andarsene?
«Ho rilevato che il mio partito ha disatteso i principi fondativi e la sua missione».
Cioè?
«Ha assunto una posizione eccessivamente filo-governativa che ha comportato una oggettiva difficoltà a portare avanti i nostri punti programmatici e ad affermare la nostra identità: sono stato sempre dell'idea che la nostra esperienza si sarebbe dovuta chiudere con il voto alle riforme. Siamo nati per essere la quarta gamba del centrodestra: così, invece, si continua solo a indebolire la nostra natura».
Il ministro Angelino Alfano appoggia il governo di Matteo Renzi dal 2014, lei era capogruppo dal 12 febbraio 2015: cosa l' ha spinta a fare un passo indietro ora?
«Ognuno fa i conti con la propria coscienza. Agli Studios di Roma Alfano diceva "alleanza con il Pd nel 2014 ed elezioni nel 2015". Siamo giunti ormai al 2016».
C'è stato, in questo suo percorso di riflessione, un episodio che l' ha spinta al passo indietro?
«C' è stato un giorno, piuttosto. Mercoledì. Quando con il voto compatto del gruppo sugli enti locali s'è capito che non ero l'avversario interno che organizzava fronde. E quando Alfano, la sera, ci ha detto che Ncd avrebbe dovuto costruire un nuovo partito con Casini e Tosi, e solo in seguito decidere quali alleanze stringere senza alcuna progettualità. Non me la sono sentita di guidare il gruppo sulla base di questa proposta».
Dove andrà ora?
«Mi riposo, per il momento. E, subito dopo, cercherò di dare il mio contributo per far sì che il centrodestra torni unito sul modello di Milano».
Lascerà Ncd?
«Ci sto pensando. E sì, non è escluso. Difficile convivere in un partito il cui nuovo progetto, politicamente indefinito, mi ha spinto alle dimissioni».
Va via da solo o c' è qualche collega pronto a seguirla?
«Non sono Caronte».
Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia, dice le sue motivazioni sono «apprezzabili». Suona come un'apertura?
«Le parole di Romani mi fanno molto piacere, indicano che c'è una volontà comune di recuperare forze e soggetti politici che possano dare un contributo a ricostruire un nuovo centrodestra: che non sarà quello di prima, ma nel quale occorrerà uno sforzo maggiore per trovare una sintesi tra partiti che rivendicano fortemente la loro identità».
LA CONDANNA DI BERLUSCONI PELLEGRINAGGIO A PALAZZO GRAZIOLI RENATO SCHIFANI
Crede sia possibile trovare una sintesi anche con la Lega di Matteo Salvini?
«Certo. Dire che un' alleanza con la Lega è impossibile significa avere una visione di brevissimo periodo. Non si rinuncia ai propri valori solo perché si ritiene che uno degli alleati abbia posizioni estremiste: al contrario, si fa una battaglia all' interno del centrodestra per rafforzare i valori delle forze moderate. A Milano, del resto, la soluzione s' è trovata. Ripartiamo dal modello Parisi».
Ne ha parlato anche con Silvio Berlusconi durante il vostro incontro ad Arcore?
«No, quella è stata una visita del tutto privata nel corso della quale non si è discusso di politica. Ma è noto che io sia legato da anni al presidente».
È per questo che si è detto «dispiaciuto per le offese» di alcuni esponenti del suo gruppo all' ex premier?
«Sì, mi hanno disturbato molto. Ho assistito a vere e proprie metamorfosi da parte di chi era stato eletto sotto il simbolo di Berlusconi ma poi non ha esitato ad attaccarlo».
Se non condivideva la linea filogovernativa, perché ha appoggiato la riforma costituzionale di Renzi?
Silvio Berlusconi con Alfano e Schifani
«Ho votato per disciplina di partito. E perché non volevo dare l' idea di un arroccamento in difesa del passato».
A proposito di riforme: l' Italicum cambierà?
«Dubito che si possa mettere in discussione il doppio turno, trovo più probabile una modifica chirurgica del premio alla lista. Ma è difficile che ciò accada prima del referendum. Sul quale, per inciso, spero che gli italiani votino in base ai contenuti».
Alfano l' ha sentito?
«Certo, ed è stato un addio cordiale e doloroso. Le poltrone ci vuole sempre più coraggio a lasciarle che a occuparle. E io, dopo quella di presidente del gruppo Pdl, è la seconda che lascio».
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