ALTRO CHE SCISSIONE! BARCA HA CAPITO DI NON AVERE VOTI IN CANNA E S’INGINOCCHIA DAVANTI A RENZI

Aldo Cazzullo per il "Corriere della Sera"

Fabrizio Barca, come le pare il nuovo governo?
«Mi pare il risultato reso necessario dall'insuccesso del Pd. Nell'"atto eccezionale" della rielezione di Napolitano era implicito il riconoscimento che, pur essendo usciti dall'emergenza finanziaria, non siamo usciti dall'emergenza civile ed economica, sottolineata da un evento grave come l'attacco a Palazzo Chigi. Diciamo che il patto Pd-Pdl era nelle cose. Del resto, il Paese ha chiesto con urgenza un governo».

Ha colpito il tweet con cui lei, nelle ore della rielezione di Napolitano, ha giudicato incomprensibile la scelta del Pd di ignorare la candidatura Rodotà.
«Nel momento in cui la strada verso il governo di larghe intese appariva ormai inevitabile, ho creduto necessario richiamare il Pd all'enormità dell'errore commesso con la bocciatura di Prodi. Un errore di una gravità senza precedenti. Guardare oltre, al nuovo governo, non può essere per il Pd il modo per mettere da parte un problema che lo riguarda».

L'apertura ai Cinque Stelle era sincera? È mai stata presa davvero in considerazione la candidatura di Rodotà?
«Col senno del poi, mi sembra che non tutto il partito abbia esperito davvero il tentativo».

E Bersani?
«Bersani si è confermato uomo di straordinaria trasparenza. Nella sua coscienza si vede come in uno specchio».

Se lei fosse parlamentare, voterebbe la fiducia al governo Letta?
«Non farei mancare il mio contributo: in queste circostanze, o una coalizione è coesa, o non è. Ma nello stesso tempo richiamerei il partito alla terribile responsabilità assunta da chi ha affossato Prodi. Ed è incredibile che, a distanza di giorni, non uno dei 101 franchi tiratori sia venuto allo scoperto».

Pensa di candidarsi alle primarie per la segreteria del Pd, in autunno?
«Non penso proprio. Ci sono altri modi per contribuire a evitare in futuro altri errori, e per sostenere il partito in cui sono appena entrato nel doppio impegno che lo attende: le riforme istituzionali, a cominciare da una legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di esprimere una preferenza; e gli strumenti per fronteggiare una crisi gravissima delle imprese e del lavoro».

Qual è la sua opinione di Renzi?
«Un'opinione molto forte. Renzi è uomo di estrema correttezza. Quando fa una battaglia, tutti sanno che l'ha fatta. Non è uno che si trincera nel segreto».

A parte il metodo, come giudica la sostanza?
«Renzi ha capacità di leadership e di catalizzare coalizioni molto forti. Nel viso e nella parola mi ricorda lo spirito evocato da Saviano per spiegare come si è vinto il referendum in Cile: con il sorriso, senza retorica, guardando avanti, stimolando le energie di un Paese che crede di potercela ancora fare».

Renzi è l'uomo giusto per restituire all'Italia fiducia in se stessa?
«Io penso di sì: rompere le croste, liberare le potenzialità, sollecitare il cambiamento. Detto questo, non è facile superare le resistenze con cui si è scontrato anche il governo Monti. Abbiamo una macchina pubblica arcaica. Il blocco è a Roma, nell'amministrazione centrale».

Quindi lei e Renzi non siete alternativi ma complementari?
«Questa è la mia percezione, questo è il mio augurio».

Lei è stato ministro nel governo dei tecnici. Salutato dal Paese con sollievo all'inizio, ma poco rimpianto alla fine.
«È vero, si è passati da un eccesso di entusiasmo, da una luna di miele un po' cieca, a giudizi molto severi. La verità è che, rientrata con l'estate l'emergenza finanziaria, si è persa la spinta propulsiva, è finita la fase ascendente. Abbiamo smesso di normare e ci siamo limitati ad attuare. Ma il governo è durato sino all'ultimo giorno: abbiamo appena fatto la variazione di bilancio per portare mezzo miliardo all'Aquila, individuato il sito dove ricostruire la Città della scienza, rimosso il commissario che non ha prevenuto l'esondazione del Crati...».

Resta il fatto che un governo senza partiti non ha funzionato.
«Per questo, nella "Memoria" che ho appena pubblicato, ho parlato di partito-palestra. È evidente che oggi gli italiani vogliono sapere se c'è ancora la Cassa integrazione in deroga, se ci sono i fondi per l'infanzia e gli anziani non autosufficienti.

Ma qualsiasi governo deve avere alle spalle un partito che non si ritrova ogni cinque anni per la campagna elettorale, ma che è al lavoro sempre, che sa scegliere le persone, che si occupa dell'inceneritore costruito male, dei nidi di infanzia cattivi, del sindaco che non ha strutturato bene l'Imu. I partiti dovrebbero essere il ponte tra lo Stato e la società. Oggi il ponte è crollato. Il triangolo è rotto. Sono entrato nel Pd per dare una mano a farne un partito-palestra. E per aiutare il leader che verrà».

 

 

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