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Paolo Mastrolilli per "la Stampa"
«à chiaro che in questo momento drammatico per il Medio Oriente, dove sono avvenuti così tanti cambiamenti, non è bene per Israele diventare sempre più isolato. Basta mantenere un vantaggio militare, se ti isoli nell'arena diplomatica?». Colpisce la franchezza di queste parole, pronunciate ieri dal segretario alla Difesa americano Leon Panetta all'inizio della sua visita in Israele. Il capo del Pentagono, che dopo aver visto il collega Ehud Barak, Netanyahu e Abu Mazen, andrà anche al Cairo, ha poi scoraggiato lo Stato ebraico dall'idea di attaccare il programma nucleare di Teheran: «La maniera più efficace di affrontare l'Iran non è su base unilaterale».
Quindi ha sollecitato israeliani e palestinesi ad accogliere la proposta del Quartetto per la trattativa: «Ci sono troppi punti di frizione ora. La cosa più importante per Israele e i suoi vicini sarebbe sviluppare relazioni migliori, in modo da poter almeno comunicare, invece di portare le questioni in strada. Il mio messaggio ad entrambe le parti è che non perdono nulla col negoziato».
La visita del segretario alla Difesa, la prima di un membro del governo Usa dopo molti mesi, arriva in un momento delicato. Il 23 settembre il leader palestinese Abu Mazen ha chiesto all'Onu di ammettere l'Anp come uno Stato. Allora il Quartetto (Usa, Ue, Onu e Russia) ha sollecitato le parti a riprendere i negoziati nel giro di un mese. Gli israeliani hanno risposto positivamente, a patto che non ci siano precondizioni, mentre i palestinesi chiedono il congelamento degli insediamenti. Il 27 settembre lo Stato ebraico ha approvato la costruzione di 1100 nuove abitazioni a Gilo, quartiere di Gerusalemme Est.
A queste tensioni si è aggiunto ieri l'incendio di una moschea a Tuba Zangria, in Galilea, del quale è accusato un gruppo di coloni estremisti. Il portavoce dell'Onu Martin Nesirsky ha detto che «la richiesta palestinese è nelle mani del Consiglio di Sicurezza», che aspetta in settimana la riunione di un comitato di esperti per discuterla. Nesirsky ha commentato le parole di Panetta spiegando che «la dichiarazione del Quartetto è molto chiara sulla strada da seguire».
La logica vorrebbe che l'amministrazione Obama, in vista delle presidenziali, evitasse pressioni su Israele per non irritare l'elettorato ebraico. Ma allora come si spiega l'uscita di Panetta? «Sono parole inusuali - commenta dal Council on Foreign Relations Robert Danin, già capo dell'ufficio di Tony Blair a Gerusalemme - perché danno l'impressione che Washington voglia scavalcare i leader e rivolgersi direttamente alla popolazione. Lo scopo è creare un senso di urgenza per la ripresa dei negoziati, che è avvertito più dalla comunità internazionale che dagli israeliani».
Daniel Serwer della John Hopkins University dice che «Obama ha problemi con l'elettorato cristiano, schierato con la destra della destra israeliana, non con quello ebraico. Queste comunque sono piccole pressioni per favorire il negoziato, alla luce soprattutto della pericolosa svolta turca. Non so, però, quanto gli israeliani si preoccupino dell'isolamento».
Secondo Edward Luttwak, «Panetta è venuto a parlare come amico e capo del Pentagono. Le tensioni con Ankara per la vicenda della nave Mavi Marmara, e l'assalto all'ambasciata israeliana in Egitto, sono minacce molto preoccupanti per gli Usa, perché rischiano di far cadere due pilastri della politica di sicurezza in Medio Oriente. Dunque Panetta parla dal punto di vista strategico, per dire ad Israele due cose: questo non è il momento di fare provocazioni con gli insediamenti, ma di negoziare, per la sua stessa salvezza».
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