SERRA-VALLE DI LACRIME: ALBERTINI ACCUSA IL PM ROBLEDO DI AVER COPERTO PENATI

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Gianni Barbacetto per "Il Fatto Quotidiano"

L'affare Serravalle continua a produrre conflitti giudiziari e politici. L'ultima scoperta è che l'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini ha "denunciato" al ministro della Giustizia il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo. Lo accusa di non aver fatto indagini scrupolose sul pacchetto di azioni Serravalle acquistato nel 2005 dalla Provincia di Milano, allora presieduta da Filippo Penati.

Lo scopriamo proprio nel giorno in cui la Corte dei conti della Lombardia afferma che effettivamente Penati e i suoi amministratori, con quella compravendita, hanno arrecato un consistente danno patrimoniale a Provincia e Comune di Milano, pari a circa 120 milioni di euro.

Un pacchetto del 15 per cento di azioni Serravalle (la società che controlla l'autostrada Milano-Genova e le tangenziali di Milano) fu comprato a sorpresa da Penati il 29 luglio 2005. A vendere, il costruttore Marcellino Gavio, che incassò 238 milioni di euro, ricevendo 8,93 euro ad azione. Solo 18 mesi prima, Gavio le aveva pagate 2,9 euro, dunque realizza una plusvalenza di ben 176 milioni di euro.

Il sindaco Albertini reagisce con durezza: afferma che Penati ha fatto un regalo a Gavio. Ricevendo in cambio il suo ingresso nella scalata a Bnl, accanto al "furbetto rosso" Giovanni Consorte, presidente di Unipol. Gavio nell'estate 2005 compra infatti lo 0,5 per cento della banca, impegnando 50 milioni di euro.

I pm di Milano Alfredo Robledo e Stefano Civardi indagano sulla compravendita delle azioni Serravalle e affidano una perizia sul costo a un luminare, il professor Mario Cattaneo, affiancato dal professor Gabriele Villa. I due nel dicembre 2006 consegnano ai magistrati una ponderosa consulenza di 194 pagine al termine della quale sostengono che il prezzo pagato dalla Provincia "appare congruo".

Albertini non ci sta. Sostiene che le indagini non sono state fatte con cura. E il 22 ottobre 2012 prende carta e penna e firma un esposto al ministro della Giustizia in cui accusa Robledo di una lunga serie di scorrettezze. Il ministro passa l'esposto ai suoi ispettori, i quali mandano una richiesta di chiarimenti al procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati.

Robledo risponde punto per punto alle contestazioni di Albertini, allegando documenti che provano la correttezza delle sue scelte. Ora gli ispettori dovranno presentare al ministro le loro conclusioni.

Intanto l'indagine giudiziaria è passata alla procura di Monza, che ha raccolto, fra l'altro, le parole di un indagato, l'architetto Renato Sarno (considerato dai pm il collettore delle tangenti per Penati), che coinvolge nella vicenda Massimo D'Alema.

Interrogato dai pubblici ministeri Franca Macchia e Walter Mapelli il 4 febbraio scorso, ha dichiarato: "Le esatte parole di Penati furono: 'Io ho dovuto comprare le azioni di Gavio. Non pensavo di spendere una cifra così alta, ma non potevo sottrarmi perché l'operazione mi venne imposta dai vertici del partito, nella persona di Massimo D'Alema'". Seguono smentite di Penati e minacce di querela di D'Alema.

Che il prezzo era alto ora lo sostiene anche la Corte dei conti lombarda, che ha emesso "inviti a dedurre" nei confronti di Penati, del suo segretario generale alla Provincia Antonino Princiotta e di altri otto membri della loro giunta provinciale.

Nel dispositivo si contesta un danno erariale di circa 120 milioni di euro: 97,4 milioni come tetto massimo del danno diretto, subìto dalla Provincia di Milano, a causa della compravendita di azioni pagate più del loro valore; e 21,8 milioni di danno subìto dal Comune di Milano, a causa del deprezzamento delle azioni rimaste nelle casse di Palazzo Marino.

La decisione della Corte dei conti è arrivata dopo aver preso in considerazione una nuova perizia, realizzata da un consulente incaricato dal Comune di Milano, e una relazione del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano, che hanno portato i giudici contabili a concludere che il prezzo pagato da Penati non è "congruo", se si considera (ipotesi presente anche nella perizia Cattaneo-Villa) che i soggetti coinvolti, la Provincia e il Comune, sono pubblici e non privati.

 

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