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Giacomo Amadori per "Libero Quotidiano"
Martedì 17 giugno, quando i finanzieri si sono presentati ad acquisire i documenti nella sede di Autovie venete, è scattato il panico. Le Fiamme gialle hanno portato via materiale che riguarda il primo lotto della terza corsia della A4 tra Quarto d’Altino e San Donà di Piave (Venezia). Diciotto chilometri e mezzo di strada per una carreggiata di 32,5 metri che costeranno alla collettività 448 milioni.
La cosa che ha reso subito sospetta l’operazione e ha procurato la tachicardia a più d’uno è la composizione dell’associazione di imprese che si è aggiudicata l’appalto nel 2009: Impregilo, Mantovani, Consorzio Veneto Cooperativo, So.co.stra.mo e Carron. Tutte società coinvolte più o meno direttamente nei 18 faldoni dell’inchiesta sul Mose di Venezia.
Una squadra che per ora non ha stimolato la protesta a labbra socchiuse di Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd, presidente del Friuli Venezia Giulia e commissario delegato per l’emergenza della A4. La stessa Serracchiani che quando è stato arrestato il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, ha invocato le sue immediate dimissioni. Prima ancora che lui potesse difendersi.
Ma sulla composizione dell’ati che sta costruendo la «sua» autostrada nelle agenzie e sui giornali non si registrano sue dichiarazioni altrettanto tranchant. Autovie venete è infatti controllata all’86 per cento da Friulia spa, la finanziaria regionale. Sul Corriere del Veneto l’amministratore delegato di Autovie, Maurizio Castagna, ha minimizzato: «I controlli della Guardia di Finanza fanno parte delle verifiche di routine previste per le Grandi Opere, soprattutto se si tratta di opere commissariate come la terza corsia della A4 Venezia-Trieste».
L’ad ha precisato che i controlli di martedì sono un prosieguo di quello attuato direttamente in cantiere il 10 giugno dal Gruppo Interforze. «Hanno acquisito documenti riguardanti esclusivamente il primo lotto, su richiesta proprio dalla Dia» ha continuato Castagna. La documentazione fornita è relativa a contratti e autorizzazioni che riguardano principalmente i sub appalti. I protagonisti di questa storia sono aziende, come detto, coinvolte nell’indagine di Venezia.
La Mantovani è certamente la più citata nelle carte. Il suo ex presidente, Piergiorgio Baita, è stato arrestato per frode fiscale nel febbraio 2013 e adesso è sotto inchiesta per corruzione. La sua vecchia azienda sarebbe stata al centro del sistema di appalti pilotati e tangenti ideato da Giovanni Mazzacurati, dominus del Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico delle opere da 5,5 miliardi del Mose.
Nei documenti il Coveco è citato come collettore di mazzette e finanziamenti illeciti al Partito democratico. L’ex presidente Franco Morbiolo e il dirigente Pio Savioli sono stati arrestati. La So.co.stra.mo di erasmo Cinque, invece, è considerata dai magistrati il veicolo per le tangenti indirizzate all’ex ministro Altero Matteoli. Ma anche di Carron si parla nei faldoni. In un interrogatorio Baita ha citato i nomi di alcune imprese che dovevano ottenere subappalti: «La Carron veniva da Renato Chisso (assessore regionale alla Mobilità e alle Infrastrutture ndr).
Per Carron basta andare a Veneto strade: credo che abbia il monopolio dei lavori». Per Baita è la stessa società che avrebbe «fatto la casa» a Claudia Minutillo, l’ex segretaria dell’allora governatore veneto Giancarlo Galan. Un quadretto che potrebbe togliere il sonno a Serracchiani.
claudia minutillo giancarlo galan
Ma acquisizione di atti a parte, c’è un altro filone di indagine nell’inchiesta sul Mose che potrebbe presto riservare sorprese. È quello sul cosiddetto Sistema informativo del Cvn, una specie di ufficio comunicazione e relazioni esterne che dal 2003 avrebbe speso a pioggia almeno 120 milioni.
«I bilanci sono stati redatti praticamente su carta copiativa» sospira un investigatore. Una montagna di denaro che potrebbe essere stata utilizzata per centinaia se non migliaia di «marchette» a vario titolo. Del servizio informativo parla Baita in uno dei suoi interrogatori. In questi termini: «Uno dei pochi successi che ho avuto, sono riuscito a farlo chiudere (il Servizio informativo ndr). Perché era una vergogna.
Era una sottrazione, uno sperpero totale di soldi dello Stato (…) gli incarichi venivano dati senza nessun tipo di gara, a parenti, amici (…) Ogni dirigente aveva la sua società familiare (…) Era una cosa scandalosa, senza utilità per nessuno. Se io devo regalare mille euro a una persona glieli do, non ne spendo 100mila perché la persona ne spenda 99 e se ne tenga mille, perché spreco 100mila euro.
Gli do mille euro, ma che sia finita, non faccio finta di spendere l0 milioni di euro all’anno per avere niente, perché qualcuno si metta in tasca 2mila euro al mese. (…) il Servizio informativo era una sine cura che si erano messi in piedi i dirigenti del Consorzio all’insaputa dei consorziati (…) per arrotondare lo stipendio, cosa che nessun consorziato aveva mai detto “sono contrario”, ma non si possono sprecare 10 milioni di euro all’anno quando mancano i soldi per il lavoro…».
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Federico Matteoli
MANIFESTAZIONE PDL A VIA DEL PLEBISCITO AGOSTO DENIS VERDINI ALTERO MATTEOLI
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