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Lirio Abbate per espresso.it
Secondo il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza «il senatore Schifani poteva essere l'anello di congiunzione per la trattativa» fra Stato e mafia.
E' uno dei punti d'accusa che 'l'Espresso' in edicola da venerdì12 luglio rivela a carico di Renato Schifani, presidente dei senatori Pdl, sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa. Per la procura di Palermo si deve procedere all'archiviazione per l'ex presidente del Senato ma il gip non ha accolto la richiesta.
Nell'atto d'accusa ci sono pure le parole del capo di Cosa nostra, Totò Riina, pronunciate durante una conversazione con la moglie e la figlia avvenuta in carcere in cui tesse le lodi dell'ex presidente del Senato: «Una mente è, che è una mente!». Nel video registrato dagli investigatori si vede come il volto del padrino assuma un'espressione sorridente quando pronuncia le parole di stima per Schifani, un apprezzamento che per i magistrati «non è certo lusinghiero per il destinatario».
Un altro pentito, Francesco Lo Verso parla di Schifani e dice: «Sono convinto che, almeno per il passato, non c'è mafia senza politica... Anche Provenzano in più occasioni mi ha parlato di rapporti con la politica e le istituzioni».
Lo Verso racconta le confidenze del mafioso Nicola Mandalà , il figlio del boss di Villabate Nino Mandalà che curava la latitanza di Provenzano. «Nicola mi disse: abbiamo nelle mani Schifani e Dell'Utri. Mio padre è amico di Schifani». Anche in questo caso, i pm ritengono che se questo elemento fosse provato assumerebbe un peso non indifferente, perché è noto «che essere nelle mani di esponenti mafiosi significa supportarne e rafforzarne l'attività ».
Sono alcuni degli elementi che verranno discussi il 23 luglio nell'udienza davanti al gup in cui si deciderà il destino giudiziario di Renato Schifani.
Per due anni i pm di Palermo hanno raccolto deposizioni di collaboratori e ricostruito l'attività professionale di Schifani, senza però individuare "sufficienti elementi di prova per sostenere il dibattimento": per questo hanno chiesto di archiviare le accuse contro il parlamentare.
Ma il giudice Piergiorgio Morosini sembra essere rimasto colpito dagli episodi descritti a carico di Schifani: per il momento non ha accolto l'istanza della procura e ha fissato l'udienza. Morosini, lo stesso che ha rinviato a giudizio gli imputati per la trattativa Stato-mafia, fra cui Marcello Dell'Utri e il generale Mario Mori, ritiene necessari approfondimenti ulteriori: da qui la decisione di sentire le parti.
«Ho messo a fuoco i miei ricordi su Schifani e ne ho parlato ai magistrati perché già prima dell'attentato all'Olimpico (gennaio 1994 ndr) sapevo che c'era una trattativa Stato-mafia. Quando ho visto Schifani in televisione e con incarichi politici, mi è venuto in mente che frequentava spesso il capannone di Brancaccio a Palermo dove Filippo Graviano si fermava a fare incontri. Ed ho ipotizzato che Schifani poteva essere l'anello di congiunzione per la trattativa», rivela Spatuzza.
L'iscrizione sul registro degli indagati risale al'1luglio 2010: per la prima volta la seconda carica dello Stato è finita sotto inchiesta per mafia. Già in precedenza, il 13 marzo 1996, Schifani era stato indagato per concorso esterno per la sua presunta partecipazione ad un comitato d'affari, che avrebbe favorito imprese portatrici di interessi mafiosi nella gestione dell'appalto per la metanizzazione di Palermo. Schifani è stato archiviato il 17 marzo 1998.
L'istruttoria è stata riaperta il 14 gennaio 1999, con l'accusa più grave di associazione mafiosa, ma anche questo reato è stato archiviato il 4 febbraio 2002.
L'ultimo procedimento è nato da nuovi elementi sui presunti rapporti di Schifani con esponenti di vertice di Cosa nostra, in particolare con i fratelli Graviano: i fedelissimi di Riina, autori della strage di via d'Amelio e degli attentati del 1993 a Milano, Roma e Firenze. Tutto parte da un interrogatorio che i pm di Firenze fanno a Spatuzza, che per anni è stato al fianco dei Graviano. Il pentito racconta di aver appreso da Giuseppe Graviano i retroscena dei suoi nuovi rapporti con la politica, dei suoi contatti con Marcello Dell'Utri e per suo tramite con Silvio Berlusconi.
I pm hanno esaminato anche l'attività professionale di Schifani negli anni precedenti l'elezione. Lo stesso Spatuzza ha descritto beni acquistati di fatto da Filippo Graviano in aste giudiziarie e fallimenti: «Abbiamo sempre avuto aiuti dal tribunale fallimentare» rivela il mafioso: «Ritengo che Schifani potrebbe avere svolto incarichi presso la sezione fallimentare».
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